Città campane. Somma Vesuviana: cultura e folclore

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Somma Vesuviana
Monte Somma, foto di Antonio Angri

Somma Vesuviana. Da residenza romana a corte angioina e aragonese

Somma Vesuviana la città campana che si erge sul declivio del monte Somma a nord del Vesuvio, è tra i territori dell’area vesuviana che ha conservato il maggior numero di testimonianze archeologiche storico-artistiche e architettoniche. In particolare è nota per il ritrovamento di una lussuosa villa di epoca romana. I primi scavi tra il 1933 e il 1936 riportarono alla luce “colonne e capitelli di marmo, pavimenti in mosaico, bellissimi frammenti statuari di un personaggio in abito eroico, stucchi policromi”. Secondo alcuni sarebbe tra le probabili residenze in cui morì –apud nolam (Tacito)- Ottaviano Augusto.  La ricerca sul sito è ricominciata nel 2002, con il progetto di ricerca dell’Università di Tokyo.

Dionisio, Villa romana [foto di Antonio Angri]
Ma la storia dell’ antica città di Somma Vesuviana non si ferma all’eta romana, numerose sono le testimonianze di epoca medioevale. In particolare una fucina di studi etno-storici si raccoglie intorno alla rivista “Summae civitas” –ricerche sul patrimonio artistico, storico e monumentale della città di Somma e dell’area vesuviana– coordinata da Domenico Russo. In occasione della terza edizione pubblicata in collaborazione con l’Istituto Montessori di Somma Vesuviana, è stato presentato un numero speciale dedicato in parte all’ evento folcloristico che ogni quattro anni attira numerosissimi visitatori  “La festa delle lucerne”.

Somma Vesuviana. IL MATTINO
“La festa delle lucerne” D. Auriemma, Mattino 1961

Ed è proprio con il primo articolo dedicato alla festa delle lucerne apparso su un quotidiano nazionale: “Il mattino” nel 1961 dell’ ex dirigente Rai Mimmo Auriemma, che si apre l’ultimo numero di Summae civitas per poi sviscerare nuove ricerche sulla storia cittadina ad opera di studiosi locali e giovani appassionati.

Quanto è antica la storia di Somma e come la storia locale si intreccia con la storia nazionale?

Lo abbiamo chiesto a Domenico Russo, dirigente Asl di professione ma che da più di vent’anni si dedica ad una certosina ricerca sulla storia del territorio vesuviano.

Una decina di anni fa–  ha affermato Domenico Russo- in un numero unico del “Corriere della sera” dedicato al territorio vesuviano fu scritto che Somma è un universo sconosciuto. Poche persone sanno della sua importanza nella storia. Somma Vesuviana era conosciuta già prima degli Angioini poiché nei patti diplomatici tra il papa e Carlo I D’Angiò principe di Provenza, quando il papa lo convinse a conquistare il regno di Sicilia è stata sempre esclusa e mai ceduta.

Quale fu il motivo per cui Somma Vesuviana veniva gelosamente custodita dal principe e dal papa?

Aveva una preminenza fondamentalmente strategica. Quando gli Angioini nel 1268 arrivano a Somma Vesuviana e sconfissero Corradino, si accorsero che essa era dal punto di vista militare una roccaforte importante. Tutti gli eserciti che arrivavano da est, dalle Puglie o risalivano da sud (non dal lato costiero ma dal lato interno), dovevano passare per Somma. Era dotata di una grande protezione naturale, la montagna.  L’ arce della montagna dove oggi c’è il santuario di S. Maria a Castello era inespugnabile.  Anche i normanni quando nel 1140 quando conquistarono Napoli, acquartierarono nel castello di Somma la loro cavalleria giungendo dalla Sicilia. Oltre all’ importanza strategica la città era importante per la sua preminenza economica. In particolare per la produzione di vino sviluppata già in epoca romana e che poteva vantare di ben 30 km2. A ciò si aggiungeva l’aria salubre e fu così che gli Angioini si innamorarono di Somma.Somma Vesuviana. cartina

Ci racconta qualche aneddoto o episodio poco noto che testimonia l’attaccamento dei regnanti alla città?

Carlo I D’ Angiò fra i primi atti chiese a Pietro Di Chorus, l’architetto francese che restaurerà il maschio Angioino, di ristrutturare il castello di Somma perché voleva mandare i suoi nipoti ad irrobustirsi nelle selve della montagna. Da allora, dal 1268 comincia questo “innamoramento” che però come spesso accade in amore, cela motivi pratici.Intendo dire che sembra un innamoramento, ma in realtà è una scelta obbligata. Carlo I d’Angiò legherà la proprietà di Somma anche a livello feudale solo ed esclusivamente alla casa regnante. Quando poi deciderà di cedere Somma al marito di una sua nipote, i cittadini si rivolteranno e si rifiuteranno di essere infeudati, se non dalla casa regnante. Possiamo immaginare quindi, quanto fosse stretto il legame tra gli Angioini e Somma. Successivamente con Giovanna I e Giovanna II e re Roberto Somma Vesuviana diviene la Versailles di quegli anni. I sovrani vi giungevano e con essi tutta la corte tentava di comprare un feudo, un pezzo di terra per stare vicino al re anche quando era in villeggiatura. Tutto questo continuò anche con gli aragonesi, ma è un’altra storia.

Come si è trasformato L’antico rione Casamale dal punto di vista urbanistico nel corso del tempo, cosa abbiamo conservato e cosa abbiamo perso?

Quello che abbiamo in parte perso e che stiamo perdendo sono le mura aragonesi. Resta il tratto in via Gino Auriemma, anch’esso violentato quando negli anni ’50 padre Frattini fece costruire il secondo piano.  Come riporta una nota del mio articolo in Summae Civitas, dopo la distruzione ad opera degli americani nel convento di Trinitari di Palestrina nel Lazio, fu deciso di trapiantare a Somma la casa dei seminaristi. Sebbene i padri Trinitari abbiano consentito la sopravvivenza delle antiche mura, le hanno snaturate. Esse si conservano ancora oggi dal lato di via Colonnello Aliperta nonostante le costruzioni moderne ne mascherino la visione. Si è persa invece la Porta dei Formosi nel lato ovest negli anni ’30 come scritto da Alberto Angrisani, primo storico di Somma, che fu testimone dell’abbattimento.

Quante porte aveva il Casamale?

Quattro. Porta della Terra, Porta Piccioli, Porta del Castello e Porta Formosi che prende il nome da un’antica famiglia estintasi nel Seicento. Attualmente esiste ancora l’apertura ma si è persa la parte muraria. Del Casamale si sono perse le maioliche giallo verdi della cupola dei Trinitari forse appartenenti alla maestranza di Capodimonte smantellate durante i lavori di ristrutturazione. A causa di infiltrazioni per rendere impermeabile la cupola furono eliminate le piastrelle e sostituite con l’asfalto.

Cosa andrebbe realizzato secondo lei per risollevare il Casamale dal degrado?

Bisognerebbe realizzare un piano regolatore specifico e incentivare con finanziamenti gli abitanti per smussare gli antiestetici balconi quadrati e rettangolari, sostituire gli infissi di anotizzato e le orribili inferriate. Ci sarebbe bisogno di un lavoro notevole.

Durante la festa delle lucerne invece il Casamale sembra trasformarsi in un luogo magico e ritrovare per tre notti l’antico splendore. Quali sono le scoperte inedite in Summae civitas? 

Uno dei contributi inediti dell’ultimo numero della rivista è la scoperta del legame tra la festa delle lucerne e San Domenico e la compresenza nello stesso giorno della festa di Santa Maria della Neve e San Domenico. Ci saremo dovuto chiedere già tanti anni fa, perché a Ponticelli, che ha quasi la stessa data storica di insediamento della festa della Madonna della neve non ci sono le lucerne. Eppure si tratta della stessa madonna. Se noi avessimo riflettuto su questa differenza, avremmo potuto comprendere che qui c’è qualcosa di diverso. Il culto di S. Domenico si è spostato dal 4 al 7 e al 6, ma come attesta un martirologio del 400 che ho ritrovato cioè un calendario religioso dove sono registrati tutti i santi festeggiati in quella data riconosciuti dalla chiesa, S. Domenico era festeggiato in origine il 5 Agosto, cioè lo stesso giorno di Santa Maria della neve. Probabilmente erano abbinati. Questa è la scoperta eccezionale.

Somma Vesuviana. La rivista
“Summae civitas”, ricerche sul patrimonio artistico, storico e monumentale della città di Somma e dell’area vesuviana

Per quale motivo?

Sono esigenze pratiche della chiesa. Inoltre Somma era una città di domenicani prima di esseri città di francescani. Carlo d’Angiò nel 1292 – e non nel ’94 come alcuni erroneamente affermano- regalò grandi parti di Somma ai domenicani. Quindi a Somma essi erano preminenti. Quando si festeggiava la madonna della neve, probabilmente i domenicani regolavano le funzioni insieme al capitolo della collegiata.

Che cosa simboleggia la lucerna?

Personalmente non condivido le teorie secondo cui rappresenti l’organo sessuale femminile ed altre opinioni simili. Innanzitutto la lucerna è il mezzo tecnico di illuminazione utilizzato prima dell’elettricità, come illustrato nella rivista e Parisi ci ha spianato la strada, la lucerna è il simbolo di San Domenico. Quando la madre di S. Domenico stava per partorire sognò un cane che fuggiva con una specie di candela. Da qui tra i simboli domenicani è cara la candela. Ma già nel Settecento vediamo che S. Domenico è definito “lucerna lucernae di Dio” cioè nella liturgia domenicana si parla sempre della lucerna.

Quindi la luce della verità?

Esattamente, la luce della fede contro le teorie eretiche. Questo dal punto di vista simbolico. Ma bisogna dire anche che ancora oggi in comuni come Praiano, Capestrano si svolgono ancora feste non con lucerne ma recipienti con luci ad olio. Qui S. Domenico è collegato alla lucerna anche se non con la stessa metodologia della festa di Somma.

Somma Vesuviana, lucerne
Festa delle lucerne 2018, [foto di Antonio Angri]
A quando risalirebbe la festa secondo le sue ricerche? E uando nascono le figure geometriche che si articolano per i vicoli del Casamale?

La mia ipotesi è che la festa delle lucerne nasca dopo il 1599. Cioè nel momento in cui è stata istituita la collegiata. E tutte quelle tesi di miti romani e del culto di Cerere sono frutto di fantasie degli uomini, a molti piace ammantare di mistero le cose, ma in realtà si tratta di una festa cristiana. In merito alle figure geometriche invece, sono contaminazioni posteriori agli anni ’50. 

 

 

Rosa Auriemma

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