L’evoluzione umana è estremamente affascinante. È la nostra storia, ed è ciò che ci ha portati dalla scimmia ad essere quello che siamo. Alcuni aspetti della nostra evoluzione, però, ci sono ancora oscuri. Sappiamo solo che, a un certo punto, uno scimmione è sceso dagli alberi e ha cominciato a camminare eretto, cambiando aspetto e comportamento. Questo alone di mistero intorno al nostro passato ha dato adito a diverse teorie, molte delle quali strampalate, come una presunta discendenza aliena, ma una di queste si distingue per essere estremamente verosimile: quella della scimmia acquatica.
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La teoria della scimmia acquatica
Nel 1942 il patologo tedesco Max Westenhöfer, e poi nel 1960 lo zoologo britannico sir Alister Hardy, ipotizzarono che l’uomo discendesse da una scimmia acquatica.
I nostri progenitori, com’è ormai assodato, vivevano sugli alberi. Visione binoculare a colori, in associazione con un muso schiacciato e arti robusti con estremità prensili sono caratteristiche tipiche di animali che vivono sugli alberi e si nutrono di oggetti statici e colorati, come i frutti. Tutte caratteristiche che noi umani ancora possediamo e condividiamo con altre scimmie.
Con il progressivo raffreddamento del Neogene, le foreste iniziarono a sparire per fare spazio alle grandi savane, costringendo i nostri progenitori a trovare nuovi habitat.
Il clima della savana è però estremamente caldo ed arido. Ed è qui che entra in gioco la teoria della scimmia acquatica: per sfuggire alla soffocante aridità di questi nuovi ambienti, un gruppo di primati si sarebbe spostato in ambiente acquatico, adattando il proprio corpo alle esigenze di questo nuovo habitat, e ritornando poi in forma completamente umana sulla terraferma.
Tesi a favore della scimmia acquatica
Le tesi a favore della scimmia acquatica sono molteplici.
L’uomo ha subito, rispetto alla scimmia, un processo di neotenia, ossia mantiene alcune caratteristiche infantili: questo spiega la presenza di un muso più “schiacciato” rispetto a quello di uno scimpanzè adulto, o il notevole allungamento del periodo di apprendimento (o anche “infanzia”), o la quasi totale assenza del pelo. Questo processo però ci spiega il “come” si è arrivati ad una determinata forma, e non il perché, né quali vantaggi queste nuove caratteristiche abbiano portato.
Con la teoria della scimmia acquatica, si spiegano parecchi aspetti ancora poco chiari della fisiologia umana, come:
- la forma affusolata del corpo umano
- l’assenza di pelliccia, se non nelle zone esposte fuori dall’acqua (capo)
- la disposizione diagonale della rada peluria residua, che segue il flusso dell’acqua di un corpo che nuota
- uno spesso strato di grasso sottocutaneo, unico tra i primati
- riduzione degli arti anteriori e della lunghezza delle dita
Tutte queste caratteristiche vengono condivise da altri mammiferi acquatici, come foche, cetacei o dugonghi.
Inoltre, questo spiegherebbe perché i neonati sono in grado di nuotare e perché noi ci sentiamo a nostro agio nell’acqua, mentre le altre scimmie antropomorfe annegano rapidamente.
Anche la sensibilità della nostra mano può essere una tesi a favore. Non è necessaria una particolare sensibilità o accuratezza nei movimenti per mantenere pietre o bastoni, ma è fondamentale per ricercare il cibo in ambiente acquatico.
Ancora, si crede che una dieta ricca di Omega-3 data da pesci e molluschi abbia contribuito allo sviluppo del cervello umano e della memoria a lungo termine.
Tesi a sfavore della scimmia acquatica
Non esistono tesi a sfavore della teoria della scimmia acquatica. Semplicemente non esistono prove dirette in grado di cementarla. Nessun fossile, nessun reperto. In assenza di prove, bisogna accettare questa teoria puramente per fede. Per questo motivo, nella comunità scientifica, non viene tenuta in considerazione.
È una teoria estremamente intrigante, che, finché non potrà essere smentita con riscontri effettivi, ci permetterà di sognare che l’uomo sia stato, un tempo ormai lontano, una guizzante scimmia acquatica che nuotava libera come un delfino.
Lucrezia Guarino
Bibliografia
R. Bender, P.V. Tobias, N. Bender, “The Savannah hypotheses: origin, reception and impact on paleoanthropology”
Desmond Morris, “La scimmia nuda“, Bompiani