Carlo V d’Asburgo fu uno dei protagonisti della storia europea della prima metà del Cinquecento. Grazie alle abili politiche matrimoniali del nonno Massimiliano d’Asburgo, e ad una serie di coincidenze fortuite, si ritrovò ad ereditare un numero vastissimo di territori che sotto la sua persona divennero un impero.
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L’inizio dell’impero di Carlo V
L’eredità paterna
Nel 1506 il padre, Filippo il Bello, morì lasciandogli in eredità i titoli di sovranità delle Fiandre e dei Paesi Bassi. Questi luoghi, dove era stato cresciuto, entrarono nell’eredità asburgica grazie al matrimonio tra Massimiliano e Maria di Borgogna.
L’eredità materna
Da parte materna, invece, poté ereditare la corona spagnola, comprendente anche le colonie sudamericane. La successione spagnola fu più complicata rispetto a quella paterna: in seguito al matrimonio tra Ferdinando di Castiglia e Isabella d’Aragona non c’era stata una vera e propria unificazione del regno di Spagna, quindi le due linee di successione erano diverse.
Alla morte di Isabella, a succedergli in un primo momento fu la figlia Giovanna (detta poi “la Pazza”) e il marito Filippo. Quando morì quest’ultimo però, Ferdinando, padre di Giovanna, ne approfittò per far dichiarare affetta di pazzia la figlia e portarsi alla guida del Pese come tutore del figlio di Giovanna, Carlo. Alla morte del nonno, Carlo ereditò quindi tutti i territori spagnoli.
L’ascesa verso il potere
Alla morte di Massimiliano, oltre ai possedimenti della famiglia asburgica come la Boemia, la Moravia e l’Austria, Carlo V poté concorrere al titolo imperiale. L’impero tedesco era una monarchia elettiva secondo le regole stabilite dalla Bolla d’oro emanata nel 1356, quindi per poter essere imperatore Carlo doveva ottenere i voti dei sette grandi elettori. Francesco I, re di Francia, si candidò come pretendente al titolo poiché preoccupato per le sorti del suo regno in caso di vittoria di Carlo, che l’avrebbe accerchiata. Un altro avversario era l’elettore di Sassonia Federico il Savio.
Alla fine Carlo V riuscì a prevalere sugli altri due. Gli elettori furono intimiditi dalle forze militari di Carlo, schierate nei pressi di Francoforte dove si tenne l’elezione, e persuasi dagli ingenti pagamenti che furono elargiti in cambio del voto. Per quest’ultima operazione Carlo fu costretto ad indebitarsi con le ricchissime banche tedesche dei Fugger e dei Welser.
Nel giugno del 1519 fu incoronato imperatore con il nome di Carlo V, titolo che venne aggiunto a quello di Carlo I di Spagna. A venti anni i suoi domini si estendevano dal Sud America all’impero Tedesco, passando per Spagna, Fiandre e Belgio, penisola italiana e territori asburgici.
Scontri e guerre per il predominio europeo
Si venne a creare così un impero sul quale, come amava ripetere Carlo V, non tramontava mai il sole. Si trattava di un impero “universale”, su modello medioevale, un impero anacronistico. Era un insieme di popoli troppo eterogenei, troppo diversi per usi, costumi e tradizioni per durare a lungo come un tutt’uno compatto. Inoltre proprio sotto Carlo V si avviò la rivoluzione protestante di Lutero, quindi alle differenze culturali già presenti si aggiunsero anche quelle religiose.
La rivolta dei comuneros
Le prime difficoltà di gestione del territorio si ebbero in Spagna, con la rivolta dei comuneros. Le principali città spagnole e la Cortes di Castiglia (le Cortes erano assemblee nazionali spagnole) si sentirono minacciate dalla lontananza del sovrano e dai funzionari fiamminghi che avevano aumentato i prelievi fiscali senza prima consultarli. La sollevazione venne presto soffocata dalla nobiltà castigliana, che vide un’opportunità per ampliare il proprio potere. Fu riconosciuto un nuovo ruolo alle Cortes e allo stesso tempo esteso il potere della burocrazia regia.
La conquista della penisola italiana
Il conflitto più impegnativo però si ebbe con la Francia. Terreno di scontro era la penisola italiana. Secondo la pace di Noyon, l’Italia meridionale era dominio spagnolo, mentre il settentrione padano era francese. Questa divisione era scomoda sia per Francesco I, che si vedeva accerchiato, che per Carlo V, che voleva acquisire i territori padani per dare continuità ai suoi possedimenti.
Negli anni Venti si consumò la prima fase dello scontro che vide Milano occupata da Carlo V e Francesco I catturato nella battaglia di Pavia nel 1525. L’anno successivo fu firmato il trattato di Madrid, in base al quale la Francia cedeva Milano e la Borgogna. La pace però non durò a lungo.
Francesco rigettò il trattato e tornò all’attacco. I sovrani italiani, allora, si unirono nella Lega di Cognac in favore del re francese, in cui ebbe un ruolo importante Clemente VIII, appartenente alla famiglia Medici.
Nel 1527 arrivò la risposta di Carlo V che inviò a Roma i lanzichenecchi. Questi soldati mercenari saccheggiarono Roma, e questo evento traumatizzò l’Europa del tempo. Dopo sette mesi di assedio della città romana, il papa, che si era rifugiato a Castel sant’Angelo, si riappacificò con l’imperatore.
Nel frattempo a Firenze la famiglia Medici era stata cacciata e instaurata una Repubblica, Clemente VIII trattò l’aiuto di Carlo V a restaurare il potere dei Medici, in cambio dell’incoronazione a re d’Italia e imperatore (trattato di Barcellona). L’incoronazione avvenne nella cattedrale di Bologna nel 1530.
Lo stesso anno fu firmata la Pace di Cambrai tra Francesco I e Carlo V, detta anche “pace delle due dame” poiché ottenuta grazie alla mediazione di Luisa di Savoia e Margherita d’Austria, rispettivamente madre e zia dei firmatari.
La risposta francese
La Francia però non si era ancora arresa e strinse alleanze che furono considerate spregiudicate per una nazione cattolica: si alleò infatti con i turchi di Solimano il Magnifico e con i Principi tedeschi protestanti. In particolare la pressione militare dei primi si fece sentire sia via mare che sulla terraferma, e nel 1529 riuscirono ad assediare Vienna.
Francesco I attaccò Milano, ma Carlo V rispose portando il conflitto in terra francese, grazie anche al supporto di Enrico VIII d’Inghilterra. Il re francese fu costretto alla resa. La pace di Crepy del 1544 sancì il definitivo passaggio di Milano alla Spagna.
Anche se alla morte di Francesco I il figlio, Enrico II, proseguì la politica anti-asburgica lo scontro non raggiunse più toni così aspri e impegnativi di questa fase.
Difficoltà interne e abdicazione al trono
Oltre alle minacce militari Carlo V dovette fronteggiare le spaccature e rivolte interne, dovute in particolare alle vicende religiose. Lutero infatti aveva dato inizio alla Riforma Protestante. Sebbene nelle sue intenzioni non c’era mai stata una rivolta sociale, quello che ne comportò non fu semplicemente una divisione religiosa, ma portò a conflitti politici e rivolte armate.
Carlo V da parte sua premeva per un’unità religiosa, per questo motivo cercò sempre di aprire un dialogo conciliante tra le due fazioni. Tuttavia la spaccatura era troppo profonda, anche perché molti principati che componevano l’impero si servirono delle differenze religiose per acquistare autonomia politica unendosi nella lega di Smalcalda. La questione quindi non riguardava solo la libertà religiosa, ma l’unità nazionale.
Nel 1555 Carlo V firmò così la pace di Augusta che riconosceva la libertà di praticare la fede luterana e il principio del cuius regio eius religio, cioè i sudditi dovevano seguire la religione dei principi o emigrare. Terminava così il sogno unitario di Carlo.
Oramai stanco delle continue guerre e conflitti Carlo V prese atto che la vastità del suo impero non era abbastanza per giustificarne il prezzo da pagare. Nel 1555 decise di abdicare lasciando i domini spagnoli, i Paesi Bassi, e i territori italiani al figlio Filippo II e la corona imperiale e i domini asburgici al fratello Ferdinando. Morì due anni dopo, nel 1558, nella residenza di Yuste.
Carlo V unì sotto un’unica corona territori sino ad allora mai riuniti e destinati a non esserlo mai più.
Miriam Campopiano