Pellicola cinematografica in grado di raccontare perfettamente la tragedia della seconda guerra mondiale, Schindler’s list (1993) è tratta dall’omonimo libro dello scrittore australiano Thomas Keneally, a sua volta basato su una storia vera. Il film si aggiudica ben 7 premi oscar e 2 golden globe consacrando definitivamente Steven Spielberg tra i maestri del cinema. Le immagini scorrono in bianco e nero come in un documentario donando al racconto un alone di tristezza ancora maggiore.
L’unica nota di colore è uno sgargiante cappotto rosso indossato da una bambina, simbolo di una flebile fiammella di speranza tenuta faticosamente accesa all’interno di un mondo grigio che assiste impotente alla shoah. Schindler’s list copre una durata di duecento drammatici minuti e vanta la presenza di attori del calibro del protagonista Liam Neeson e di Ralph Fiennes. Gran parte degli interpreti e delle comparse, per espresso volere del regista, è costituito da uomini e donne di nazionalità tedesca e fede ebraica. Struggenti musiche fungono da perfetta colonna sonora per la pellicola.
La pietà attraverso la maschera del magnate capitalista
Il tedesco Oskar Schindler (Liam Neeson) è proprietario di una fabbrica che costruisce armi, ama la bella vita e gode di amicizie assai influenti. Fiutando l’opportunità di arricchirsi ulteriormente con l’imminente scoppio della guerra decide di entrare in affari con esponenti del regime nazional-socialista. Allo stesso tempo viene però mosso a compassione dalle persecuzioni nei confronti degli ebrei, decidendo di assumerne il maggior numero possibile come operai per garantir loro protezione. Tra questi figurano anche molte donne e bambini. Con l’ausilio del fidato segretario Itzhak Stern (Ben Kingsley) Schindler compila quindi una lunghissima lista nella quale figurano i nomi di quasi milleduecento ebrei.
Schindler non si pone limitazioni economiche e arriva a corrompere diversi generali nazisti pur di aggiudicarsi le prestazioni dei papabili dipendenti. La continua ricerca di personale lo porta a sperperare il suo intero patrimonio e ad entrare in conflitto con diversi esponenti militari, tra i quali l’alto ufficiale delle SS Amon Goeth. L’ufficiale cede però al fascino del magnate finendo col vendergli alcuni prigioniri del suo campo di concentramento.
Per buona parte del film Schindler nasconde la sua umanità dietro la fredda maschera del padrone capitalista intenzionato soltanto a speculare sulle insignificanti vite ebree. Dinanzi ai nazisti egli appare un glaciale industriale armaiolo che cerca di incrementare le proprie ricchezze a discapito di operai privati di qualsiasi diritto. Il trovarsi a vivere sul confine tra due fuochi pone il protagonista nella condizione di dover recitare, per sopravvivere e portare avanti il proprio progetto, il ruolo del “cattivo”. Egli è inoltre costretto a non mostrarsi troppo buono neanche all’interno della fabbrica per non attirarsi pericolose antipatie.
Schindler’s list: il valore del singolo
Nel finale, dopo la vittoria alleata, centinaia di ebrei si raduneranno per omaggiare il proprio eroico salvatore. L’industriale però, nonostante la commozione, si maledirà per non aver fatto abbastanza. Schindler riceverà poi in dono dagli ex-dipendenti un anello forgiato in oro, con incisa una famosa citazione del Talmud:
«Colui che salva una vita salva il mondo intero».
Questa frase sigilla in modo degno la pellicola spingendo lo spettatore ad un ulteriore riflessione. Anche in un mondo apparentemente senza speranza, infatti, un singolo uomo può fare la differenza.
Davide Gallo