Giorgio Vasari è uno dei primi uomini letterati del suo tempo che si propone l’obiettivo di stabilire attraverso un’opera che vede come antecedente solo la Historia naturalis di Plinio, quale tra le due arti, la scultura o la pittura fosse superiore all’altra, delineando per la prima volta un profilo storico-artistico dei più “eccellenti pittori, scultori e architetti” da Cimabue in poi.
Dico, adunque, che la scultura e la pittura per il vero son sorelle, nate di un padre che è il disegno, in un sol parto et ad un tempo; e non precedono l’una all’altra, se non quanto la virtù e la forza di coloro che le portano addosso fa passare l’uno artefice innanzi all’altro; e non per differenzia o grado di nobiltà che veramente si trovi in fra di loro.
Definito più volte erroneamente “storico dell’arte” secondo la concezione novecentesca, spesso si dimentica di come l’opera vasariana sia lontana dai canoni della letteratura artistica contemporanea e si dedica troppa poca attenzione alle molteplici attività di Vasari, che nasce essenzialmente come artista.
Vasari a Firenze
Si forma su grandi nomi quali Michelangelo, Andrea del Sarto ma anche l’anticonformista Rosso Fiorentino e le antichità classiche. Non solo abile scrittore ma maggiormente mirabile artista. Come pittore avrà una fortuna relativa, davanti a straordinari artisti suoi contemporanei. La sua tecnica apparirà forse troppo sterile e pedissequa nell’imitazione dei suoi maestri, priva di quel vigore e di quel pathos di cui Buonarroti in quegli anni fece la sua fortuna.
Ottenne importanti commissioni, come gli affreschi del 1567 nel Salone dei Cinquecento a Firenze, dove Vasari si confronterà con i grandi artisti che l’hanno preceduto nell’impresa come Leonardo e Michelangelo. Ne emergeranno opere come “Sconfitta dei pisani a San Vincenzo”, non particolarmente originale ma che comunque mostra la buona padronanza della prospettiva. Risulta comunque troppo evidente il tentativo maldestro di attingere al repertorio figurativo michelangiolesco.
Più riuscita è la parziale realizzazione, terminata da Francesco Zuccari dopo la sua morte, degli affreschi della celeberrima cupola del Brunelleschi, impregnati del rigore controriformista che non ne cela allo stesso tempo la maestria e il raffinato gusto dei dettagli, quali portano lo spettatore a perdersi con lo sguardo nelle vorticose fasce concentriche che raffigurano temi cari al Concilio di Trento come le virtù Teologali, la trinità, le beatitudini e ovviamente l’inferno dominato dalla rappresentazione dei peccati capitali.
Vasari a Napoli
Non si ferma a Firenze l’attività pittorica di Vasari, che ritornerà nella sua città intorno al 1560 per il progetto della Galleria degli Uffizi. La sua attività si estende in gran parte della penisola italiana, specie a Napoli, dove rilevanti sono gli affreschi della Sacrestia di Sant’Anna dei Lombardi e la Crocifissione di San Giovanni a Carbonara. Gli affreschi avevano vari soggetti, abilmente distribuiti da Vasari secondo il grado di rilevanza, dando vita ad un ambiente luminoso. Quest’ultimo era precedentemente stuccato per consentire alle opere di non risultare opache e di emergere in tutta la loro dignità artistica, intersecate nel gioco di intarsi e forme, i cui colori sgargianti appena accennati donano eleganza a tutta la struttura.
Per ciò che concerne la Crocifissione di San Giovanni a Carbonara, questa risulta essere ancora più innovativa in quanto rivela un intento quasi “concettuale” dell’autore che rappresenta il Cristo predominante rispetto ad un paesaggio brullo e scarno, dai colori tetri e angoscianti e dimostrazione dell’invito alla riflessione sul sacrificio del figlio di Dio, evitando di distrarre lo spettatore con uno sfondo troppo dettagliato.
Nel panorama artistico nostrano e non, Giorgio Vasari occupa un posto di rilevanza per un’opera che rivela solo una delle molteplici attitudini di quest’uomo versatile, la cui formazione spaziava a tutti i campi dell’arte, come era tipico al tempo, senza mancare di eccellere in nessuno di questi.
La fortuna di Vasari
Oggi viene ricordato distrattamente nello spiegare esimi artisti, che hanno indirizzato il canone artistico occidentale e che a lui devono la trasmissione delle poche notizie ai posteri che li riguardano, ma quando si alzano gli occhi sulla cupola di Santa Maria del Fiore o si percorre con grande anelito il piccolo corridoio che collega i due lati degli Uffizi per ammirare un Cimabue, un Giotto o il Laocoonte, spesso non si pensa nemmeno a quel fine intelletto che ha regalato alla storia non solo i frutti del suo ingegno ma anche l’estro del suo pennello.
Sarebbe divertente sapere quale sarebbe la reazione di un artista davanti alla sua fama dovuta più alle sue parole che alle sue figure, ma dopotutto, come dice lo stesso Vasari:
Deve la storia essere veramente lo specchio della vita umana, non per narrare asciuttamente i casi occorsi a un principe o a una repubblica, ma per avvertire i consigli, i partiti ed i maneggi degli uomini, cagione poi delle felici od infelici azioni.
Giusy de Filippo