A seguito dell’ennesimo attentato, questa volta a San Pietroburgo, ecco nuovamente riaccendersi i riflettori sul dramma vissuto dai reduci, sui dettagli della catastrofe, sulle storie personali di coloro che non ce l’hanno fatta. La drammaticità dell’evento ci scuote e ci commuove, perché siamo portati ad immedesimarci nelle vittime. Questo potrebbe essere il motivo che spinge la maggior parte degli organi di informazione ad andare a discapito di quest’ultima a favore di quella che il più delle volte si trasforma in una spettacolarizzazione del dolore, che in questa prospettiva assume persino una valenza legittima perché viene incontro ai desideri del pubblico. Eppure il coinvolgimento di chi è a casa ed assiste inerme alle struggenti scene viene letto in tutt’altra chiave da quello che è stato definito a più riprese il filosofo più pericoloso dell’Occidente: Slavoj Žižek.
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L’importanza del negativo nella riflessione di Žižek
Impossibile, proprio come per Žižek è l’essenza del soggetto, è delineare in poche battute il pensiero asistematico e complesso del filosofo sloveno. Per avere un’idea chiara dell’interpassività occorre tenere presente l’importanza che l’elemento negativo riveste nella sua riflessione, perché è da esso che il fenomeno deriva. La componente negativa è per il filosofo di Lubiana non solo insita nel soggetto, ma imprescindibile per la sua esistenza. Al riguardo egli scrive:
La negatività funziona come la condizione d’(im)possibilità dell’identificazione, ovvero prepara il terreno, apre lo spazio per essa, ma allo stesso tempo, la indebolisce e viene da essa offuscato.
Secondo Žižek l’uomo non è in grado di concepirsi mai interamente. In prima istanza ciò si deve al fatto che l’intera soggettività si struttura a partire da un punto di impossibilità, un vuoto incolmabile.
Il problema è che il soggetto, anche laddove lasci che sia un altro individuo a definirlo, si accorge ben presto che ogni altro individuo struttura se stesso a partire da una mancanza originaria impossibile da cancellare. Tale scarto è alla base di ogni uomo ed è ciò che, coerentemente con Lacan, Žižek definisce Reale. Ma cosa c’entra l’interpassività con tutto questo? L’interpassività è, secondo lo sloveno, uno dei modi che il soggetto ha per mettere a tacere questa negatività, che invece sola gli permette di strutturarsi. Basti pensare a quali conseguenze vanno incontro coloro che, a seguito della perdita di una persona cara, rifiutano di affrontare il dolore e fanno venire meno il processo di elaborazione del lutto. Non è tutto, secondo Žižek, dal momento che l’interpassività non prevede semplicemente l’annullamento di un sentimento negativo, ma piuttosto la sua trasposizione nell’altro.
L’interpassività e l’interattività: due facce della stessa medaglia
“Interpassività” significa letteralmente “essere passivi attraverso l’altro”, ma cosa si intende di preciso con questa espressione? Un esempio addotto frequentemente da Žižek è quello che riguarda una pratica esistente fino a pochi anni fa in alcune zone del Sud Italia, quella delle prefiche. In occasione di un rito funebre venivano infatti ingaggiate alcune donne per piangere e disperarsi. Sostituendosi ad essi davano la possibilità ai familiari del defunto di occuparsi di questioni di natura pratica, come la spartizione dell’eredità. Anche le risate registrate delle sit-com sono un chiaro esempio del modo in cui siamo attivi in modo fittizio attraverso l’altro, dal momento che quello ride e si gode lo spettacolo al nostro posto.
Eppure verrebbe da obiettare a Žižek che nella società iperconnessa dell’era globale, in cui è possibile interagire in mille modi con l’altro anche in tempo reale, sia l’interattività ad avere la meglio e non l’interpassività. Paradossalmente però l’essere attivo attraverso l’altro presenta come supplemento osceno esattamente il suo opposto, ovvero l’interpassività. Žižek chiarisce il concetto quando scrive:
Il necessario opposto del mio interagire con l’oggetto non consiste nel seguire passivamente lo spettacolo, ma in una situazione nella quale l’oggetto stesso si impossessa, privandomene, della mia propria reazione passiva di soddisfazione (tristezza o risata), cosicché l’oggetto stesso si gode lo spettacolo al posto mio.
Il problema per Žižek non è allora che la macchina che mi sta di fronte mi priva della mia dignità perché agisce al mio posto, ma che, quando l’individuo cede ad essa la sua passività, l’uomo perde ciò che gli è più proprio, cioè l’elemento negativo.
L’interpassività attiva al giorno d’oggi
Possiamo adesso provare ad individuare sulla scorta di Žižek una delle forme più aberranti dell’interpassività odierna, che riguarda sia il modo in cui i nuovi mezzi di comunicazione e informazione trasmettono le notizie sia il ruolo che assume lo spettatore. Talk show con opinionisti improvvisati, servizi televisivi e titoli eclatanti delle testate più note pronti a gettare in pasto al pubblico l’ennesima tragedia, talvolta prima ancora che le informazioni siano verificate. L’impatto sociale di questo fenomeno in crescita incentiva spropositatamente il senso di falsa attività, a cui si riferisce Žižek quando affianca alla nozione di “interpassività” l’aggettivo “attiva”. Egli chiede al lettore:
L’ossessione dell’Occidente accademico liberale per le sofferenze in Bosnia non è forse l’esempio recente più rilevante della sofferenza interpassiva? Si può davvero soffrire tramite i servizi sulle violenze e le uccisioni di massa in Bosnia, mentre si porta tranquillamente avanti una carriera accademica…
Questo non significa ovviamente, secondo Žižek, che l’interesse di chi è a casa non sia mai reale. Il problema è che se, nel peggiore dei casi l’osannata ricerca dello scoop insieme all’attenzione morbosa per i dettagli raccapriccianti finiscono per tradurre una tragedia nell’ennesimo becero chiacchiericcio del giorno, nel migliore dei casi invece la percezione di partecipare attivamente alla sofferenza delle persone si rivela perlopiù vana. La macchina ci immerge a tal punto all’interno dell’evento da non lasciare alcuna possibilità di riflessione autonoma e personale. In sintesi, per dirla con Žižek, non siamo solo privati della possibilità di agire ma anche della possibilità di non agire, perché anche in questo caso chi ci sta di fronte ci costringe a vivere il dramma in un certo modo. Paradossalmente il fenomeno dell’interpassitivà risponde all’esigenza tutta contemporanea di essere perennemente attivi.
Giuseppina Di Luna
Bibliografia
Slavoj Žižek, Leggere Lacan. Guida perversa al vivere contemporaneo, ed. Bollati Boringhieri, Torino 2013.
Slavoj Žižek, Il godimento come fattore politico, Raffaello Cortina Editore, Milano 2001.