Può la semplicità essere sinonimo di perfezione? Può uno scrittore riuscire a scrivere le proprie storie senza usare abbellimenti eccessivi, ma solo il linguaggio della quotidianità e riuscire comunque a creare dei racconti perfetti in ogni caratteristica? Raymond Carver e i racconti di Principianti, la versione originale della raccolta Di cosa parliamo quando parliamo d’amore del 1981, non possono che offrirci una risposta affermativa.
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Raymond Carver. Una biografia
Se siamo fortunati, non importa se scrittori o lettori, finiremo l’ultimo paio di righe di un racconto e ce ne resteremo seduti un momento o due in silenzio. Idealmente, ci metteremo a riflettere su quello che abbiamo appena scritto o letto; magari il nostro cuore e la nostra mente avranno fatto un piccolo passo in avanti rispetto a dove erano prima. La temperatura del nostro corpo sarà salita, o scesa, di un grado. Poi, dopo aver ripreso a respirare regolarmente, ci ricomporremo, non importa se scrittori o lettori, ci alzeremo, e, “creature di sangue e nervi“, come dice un personaggio di Cechov, passeremo alla nostra prossima occupazione: la vita. Sempre la vita»
Originario dell’Oregon, Raymond Carver nasce nel 1938 da una famiglia di umili origini. Fin da giovane si dedica ai lavori più disparati, sviluppando però la sua passione per lettere. Nel 1955, conclusi gli studi superiori, si trasferisce in California per lavorare nella segheria del padre, ma subito abbandona quel lavoro e nel 1958 si iscrive alla Chico State University. Qui inizia a scrivere e pubblicare i suoi primi racconti per riviste universitarie.
Nel 1963 si laurea ad Humboldt e vince una borsa di studio per seguire un corso di scrittura creativa allo Iowa Writers’ Workshop. Stabilitosi a Sacramento, Raymond Carver pubblica la raccolta di poesie Near Kalmath nel 1969 e in quello stesso anno vince il Discovery award per la poesia. Il successo poi prosegue negli anni ’70 con la pubblicazione di Vuoi stare zitta, per favore? (1976). Ma intanto si fa vivo lo spettro dell’alcolismo, che lo costringe ad abbandonare il ruolo di docente all’università di Santa Cruz. Nel 1981 esce il già citato Di cosa parliamo quando parliamo d’amore (frutto di un rapporto-scontro tra Carver e il suo editor, Gordon Lish.) e nel 1983 è il turno di Cattedrale. Malato da tempo ai polmoni, Raymond Carver muore nel 1988.
Carver e Lish: “Il creatore e il distruttore”
Si è dovuto aspettare un pò di tempo per poter leggere alcuni dei racconti di Principianti che hanno reso celebre Raymond Carver, il quale ebbe un rapporto non sempre idilliaco con l’editore che fu l’artefice della versione ridotta di quei racconti: Gordon Lish.
In questo articolo non è possibile descrivere dettagliatamente la vicenda filologica di ogni singolo racconto di Princpianti. Basti sapere che nel 1980 Raymond Carver consegna a Gordon i dattiloscritti dei suoi racconti e questi ( forse per strategia di marketing?) li taglia del 50% e ne stravolge l’intera struttura, dai titoli ai finali. Il risultato di questo lavoro di sfoltimento è la già citata raccolta Di cosa parliamo quando parliamo d’amore, pubblicata per l’editore Knopf.
Vedendosi recapitare quei racconti tagliati e ricomposti, Raymond Carver sembra cadere nello sconforto. È da poco uscito dal baratro dell’alcolismo e le sue condizioni economiche non sono delle migliori. Solo il conforto della sua compagna Tess Gallagher lo convincono ad accettare le condizioni di Lish (il cui contratto alla Knopf gli permetteva di metter mano su qualunque testo e di editarlo a suo piacimento) e pubblicare i racconti originali in Cattedrale e nell’autoantologia Da dove sto chiamando (1988).
Tra lo scrittore e il suo editor ci fu anche una vera e propria corrispondenza epistolare, un anno prima della pubblicazione della raccolta. Se si leggono le lettere che Carver scrive a Gordon si nota come si passa dall’entusiasmo iniziale alla rassegnazione vera e propria. Se il 10 maggio del 1980 Carver scriveva per il suo editor tali parole:
Voglio che i racconti siano i migliori possibili e che durino nel tempo. Non ho mai immaginato di arricchirmi o di guadagnarmi da vivere scrivendo poesie e racconti. (…) Quindi dai pure gas e procedi a tutta birra.
non passa molto tempo prima che, alla vigilia del completamento della raccolta Cattedrale, lo scrittore sembri voler “rimproverare” in un certo senso Gordon Lish, colpevole di aver permesso alla critica di appellarlo con il titolo di “padre del minimalismo americano“. Per Raymond Carver si tratta di un’etichetta con cui conviverà malvolentieri fino alla fine dei suoi giorni.
Però una cosa è sicura. I racconti di questa raccolta saranno più pieni di quelli dei libri precedenti. (…) Però so che tra questi 14 o 15 racconti che ti darò ce ne sono alcuni che ti faranno arricciare il naso, che non coincideranno con l’idea che la gente si è fatta di come deve essere un racconto di Carver – e per gente intendo te, me, i lettori in genere, i critici.
Principianti. Sprazzi di vita quotidiana e rassegnata
Il lettore che si trova faccia a faccia con un racconto di Raymond Carver ha la garanzia che mai si troverà davanti a narrazioni fantomatiche o surreali. Quello che troverà sarà nient’altro che la realtà, la vita nella sua rappresentazione più sincera.
Principianti non è da meno. I protagonisti sono uomini e donne stanchi e disillusi, inseriti in un contesto di litigi, separazioni, crisi familiari e solitudine. Nel giro di poche pagine noi entriamo dentro quelle vite e le scrutiamo attraverso una finestra invisibile in un modo all’apparenza distaccato, ma con la coscienza che quei uomini e quelle donne potremmo essere tranquillamente noi.
A Carver interessa poco il flusso degli eventi politici (ci troviamo negli anni ’80, anni in cui l’America vive l’età di Ronald Reagan). Predilige gli eventi quotidiani alla Storia, il gradino più basso a quello più alto, i problemi della piccola umanità a quelli universali (come nel capolavoro Una cosa piccola ma buona). Tutto questo si avvale di uno stile semplice e lineare, ma non per questo meno poetico e suggestivo.
Bere, litigare, amare.
I racconti di Principianti sono caratterizzati dal fatto che presentino precisi elementi che li legano tra di loro. Il primo di questi è l’alcol. Gli uomini e le donne carveriani hanno sempre un bicchiere di gin, una bottiglia di vodka o una lattina di birra in mano. L’importante è bere, non tanto per dimenticare i propri problemi quanto per il piacere di farlo.
Strana cosa, il bere. Se ci ripenso, tutte le nostre decisioni più importanti sono state prese mentre bevevamo. Anche quando discutevamo del fatto che dovevamo bere di meno, ce ne stavamo seduti al tavolo di cucina oppure a un tavolo da picnic nel parco con davanti sei lattine di birra o una bottiglia di whiskey.
(Gazebo)
A sua volta, l’alcol introduce anche l’altro tema cardine di questi racconti: il litigio. A questo, spesso, segue la separazione.
Carver ci mostra coppie in crisi che si gonfiano fino ad esplodere e che manifestano tutta la rabbia repressa. Può capitare di trovarci proprio nel bel mezzo della discussione, come nel lapidario Mio e nel conclusivo Un’altra cosa, o anche dopo di essa e vedere le conseguenze che arreca come in Perché non ballate? . La cosa curiosa è che Carver descrive tutti questi litigi sempre dalla parte maschile, dando a questa il ruolo di carnefice. Gli uomini di Principianti non spiccano di certo per doti umane. Anzi, rasentano spesso la follia.
Due esempi su tutti: La torta e Dì alle donne che usciamo. Da un lato un marito divorziato che tenta di dare fuoco alla casa dell’ ex moglie il giorno di natale. Dall’altro un quarantenne che, esasperato dalla cappa di quotidianità in cui vive, compie un giro in auto e importuna due giovani ragazze e arriva addirittura ad uccidere a sassate una di esse nei pressi di un fiume.
Non possiamo però tralasciare Principianti, il racconto che dà il nome alla raccolta e che, in un certo senso, rappresenta quasi una riflessione sull’altro tema principale trattato da Raymond Carver: l’amore. Così, in una specie di simposio, osserviamo due coppie di marito e moglie seduti attorno al tavolo di una cucina che, tra una bevuta e l’altra, si scambiano le proprie storie. Ad un certo punto, uno dei protagonisti compie questa riflessione:
-In effetti che ne sappiamo noi dell’amore?-(…) Ma, secondo me, siamo tutti nient’altro che principianti, in fatto di amore. Diciamo di amarci e magari è vero, non ne dubito. Ci amiamo a vicenda e ci amiamo forte, tutti noi. (…) Sapete, no, di che tipo di amore parlo? Dell’amore fisico, quell’attrazione verso l’altro, verso il proprio compagno, e anche del semplice amore di tutti i giorni (…) Ma a volte ho grosse difficoltà a fare i conti con il fatto che devo aver amato anche la mia prima moglie. Però è vero, lo so che è vero. (…) Che cosa è successo a quell’amore? È stato semplicemente cancellato dalla grande lavagna, come se non ci fosse mai stato scritto, come se non fosse mai successo? (…)
Questa riflessione viene da un semplice uomo seduto in cucina. Un uomo sicuramente ubriaco, ma che sembra delineare apertamente il concetto che Carver ha dell’amore. Un qualcosa che tutti crediamo di saper addomesticare e controllare, ma in realtà è tutto il contrario. Per Carver l’amore è una parabola che si espande e che poi crolla drammaticamente e si schianta al suolo in tutta la propria malinconia, senza alcuna sfumatura di romanticisimo patetico. In fin dei conti è quello che succede anche nella vita vera, quella non immortalata su carta.
Ciro Gianluigi Barbato
Bibliografia
Carver R. – Principianti (Introduzione a cura di Paolo Giordano) – Einaudi