Sindrome di Alice: quando il nostro cervello distorce la realtà

La sindrome di Alice (o sindrome di Todd) prende il nome da Alice in Wonderland (in italiano Alice nel Paese delle Meraviglie), noto romanzo di fantasia del 1865 scritto da Lewis Carroll. Il racconto si caratterizza per eventi assurdi e personaggi bizzarri, i quali hanno contribuito all’enorme successo del romanzo e delle sue trasposizioni cinematografiche.

La sindrome di Alice è una manifestazione neurologica che si manifesta con deformazione della percezione del proprio corpo o del mondo esterno. L’analogia con l’episodio di Alice che dopo aver bevuto una pozione modifica le proprie dimensioni ha quindi stimolato la fantasia degli scienziati che hanno coniato il nome per questa condizione.

Le aree di Brodmann

Il cervello umano è stato suddiviso anatomicamente e funzionalmente in vari settori in maniera sempre più precisa. La prima suddivisione è quella in lobi: frontale, temporale, parietale e occipitale.

Lo scienziato tedesco Korbinian Brodmann descrisse all’inizio del ‘900 circa 50 aree cerebrali, le aree di Brodmann, che ancora oggi rappresentano un riferimento per la neuroanatomia. Tali aree rappresentano centri definiti da una specifica funzione nervosa: esistono aree deputate specificamente all’elaborazione dei segnali uditivi, altre per quelli visivi, altre per il controllo del movimento eccetera.

aree di Brodmann
aree di Brodmann

Tali conoscenze derivano dall’esperienza diretta o sperimentale delle conseguenze di un danno limitato a determinate aree cerebrali. Paradigmatico è il caso di Phineas Gage, grazie al quale si è scoperto l’importanza delle aree prefrontali nel controllo degli impulsi e delle emozioni.

Queste premesse sono necessarie per comprendere i bizzarri sintomi che troviamo nella sindrome di Alice.

Aree associative parietali

Il lobo parietale è soprattutto costituito dall’area somatosensoriale primaria (aree 1, 2 e 3 di Brodmann), deputate all’elaborazione degli stimoli sensitivi tattili epicritici (cioè quelli che noi riusciamo a discriminare precisamente). Tuttavia ci sono anche aree nel lobo parietale che vengono dette aree associative parietali. Le aree associative sono appunto aree che mettono in comunicazione i diversi centri della corteccia cerebrale, e la loro funzione è fondamentale per integrare fra loro stimoli di natura diversa (ad es. suoni con immagini) al fine di avere una rappresentazione cerebrale unitaria.

In particolare le aree associative parietali superiori (aree 5 e 7) e inferiori (39 e 40) sono le aree principalmente coinvolte nella Sindrome di Alice. In particolare le aree 39 e 40 di destra sono fondamentali per la cognizione dello schema corporeo, cioè della rappresentazione mentale che ognuno di noi ha a proposito del proprio corpo (aspetto, proporzioni, armonia fisica).

Aree associative occipitali

Oltre alle aree suddette, anche le aree associative del lobo occipitale possono essere coinvolte nella sindrome di Alice. Il lobo occipitale accoglie l’area visiva primaria, il cui ruolo è elaborare gli stimoli visivi. Le aree associative occipitali (aree visive secondarie) servono per integrare le informazioni visive con gli stimoli nervosi di altra natura.

Illusione di metamorfosi

Quando le aree associative suddette vengono attivate in maniera impropria ed eccessiva avvengono delle anomalie percettive che caratterizzano dal Sindrome di Alice. A seconda dell’area attivata si potrà avere l’illusione di vedere oggetti più grandi o più piccoli del normale (aree occipitali) oppure di percepire ingrandimento o rimpicciolimento del proprio corpo (aree parietali).

Le cause della sindrome di Alice

Gli stimoli che possono attivare impropriamente queste aree sono molteplici. In primis l’epilessia parziale (cioè un’improvvisa e incontrollata scarica neuronale sincrona) è una delle possibili cause della sindrome di Alice; tuttavia qualsiasi altro agente capace di irritare le aree suddette (ad es tumori ma anche encefaliti infettive) può riprodurre la sindrome.

Il ruolo degli allucinogeni

Studiando gli effetti neurofisiologici di alcuni allucinogeni come l’LSD, si è visto che tra le varie aree attivate compaiono le aree associative prima descritte. Alcuni autori hanno descritto un caso di Disturbo persistente di percezione da allucinogeni (HPPD) dopo consumo sporadico di LSD, che riproduceva alcune manifestazioni tipiche della sindrome di Alice.

Ciò può rafforzare l’idea che le vie nervose stimolate dall’LSD siano analoghe a quelle che si attivano nella sindrome.

Trattamento

La terapia più efficace nel prevenire le manifestazioni allucinanti della sindrome di Alice è quella che riesce a trattare la condizione alla base. Di conseguenza una sindrome epilettogena si gioverà di farmaci antiepilettici o eventualmente dell’intervento neurochirurgico se possibile; analogamente se il responsabile è un tumore questo dovrà essere asportato.

Antonio Spiezia

Bibliografia

Bonavita V., Di Iorio G., Neurologia clinica – Diagnosi e terapia, Edizioni Medico Scientifiche, 2007

Chiò A.,Durelli L., Lopiano L., Mauro A., Mutani R., Il Bergamini di Neurologia, Edizioni Libreria Cortina Torino, 2012

Sitografia

https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0960982216300628

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