Scritta nel 1891 nel soggiorno parigino dell’autore, Salomé rappresenta un unicum nella produzione drammatica di Oscar Wilde. Le drammaturgie dello scrittore sono infatti riconducibili a commedie dall’ambientazione a lui contemporanea, nelle quali irride la società del suo tempo. La tragedia in questione, invece, si collega a una lunga tradizione che aveva rielaborato nelle più svariate forme l’episodio biblico.
La prima rappresentazione dell’opera risale all’11 febbraio 1986, mentre lo scrittore era in prigione. La regia fu affidata al famoso Aurélien-Marie Lugné-Poë, figura di spicco del teatro simbolista in Francia. E, scritta in francese, l’opera fu fortemente influenzata dalla scrittura simbolista degli autori parigini.
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La trama di Salomé
La vicenda vede coinvolti la fanciulla Salomé, lo zio sovrano Erode, la madre regina Erodiade e il profeta Giovanni Battista/Jokanaan. Tra i personaggi del dramma si instaurano delle tensioni che porteranno alla loro distruzione. Salomé vede e si innamora all’istante del profeta, che, imprigionato in una buia cisterna, la rifiuta, pronunciando dure parole contro la fanciulla. Salomé esercita però una profonda attrazione su Erode, che si lascia convincere dalla danza della fanciulla a tagliare la testa del profeta così da donargliela. Salomé dunque bacia il capo del profeta, e viene fatta uccidere subito dopo.
Le tradizioni artistiche
L’episodio di Salomé è parte dei Vangeli di Marco e di Matteo. Ma dai Vangeli la storia viaggerà nel corso dei secoli, assumendo sempre più importanza nell’immaginario letterario, artistico e musicale. Si viene dunque a creare una tradizione attorno alla figura di Salomé, che sarà ben consolidata nell’Ottocento. Salomé, la cui centralità nella vicenda assumerà sempre più importanza – era quasi assente infatti nelle versioni dei Vangeli – diventa nell’Ottocento il simbolo della donna ammaliatrice, manipolatrice e satanica. Con la sua danza lasciva, assurge a esempio della passione che incanta, seduce e manipola. Stephane Mallarmé, Gustave Flaubert e Jules Laforgue sono alcuni degli autori che riprendono la figura biblica nelle loro opere. Oscar Wilde si riallaccia a questa lunga tradizione, ma proponendo una versione assolutamente innovativa e personale della vicenda.
Eros e morte
Il dramma di Oscar Wilde è una summa dei temi del Decadentismo. Il linguaggio, vero elemento di rilevanza dell’opera, è invece imbevuto del Simbolismo della scrittura teatrale di Maurice Maeterlinck.
L’episodio biblico è per Wilde un pretesto per raccontare una storia crudele fatta di eros e morte, contrapponendo «la sensualità pagana dell’oriente e l’ascetismo cristiano»[1], nella contrapposizione tra Salomé e Jokanaan. La forza che muove tutti i personaggi – ad eccezione di Jokanaan – è l’eros, investito da una serie di coppie di contrasti. La vecchiaia di Erode contrasta con la giovinezza di Salomé, la verginità di quest’ultima contrasta con la forza violenta del suo desiderio, la sua sensualità e lascivia fanno da contrappunto al fanatismo religioso e alla castità di Jokanaan, che la rifiuta e la maledice.
Il potere
Ma Salomé è soprattutto un dramma sul potere, e sul potere che si esprime attraverso la sessualità. È un potere patriarcale quello che emerge dall’opera. Rappresentato dalle figure contrapposte di Erode, detentore del potere temporale, e Jokanaan, detentore invece di quello spirituale, il potere patriarcale cerca di domare l’elemento femminile. Anche se i due poteri sono infatti in lotta tra di loro sono «entrambi impegnati a sottomettere ed a piegare al loro volere l’elemento femminile, imprigionato fra i due estremi della cultura patriarcale»[2].
La scrittura di Oscar Wilde
Nella sua tragedia, Oscar Wilde rispetta l’unità di luogo e di tempo. La vicenda si svolge infatti tutta al centro della terrazza del palazzo di Erode, in un lasso di tempo che va dalla tarda serata alla notte inoltrata. In questo spazio, punto di incontro tra i diversi personaggi, e in questo tempo avvengono i tre nodi drammatici principali: l’incontro fra Salomé e Jokanaan, la danza seduttrice di Salomé, il taglio della testa del profeta. La luna è l’elemento costante che riflette i toni della vicenda, e fa quasi da didascalia all’azione. Il colore giallo pallido dell’inizio diventa prima rosso sangue e poi nero.
L’elemento veramente interessante dell’operazione wildiana è sicuramente il linguaggio. Wilde rispetta i canoni della poetica simbolista, creando infatti delle sinestesia in continua trasformazione, con un continuo passaggio tra la componente visiva e la componente uditiva. Metafora, similitudine e ripetizione sono le figure retoriche su cui si basa il linguaggio dell’opera. Ed è un linguaggio teatrale diverso e strano quello che crea Wilde. Infatti, «il testo infatti stabilisce un nesso fra la perversità dei suoi referenti e particolari configurazioni del linguaggio; un nesso, cioè, fra una strana manifestazione d’amore ed uno strano sistema retorico»[3].
Salvatore Cammisa
Fonti e citazioni:
Giovanna Silvani, Il cerchio di Narciso. Figure e simboli dell’immaginario wildiano, Napoli, Liguori Editori, 1998
[1] Giovanna Silvani, Il cerchio di Narciso. Figure e simboli dell’immaginario wildiano, Napoli, Liguori Editori, 1998, p.84
[2] Ivi, p. 93.
[3] Ibidem.