Kawabata Yasunari e il suo “Paese delle nevi”

Kawabata Yasunari è uno degli scrittori giapponesi più importanti e conosciuti anche al di fuori del perimetro nipponico. Nel 1968, infatti, vince il Premio Nobel per la letteratura, diventando il primo scrittore giapponese ad aver ottenuto un riconoscimento internazionale.
Con l’assegnazione del Nobel, però, e per il modo in cui Kawabata stesso ha deciso di presentarsi, si è creata un’immagine cristallizzata dello scrittore ormai dura a rompersi.
Ma Kawabata è davvero soltanto il freddo esteta dalle lunghe descrizioni asettiche e perfette di corpi femminili e di atmosfere sconfinate?

Il movimento dello Shinkankakuha

Come ha riportato Giorgio Amitrano nella sua prefazione al volume dei Meridiani a lui dedicato, anche Kawabata è stato un giovane scrittore dismisura in un mondo di misure.
Forse pochi sanno che, durante gli anni ’20, Kawabata è stato uno dei fondatori dello Shinkankakuha, ovvero la “Scuola della nuova sensibilità”, un movimento modernista dedito a diverse sperimentazioni.
È una corrente che ha risentito molto degli influssi avanguardisti europei, in particolare delle opere di James Joyce e Virginia Woolf.
Era stato proprio Kawabata a sintetizzare i punti del movimento in una sorta di manifesto, citando psicoanalisi, espressionismo e dadaismo:

Facciamo un esempio: lo zucchero è dolce. Finora in letteratura questa sensazione doveva essere trasmessa dalla lingua al cervello, ed era il cervello a scrivere «è dolce». Ma oggi «è dolce» lo scriviamo con la lingua. Un altro esempio: se finora è sempre scritto «i miei occhi hanno visto rose rosse», perché gli occhi e le rose erano elementi distinti, i nuovi scrittori fondono occhi e rose scrivendo «i miei occhi sono rose rosse».

Kawabata YasunariLo Shinkankakuha si costituiva come una sorta di cultura urbana, il cui il tema principale era quello della velocità: la possibilità di muoversi velocemente e, di conseguenza, che tutto cambi più rapidamente. Di conseguenza, bisognava che si adattasse anche il linguaggio, fino ad allora statico.
Un’innovazione della lingua che doveva portare alla comprensione della fluidità, che doveva essere inafferrabile e cambiare nel momento stesso in cui la si leggeva. Non è un caso, quindi, che la scrittura di Kawabata risulti poco intellegibile.
Esempio lampante è Una pagina folle, sceneggiatura per un film sperimentale. Il primo impatto è sicuramente quello visivo: con le sue scarse annotazioni tecniche, il copione sembra quasi un racconto.
O, ancora, i Racconti in un palmo di mano, raccolta che lui continuerà ad aggiornare fino alla sua morte. Più che veri e propri racconti sembrano quasi annotazioni per la loro brevità, la cui scrittura ricorda quasi quella di un haiku.

Kawabata e il suo “Paese delle nevi”

Nel 1934, Kawabata si reca a Yuzawa, nel nord del Giappone, in una locanda invernale. È l’esperienza che gli ispira Il paese delle nevi, pubblicato per la prima volta nel 1936.
È un romanzo per lui importante, e lo capiamo dal fatto che lui continuerà a lavorarci incessantemente, portando continui cambiamenti anche alla trama (se così possiamo definirla) del romanzo in sé. Lo scriverà lentamente, come lento è il ritmo di questo racconto lungo.
La versione definitiva arriva solo nel 1947 e il romanzo viene citato dalla commissione del Nobel come uno dei suoi capolavori.
Dopo la sua lettura, però, alcuni critici hanno avanzato delle critiche a Kawabata, dicendo che lui era il suo protagonista, Shimamura, freddo e indifferente verso le donne. Ma non dobbiamo dimenticare che Kawabata è anche Komako, controparte femminile, passionale e innamorata.
Con queste considerazioni appena fatte, proviamo a leggere, ora, Il paese delle nevi con una nuova ottica e una prospettiva diversa.
Il suo incipit, allora, ci apparirà già in un’altra forma:

Usciti dalla lunga galleria di confine, si era già nel paese delle nevi. Il fondo della notte si tinse di bianco. Il treno si fermò alla stazione di scambio.

Il libro si apre proiettando il lettore in un luogo tutto bianco e incantato, quasi come se si entrasse in un mondo a parte, reso ancora più misterioso e ovattato per la presenza della neve, dove i legami sono più labili.
L’atmosfera surreale continua ancora con il primo incontro tra Shimamura e Yōko. Non dura poco più di attimi, ma una volta letto questo passaggio, difficilmente ne incontreremo un altro di una bellezza simile.

Egli lo [il dito] avvicinò al naso e provò ad annusarlo, poi distrattamente tracciò con esso una linea sul finestrino e all’improvviso in quel punto affiorò nitido un occhio femminile.  Ne fu così sorpreso che quasi gli sfuggì un grido. Ma si era perso nelle sue fantasticherie, e quando tornò in sé capì che si trattava solo del riflesso della donna seduta dal lato opposto. Fuori scendeva la sera e nel treno si erano accese le luci, trasformando il vetro del finestrino in uno specchio. Ma ricoperto dal vapore, lo specchio era rimasto nascosto fino al momento in cui egli non avi aveva passato sopra il dito.

Kawabata
Scena tratta dal film “Il paese delle nevi”

L’amore di Shimamura per Yōko è tutto qui. È un amore che resterà in stallo, che non può mai spingersi oltre perché legato allo sguardo.
Quando la incontra per la prima volta, in realtà Shimamura vede prima il suo riflesso. È un’immagine quasi spettrale, ma necessaria: per non intaccare la purezza di Yōko, Shimamura deve osservarla attraverso uno specchio.
Passiamo ora direttamente al finale.
Nel luogo dove Shimamura si è recato, divampa un incendio. Il rosso del fuoco si oppone a quello del bianco della neve che aveva predominato fino a quel momento, creando un contrasto visivo fortissimo. Tra le fiamme, si vede cadere una figura dall’alto.
Non diremo chi sia, ma sicuramente diremo che la sua caduta ci viene descritta a rallentatore, in un momento in cui presente e passato sono difficili da distinguere.

Per recuperare l’equilibrio, sollevò lo sguardo, e in quello stesso istante gli sembrò che la Via Lattea scivolasse in lui con un sibilo.

Carmen Borrelli

Bibliografia:
– Romanzi e racconti, Yasunari Kawabata, Meridiani Mondadori, a cura di Giorgio Amitrano;
– La danzatrice di Izu, Yasunari Kawabata;
– Dawn to the west, Donald Keene.