Il pluripremiato Habemus Papam è un film del 2011, l’undicesimo di Nanni Moretti. Eletto miglior film dell’anno dalla rivista francese più prestigiosa del cinema Cahiers du cinéma, Habemus Papam ha ottenuto ben sette Nastri d’argento, tre David di Donatello e un European Film Award. Apprezzato anche dal pubblico, Habemus Papam conserva la leggera profondità di Moretti, affermato da tempo come gran regista italiano, e riconfermato nuovamente con Habemus Papam.
Habemus Papam: la solitudine della fama
Alla morte del papa, il conclave si riunisce a Roma per poter eleggere il papa successivo. Inizialmente, sembra che nessuno dei favoriti raggiunga il quorum, ma dopo alcune votazioni, inaspettatamente viene eletto il cardinale Melville (un fantastico Michel Piccoli). Ecco che le fumate bianche annunciano la votazione finale.
Quando il papa dev’essere finalmente proclamato dal cardinale protodiacono, il papa ha un improvviso attacco di panico. Non si presenta alla folla urlante di Piazza San Pietro, destando confusione generale. I giornalisti sono in preda all’euforica curiosità di conoscere almeno chi sia il cardinale eletto, ma il portavoce (Jerzy Stuhr) della Santa Sede elude con diplomazia tutte le domande indiscrete, affermando che il papa stia pregando nelle sue stanze e che a breve si farà conoscere. Questo però non accade per molto, molto tempo.
I cardinali sono preoccupati, come cuciranno questa situazione? Il collegio cardinalizio, per riparare il danno, decidono di convocare lo psicoanalista professor Bruzzi (Nanni Moretti), un ottimo esponente del settore. Brezzi esegue una seduta, davanti agli altri cardinali, al futuro (forse) papa. Un po’ perché la soggezione di rivelare i propri pensieri più intimi dinanzi agli altri è troppa, un po’ perché lo psicoanalista è pressato dalla concezione dei cardinali di non dover porre domande troppo private, troppo personali, perché il paziente è in ogni caso il vescovo di Roma. Inizia quindi il primo scontro implicito il professore e i cardinali. Brezzi si chiede come possa aiutare il cardinale Melville, senza avere la possibilità di scavare nel suo animo. È per questo che il consiglio del professore è quello di far diventare Melville il paziente di un altro psicoanalista, a cui non deve essere rivelata l’identità.
Il nuovo dottore è l’ex moglie di Brezzi (Margherita Buy) ossessionata dal “deficit d’accudimento”, che appioppa ad ogni paziente, anche al papa. Quest’ultimo ha finto di essere un attore, con la psicoanalista. E non è un caso che il papa abbia scelto proprio questo mestiere. Frattanto, la situazione a Città del Vaticano è critica. Brezzi è costretto ad una piacevole reclusione, assieme agli altri cardinali. Fintanto che il papa non esce allo scoperto, nessuno può avere contatti con l’esterno. Una guardia svizzera, poi, è stata messa nella stanza del papa, fingendo di essere il confuso uomo. I cardinali, infatti, non sono a conoscenza della psicoanalisi a cui sta andando incontro da mesi il cardinale Melville.
Sotto suggerimento del professore, i cardinali organizzano e partecipano ad un entusiasmante torneo di pallavolo, con le squadre gestite da Brezzi, che le ha formate in base alla nazionalità dei cardinali. Il clima è sereno, a Città del Vaticano. Tutto scorre con apparente leggerezza, ma il problema del papa è impellente. Successivamente, il vescovo di Roma irrompe in una compagnia di attori. In preda al delirio, l’attore principale della compagnia (Dario Cantarelli) dev’essere ricoverato d’urgenza.
L’attore scende dalle scale pronunciando tutti i versi del Gabbiano di Cechov, che il papa dimostra di conoscere a memoria. Durante una conversazione con la dottoressa ed una sua amica, il papa afferma finalmente di non essere un attore. Sua sorella, invece, è un’affermata attrice. Il cardinale Melville aveva tentato di intraprendere la carriera di attore, ma non si è dimostrato all’altezza.
In un incontro segreto con Marcin Raijski, il portavoce, il papa manifesta la volontà di sottrarsi al ruolo, lasciando la possibilità di diventare papa a qualcun altro. Il portavoce, allarmato, riferisce la verità ai cardinali sulla condizione del papa e della sua fittizia presenza nel Palazzo Apostolico. I cardinali non demordono, e dopo aver abbandonato il torneo di pallavolo, scelgono di recuperare il pontefice. Questi sta assistendo allo spettacolo della compagnia, estasiato. Una volta tornato in Vaticano, il papa si presenta alla folla. Ma il finale coglie tutti di sorpresa: il papa rinuncia, ancora, al suo ruolo, non sentendosi all’altezza.
Habemus Papam: l’umiltà di un uomo
Il cardinale Melville, interpretato dall’eccelso Michel Piccoli, è un uomo dall’umiltà sconvolgente. Riconosce di aver avuto la possibilità di diventare una guida mondiale, di poter avere il massimo riconoscimento teologico. Ma il probabile pontefice non si sente in grado, non ce la fa ad assumere sulle sue spalle un ruolo del genere. Ed è per questo che nello scombussolamento più totale, dei cardinali, della folla, dello psicoanalista, abdica. La sua tenerezza commuove, il suo sconforto e la consapevolezza di essere un po’ solo, pure.
Ringrazia Dio, ringrazia i suoi “colleghi”, la sua non è una crisi spirituale. È la crisi di un uomo. Di un uomo come tutti, che in vecchiaia si mette in discussione, si mette in gioco e ricorda i suoi rimorsi e rimpianti. Il rimpianto più grande è sicuramente quello di non aver perseverato, di non averci provato sul serio nella carriera teatrale o cinematografica. La sua giustificazione è che, semplicemente ed onestamente, non era un grande attore. Non quanto la sorella, che lo ha messo in ombra. Il suo piano b è stato la teologia, e mica è poco diventare papa! Ma il cardinale Melville non è felice. In tutta probabilità, nonostante il peso immenso che è il ruolo da pontefice, forse, qualcun altro non si sarebbe ritirato dalle scene, con il capo chino dinanzi a Dio.
C’è qualcos’altro che colpisce di Habemus Papam, ed è il rapporto che ha il regista con la religione. Habemus Papam non è un banalissimo e trito e ritrito rapporto tra l’ateismo e la Chiesa, no. È un avvertimento introspettivo. È un film che lascia intendere quanto, a volte, la crisi colpisce tutti, perfino il papa. E che Dio non è né l’ostacolo, né il motivo della crisi personale, né l’aiuto. In questo caso, Melville si scusa con il suo Dio. Il personaggio di Moretti rappresenta, poi, la capacità che ha un uomo intelligente quanto il professor Brezzi di dialogare e di trovare un punto d’incontro con uomini tanto diversi da lui, e di trovare anche un clima sereno in questo rapporto.
Aurora Scarnera