Bisaccia, riconosciuta anche come l’antica Romulea, è uno dei borghi medievali più belli d’Irpinia.
Il toponimo, secondo ricostruzioni poco attendibili, deriverebbe dal latino “bisaccium”, ovvero sacca a tracolla utilizzata anticamente durante i viaggi.
Questo comune avellinese, che vanta una storia illustre, si divide oggi in Bisaccia “Nuova” e la parte “Vecchia”. Quest’ultima è quella meno popolata ma che storicamente e culturalmente ci interessa.
La più grande fonte di attrazione del luogo è il bellissimo Castello Ducale, il quale sorge su uno sperone del monte Calvario.
Roccaforte, dimora signorile, luogo di prigionia, ospitò nel passato la Scuola Siciliana e, in tempi odierni, oltre ad essere sito visitabile e ben curato, si tengono anche cerimonie come ricevimenti di nozze e i mercatini di Natale.
Bisaccia è, inoltre, il paese natìo del noto paesologo, poeta, scrittore documentarista Franco Arminio, considerato da Roberto Saviano una delle voci che meglio abbia raccontato il terremoto e ciò che ha generato.
Una piccola realtà che Francesco De Sanctis, nel suo viaggio elettorale alla volta dell’Irpinia, ebbe a definire “La gentile”, in uno scenario territoriale restìo al cambiamento ed ancorato a remote convinzioni.
Bisaccia: il Castello Ducale
Il punto focale da cui partire per ricostruire la storia di Bisaccia può essere il Castello Ducale, di cui si apprezza soprattutto il magnifico loggiato dal quale si gode di uno spettacolare panorama sul paese e su gran parte dei territori limitrofi.
Il maniero risale ad epoca Longobarda, tuttavia passò successivamente nelle mani dei Normanni con Roberto d’Altavilla.
Danneggiato dal sisma del 1158, la roccaforte di Bisaccia fu ristrutturata sotto Federico II e divenne luogo di cultura con l’inserimento della Scuola Siciliana che richiamò a corte grandi artisti e letterati del tempo.
Tra Umanesimo e Rinascimento, il Castello vede avvicendarsi vari casati: dai D’Aragona passa ai Del Balzo per trasformarsi, poi, in residenza signorile. Finchè, nel 1533, Alfonso d’Avalos vende il maniero per 3500 ducati a Giovan Battista Manso, presso cui fu ospite Torquato Tasso durante il suo soggiorno irpino.
In seguito, la fortezza fu acquistata dalla famiglia Pignatelli fino a quando il feudo di Bisaccia ed il titolo nobiliare di duca furono riconosciuti alla Regia Corte Borbonica passando alla famiglia De la Rochefoucauld.
All’interno del Castello, attualmente, vi è un Museo interessante dove sono esposti reperti archeologici, di proprietà statale, provenienti dallo scavo della necropoli della zona “Cimitero Vecchio”.
Più di 800 reperti riconducibili all’Età del Ferro, quando genti trans-adriatiche vi si insediarono nel sito in questione.
Tra oggetti in ceramica e bronzo, monili, armi, fibule, vasellame etc… è possibile fare un breve viaggio nella storia bisaccese, grazie anche al supporto di una piccola sala multimediale dove poter approfondire con l’ausilio di una proiezione a tema.
La tomba della principessa e la Torre Federiciana
In tutta la sua suggestione e peculiarità che lo rendono unico, il Castello Ducale di Bisaccia, si contraddistingue ulteriormente per la presenza della tomba 66 detta “della Principessa” all’interno del complesso museale e la Torre Federiciana a cui si accede tramite il bellissimo loggiato con soffitto in legno.
Per quanto concerne la tomba, essa risale al 675-650 a.C. e, secondo ricerche, sarebbe riconducibile ad una donna presumibilmente appartenuta ad un gruppo sociale di potere, stando anche allo studio degli oggetti ritrovati come corredo funebre.
Tanti vasi d’impasto, brocche, tazze, anfore, recipienti di bronzo con decorazioni etrusche e altra oggettistica minuziosamente documentata, a cui si aggiunge l’esposizione di un tipico vestito femminile del tempo.
Riguardo la Torre Federiciana, essa è alta 15 metri con pianta quadrata e una lieve inclinazione, fu costruita nel 1246 per volere di Federico II di Svevia.
All’interno l’edificio storico si sviluppa su tre livelli con l’accesso intermedio che lascia prefigurare la presenza di un antico ponte levatoio.
Bisaccia e Franco Arminio
A Bisaccia si lega inevitabilmente il nome del noto poeta Franco Arminio che, oltre a collaborare anche per giornali come “Il Manifesto” e “Il fatto Quotidiano”, è autore di documentari inerenti i paesi e la loro storia, organizzatore di eventi culturali ed animatore di battaglie civili.
E’ grazie al suo impegno che eventi e manifestazioni come il festival “Altura” 2018 (che ricalca un po’ “La luna e i Calanchi” di Aliano) portato in Irpinia e dedicato alla musica giovane, ha avuto realizzazione.
Attaccato alla sua terra, radicato alla verde Irpinia e animato fortemente dall’amore per il suo paese a Bisaccia dedica questi profondi versi immensi:
“ Ci dev’essere un motivo
del mio restare qui, qui dove
mia madre e mio padre dormono
sfasciati con le ossa al buio
e l’anima sui cardi.
I morti lo sappiamo tutti che non se ne vanno
e qui al mio paese li senti sotto la pianta dei piedi:
se stai attento ti possono guidare
ma devi farti cadere la neve sulle braccia
ti devi prendere il vento che arriva qui
da ogni parte.
Ama la tua città, ama il tuo paese,
questo è il primo comandamento
nella civiltà della geografia
in cui va sistemata con cura
ogni cosa nel suo spazio,
dal cuore di una donna
agli occhi di un gatto “.
Versi dove risuona tutto il viscerale attaccamento alle proprie radici, la voce chiara e rigorosa di un uomo pienamente figlio della terra che lo ha generato.
Pasqualina Giusto
Sitografia: