L’Europa del Cinquecento era un intreccio di contrasti politici e tensioni religiose. Sin dalla Riforma di Lutero il mondo protestante era diventato sempre più articolato e questo aveva creato scontri con la Chiesa di Roma e con il mondo politico. Il vecchio continente si era diviso tra paesi cattolici e riformati, il che aveva comportato sanguinose repressioni per chi non si confaceva alla religione designata. In Francia più che in altri Paesi si ebbero gli scontri più duri, che culminarono nelle “guerre di religione”.
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Conflitti politici e crisi dinastiche
Nella seconda metà del secolo la Francia dovette attraversare un lungo periodo di instabilità politica dovuta alla morte di Enrico II, che aveva lasciato solo figli maschi minorenni. La moglie di Enrico, Caterina de’ Medici, seppur abile e capace politicamente, non era ben vista dal popolo francese soprattutto per la sua origine italiana e il suo gusto per il lusso. I figli di Caterina ed Enrico si trovavano in una situazione altrettanto difficile, per la loro età e debolezza politica.
La casa regnante dovette quindi fronteggiare gli attacchi dei nobili che volevano accrescere il loro potere; in più il ramo principale della famiglia, i Valois, rischiavano l’estinzione della dinastia per mancanza di eredi.
La fede come schieramento politico
A questo quadro politico vanno aggiunti i tasselli riguardanti la fede religiosa. In Francia i gruppi riformati uscirono dalla clandestinità, sotto spinta di Calvino, per dare vita a Chiese di impianto sinodale. In particolare i calvinisti raggiunsero tra il 10 e il 20% della la popolazione e ogni strato sociale. L’emergere di questi nuovi fedeli però contravveniva alla politica dei re di Francia: un solo re, una sola legge, una sola fede.
Costoro furono duramente avversati dalla corona, come tutto ciò che proveniva dalla Riforma. A questo punto bisogna considerare che la Francia aveva un’indipendenza maggiore rispetto agli altri Paesi dalla Chiesa Cattolica. Ciò limitava quindi la repressione da parte della Chiesa e bloccò l’introduzione dell’Inquisizione romana, perciò questi compiti furono lasciati al regnante.
In questo scenario politico aderire ad una fede non era una questione privata, ma dichiarava apertamente la fazione di appartenenza. Essere calvinisti voleva dire essere avversi al potere regio. Difatti il calvinismo contemplava il tirannicidio, quando un governo era falso di ingiusto. Era una forma di eversione verso il potere.
In questo periodo i calvinisti vennero chiamati ugonotti, termine ripreso dal tedesco Eidgenossen, che vuol dire “confederati”, “congiurati”, per sottolineare la loro propensione alla rivolta. A capo della fazione ugonotta in un primo tempo si propose l’ammiraglio Coligny, ma fu in realtà il re di Navarra Enrico di Borbone il vero fulcro della fazione, anche perché facente parte di un ramo collaterale della famiglia regnante.
Le guerre di religione
A guida dei cattolici intransigenti c’era Enrico di Guisa, tutore e zio del re quindicenne Francesco II. Caterina, cattolica, cercava di destreggiarsi per bilanciare i delicatissimi equilibri, anche dopo la morte di Francesco e l’ascesa dell’altro figlio Carlo IX. Nel 1562 venne emanato l’editto di Saint Germain, che concedeva libertà di coscienza e limitata libertà di culto, proposto come una soluzione ai conflitti. In realtà fu solo il principio. Nello stesso anno i cattolici intransigenti compirono un eccidio a Wassy: fu l’inizio delle guerre di religione.
Le guerre di religione si consumarono tra il 1562 e il 1598. Fu un periodo complesso, che vide succedersi varie fasi altalenanti: si susseguivano assalti cruenti e tentativi di riappacificazione, come il secondo editto di Saint Germain del 1570 che però non fu sufficientemente efficace. Mano a mano che procedeva, l’eco del conflitto si espanse fino ad uscire ai confini nazionali: gli ugonotti furono appoggiati da Inghilterra, Ginevra e principi luterani, mentre i cattolici erano sostenuti da Spagna e Papato.
La notte di San Bartolomeo
Un episodio molto noto è quello della notte di San Bartolomeo. Un gran numero di ugonotti si erano recati a Parigi per celebrare le nozze tra Enrico di Borbone, loro leader, e la figlia di Caterina, Margherita. Questa unione fu una scelta di Caterina perché, impaurita dalla vicinanza sempre maggiore tra Spagna ed Enrico di Guisa, cercava di riportare la Francia in un’ottica anti-spagnola (come era sempre stato).
Nella notte tra il 24 e il 25 agosto l’ammiraglio di Coligny venne ucciso da un servitore di Enrico di Guisa, forse per una trama ordita da Caterina stessa. Oltre a lui tutti gli ugonotti e i protestanti in città seguirono il suo triste destino per mano della fazione cattolica.
La guerra dei “tre Enrichi”
L’ultima fase, che concluse le guerre di religione, è detta “guerra dei tre Enrichi”, questo per il fatto che i tre avversari avevano lo stesso nome, Enrico appunto. Oltre a Enrico di Guisa ed Enrico di Borbone entrò in scena il terzogenito di Caterina succeduto al fratello, Enrico III. La lotta si inasprì particolarmente nel 1584 quando morì l’ultimo figlio di Caterina ed erede designato di Enrico III.
Non ci sarebbero più stati Valois sul trono di Francia. Prossimo nella linea di successione era Enrico di Borbone, in quanto marito della sorella del re. Ciò creò un forte malcontento tra la popolazione che rifiutava un re ugonotto. La Lega Cattolica che nel frattempo si era creata, soprattutto con l’aiuto spagnolo, cacciò Enrico III da Parigi. Nel frattempo, quest’ultimo aveva fatto assassinare Enrico di Guisa e si era momentaneamente alleato con Enrico di Borbone per riconquistare la città, cosa in cui riuscirono.
Il re però, fu egli stesso vittima di un assassinio per mano di un frate domenicano, che lo accusava per la sua alleanza con il calvinista. Rimase così come unico superstite Enrico di Borbone, che divenne re con il nome di Enrico IV.
Gran parte della popolazione però non accettò un re non cattolico. Addirittura Parigi chiuse le porte per impedirgli di entrare. Di fronte a questa situazione, per consentirne lo sblocco, Enrico decise di convertirsi al cattolicesimo. Qui pare che pronunciò la frase “Parigi val bene una messa”.
La fine delle guerre
La fine delle guerre di religione è sancita dall’Editto di Nantes, emanato nel 1598, che consentiva ai calvinisti di professare la loro religione e di praticarla in alcune zone della Francia. Seppur stabilendo il diritto di non poter essere importunati per la propria fede, l’Editto era un atto forzato in nome della ragion di Stato, per impedire ulteriori scontri in futuro. C’era ancora molta strada da fare per accettare la fede come fatto privato, espressione dell’interiorità del singolo, e per arrivare alla liberà religiosa.
Miriam Campopiano