Ines Isabella Sampietro, in arte Isa Miranda, nacque a Milano nel 1909 da una famiglia di contadini. Il suo carattere ribelle e anticonformista portò Isa da giovane ad allontanarsi da casa, per lavorare come dattilografa nel centro della capitale. Entrò in società grazie alle conoscenze del partito fascista, e studiò recitazione nell’Accademia dei Filodrammatici. Debutterà al cinema nel 1933 con l’unico film italiano di Max Ophlus, “La signora di tutti”. Vinse il Prix d’interprétation féminine al Festival di Cannes nel 1948 con il film “Le mura di Malapaga” di René Clément.
“La signora di tutti”
“La signora di tutti” racconta di Gaby Doriot, un’affascinante diva dello spettacolo, tanto desiderata dagli uomini che alcuni di loro, non corrisposti, addirittura arrivano ad uccidersi. La diva non riesce a sopportare più il peso della notorietà e della stampa che monitora ogni suo movimento e decide di suicidarsi anche lei, dopo un susseguirsi di vicende drammatiche. Questo film pare quasi aver condizionato e predetto la successiva carriera della diva italiana.
Il suicidio di Gaby Doriot è una purificazione di questa Femme Fatale, questa donna irresistibile e dominatrice, intollerante per la morale che regnava in quegli anni in Italia, dove la donna doveva essere una madre e moglie esemplare. Lo stesso fece Isa Miranda, scegliendo di interpretare per il film seguente, una donna completamente opposta all’etichette di Femme Fatale che le era stata appioppata. Con “Passaporto rosso” (Brignone, 1935), divenne una madre modello e una moglie devota, precisamente: una donna italiana.
Isa Miranda, Hollywood e il Fascismo
L’attrice non voleva, però, rimanere cristallizzata nell’icona della donna italiana, e cercava sempre un’evoluzione e sviluppo professionale. Decise allora di lavorare nelle produzioni internazionali, e prese l’impegno di girare tre film con la casa tedesca Bavaria Films. Le produzioni tedesche erano strumentalizzate a scopi nazisti, e l’attrice per non essere costretta ad aderirvi, decise di raggiungere prima Lugano e poi Parigi dove divenne la protagonista di “Nina Petrovna” (Tourjansky, 1937). Il suo obiettivo successivo fu recarsi oltre oceano, ad Hollywood.
Durante le contrattazioni hollywoodiane, venne, però, contattata per il primo Kolossal di Cinecittà, “Scipione L’Africano” di Carmine Gallone, il film manifesto fascista, che voleva saldare il patriottismo italiano alla diva. Isa Miranda spaventata di non ricevere il visto per L’America accettò la proposta.
Il 26 agosto 1937 Isa Miranda s’imbarcò per Hollywood. La stampa seguirà tutto il suo viaggio. Una proiezione simbolica e anticipatoria di quello che sarà poi il sogno di tanti italiani.
Miranda quando sbarcò in America, venne trasformata da Hollywood, perdendo quel velo di antico ormai acquisito per darle un volto nuovo: una Femme Fatale italiana, rinata e gratificata in America.
L’attrice non riuscì tuttavia ad adattarsi al cinema americano. Dopo alcune pellicole che non le diedero il successo sperato e lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, decise di ritornare in Italia.
Il suo ritorno in patria fu diverso dalla partenza. La stampa decise di non parlare di lei. Nessuno sapeva che Isa Miranda, la femme fatale, era ritornata in Italia. Questo avvenne perché la Paramount aveva manipolato un’intervista dell’attrice, facendole dire cose contro il fascismo e sull’occupazione di Varsavia.
Miranda non aveva interessi politici, ma solo umanitari. Mino Doletti, critico e giornalista italiano, riuscì a risolvere la situazione, organizzando un incontro tra l’attrice e Benito Mussolini al Centro Sperimentale. L’abbraccio pacifico tra i due fu ripreso dalla stampa e diffuso per tutta Italia.
La diva dei due mondi
Isa Miranda è l’esempio di come il divismo non è altro che la costruzione di un modello da seguire, legato agli stereotipi dei valori sociali. Spesso va anche bel oltre la volontà del divo, che è costretto a unire la propria vita privata con quella pubblica.
Isa Miranda fu paragonata a due dive internazionali: Greta Garbo, perchè in alcuni scatti i profili dell’attrice italiana erano simili a quelli dell’attrice svedese, e Marlene Dietrich.
L’America consegna all’Italia una star plasmata di modelli internazionali, non dandole una vera e propria identità. Come se ogni star europea non fosse altro che un’imitazione di quelle americane.
Il declino dell’attrice è descritto nel film ad episodi, “Siamo Donne”. L’episodio di Luigi Zampa ha come protagonista una Isa Miranda, ormai stanca e circondata da persone che ricordano il suo glorioso passato da diva. Particolarmente toccante la sua confessione per la sofferenza di non aver avuto figli. Questo episodio carico di presagi oscuri; infatti, Isa Miranda morì nel 1982 sola e dimenticata.
Isa Miranda è una donna di due mondi, di due epoche, una Signora di tutti, ma per quanto gli Americani possano averne migliorato la fotogenia o le doti interpretative, Isa Miranda è sostanzialmente italiana, e non è ne una copia di Greta Garbo o di Marlene Dietrich: è solo Isa Miranda.
Serena Pezone