Tutti noi siamo abituati alla presenza di piante nella nostra vita. Alberi, fiori, felci sono i nostri preziosi donatori di ossigeno e parte del nostro ecosistema, oltre che inconfondibili elementi del paesaggio. Eppure il nostro pianeta non è sempre stato verde.
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Prima delle piante
Le piante si sono evolute da organismi unicellulari fotoautotrofi, ossia in grado di produrre da sé molecole da cui ricavare nutrimento grazie all’energia della luce del Sole.
Già oltre 2 miliardi di anni fa le prime alghe unicellulari cominciarono a colonizzare i mari della Terra e a cambiarne l’atmosfera, assorbendo CO2 e rilasciando O2. Dalle alghe verdi, e più precisamente dalle Charales, si sono poi evolute le piante terrestri.
Le piante nel primo Paleozoico
Il primo fossile ricondotto ad una pianta terrestre è quello di Parka decipiens, probabilmente una pianta epatica che viveva in zone soggette a disseccamenti intermittenti, per cui aveva delle strutture che rilasciavano spore nei periodi aridi. Parka decipiens era molto simile ad un’alga e priva di strutture vascolari per il trasporto delle sostanze nutritive.
Le prime piante con un sistema vascolare comparvero nel Siluriano Medio, circa 428 milioni di anni fa. Queste appartenevano ad un gruppo oggi estinto, quello delle Rhyniophyta. Le riniofite come Cooksonia o Rhynia erano caratterizzati da piccoli fusti alti pochi cm e ramificazioni dicotomizzanti, ossia che biforcavano in due ramificazioni più piccole. Le piante iniziarono a formare i primi suoli e permisero agli animali di cominciare il loro processo di colonizzazione della terraferma, offrendo loro cibo e riparo.
Nel Devoniano, a partire da 400 milioni di anni fa, comparvero invece:
- le felci, come Rhacophyton, che erano ancora legate alla riproduzione tramite spore ed erano il gruppo dominante
- le gimnosperme, ossia le piante a seme
- le pteridosperme, un gruppo che univa caratteristiche sia delle une che delle altre. Queste avevano foglie simili alle felci, ma producevano semi esattamente come le gimnosperme. Le pteridosperme prosperarono fino alla fine del Paleozoico, quando poi si estinsero.
L’esplosione carbonifera e l’estinzione permiana
Il Carbonifero fu caratterizzato da enormi foreste paludose di gigantesche piante, sfenofite e Lepidodendrales. Queste ultime potevano superare i 30 m di altezza e vivevano presso acque anaerobiche, che favorivano il processo di carbonizzazione (da qui il nome Carbonifero). Le Lepidodendrales, come Lepidodendron, avevano sul fusto delle caratteristiche cicatrici, causate dalle foglie che cadevano, che dava al loro tronco un aspetto “a scaglie”. Queste enormi foreste provocarono un picco dell’O2 nell’atmosfera, intorno al 35%. Essendo l’ossigeno un combustibile naturale, in questo periodo vi erano continui e devastanti incendi che potevano durare per mesi. Alla fine del Carbonifero vi fu una glaciazione che portò all’estinzione di questi giganti vegetali.
Nel Permiano il clima si inaridì e questo fu un motore per la comparsa di piante adattate ad una vita senza grande disponibilità di acqua. Si diversificarono così le conifere, le cicadee, le Ginkgoales, mentre vi erano estese foreste di pteridosperme a latitudini più alte, soprattutto di Glossopteris. Alla fine del Permiano, 251 milioni di anni fa, vi fu la più grande estinzione di massa mai subita dalla vita terrestre, con l’estinzione del 95% delle specie viventi.
Le piante nel Mesozoico
Nel Triassico Medio, circa 245 milioni di anni fa, finalmente vi fu una ripresa della vegetazione grazie ad un clima più umido. Le conifere erano molto diffuse nei climi tropicali, e nacquero dei gruppi di piante enigmatiche oggi estinte. Nel Triassico comparvero anche le prime piante a fiore, ma rimasero poche e poco diversificate.
Il Giurassico fu invece l’epoca di cicadee e Bennettitales, forse i progenitori delle piante a fiore. Questo gruppo, importante fonte di cibo per i grossi dinosauri vegetariani dell’epoca, aveva una struttura riproduttiva simile ad un fiore, ma che poteva solo permettere autofecondazione, impedendo lo scambio genetico, importante per l’adattamento e la sopravvivenza degli organismi (in copertina un’immagine di una ricostruzione di foresta giurassica).
Per questo motivo, quando nel Cretacico vi fu l’esplosione delle angiosperme, le piante a fiore, le Bennettitales non ressero la competizione e si estinsero.
Le piante nel Cenozoico
Dopo l’estinzione cretacica di 65 milioni di anni fa, vi fu un breve ritorno alla dominanza delle felci, dopodiché, grazie alle forti piogge del Nord America e un clima caldo, vi fu la formazione delle foreste equatoriali che conosciamo ancora oggi, dominate dalle piante a fiore, come le mangrovie.
Nel Miocene vi fu un’importante novità nel mondo vegetale: comparve l’erba, che diede vita alle grandi praterie, complici della diversificazione dei grandi mammiferi.
Le glaciazioni del Quaternario provocarono l’estinzione o la relegazione in ambienti di nicchia di alcuni gruppi di piante. Inoltre è alla fine di questo periodo che compare l’uomo, che inizia a modificare la vegetazione.
L’uomo usa le piante per costruire, per nutrirsi, per decorare. Per farlo, ha disboscato le foreste, creato pascoli, importato specie in luoghi dove prima non esistevano e provocato l’estinzione di piante rare. L’uomo si comporta come se le cose del mondo gli appartenessero e siano infinite, devastando in pochi giorni le grandi foreste che hanno impiegato milioni di anni per formarsi.
La speranza è che, sempre l’uomo, si renda conto per tempo che, senza i grandi polmoni verdi della Terra, senza più O2, lui stesso sarà vittima delle proprie azioni.
Lucrezia Guarino
Bibliografia
Cleal, Thomas, “Introduction to plant fossils“, Cambridge