Per capire in quale vespaio abbiamo infilato le mani decidendo di parlare di scontro delle civiltà basta guardare la foto di copertina. Si tratta delle riconoscibili immagini degli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001. Quel tremendo giorno, il tema dello scontro delle civiltà, evocato per la prima volta quasi dieci anni prima, sembrò tornare prepotentemente alla ribalta.
Il suo teorizzatore, il politologo statunitense Samuel Huntington, lo aveva formulato per la prima volta in un articolo del 1993. Le reazioni che aveva suscitato erano state tali e tante da spingerlo ad ampliare la sua riflessione in un libro, “Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale”, pubblicato tre anni dopo. In entrambe le opere, la tesi di Huntington era semplice ma incisiva:
“A mio parere, la fonte principale di conflitto del nuovo mondo non sarà né principalmente ideologica né economica. Le grandi divisioni tra gli esseri umani e le fonti di conflitto più importanti saranno culturali. Gli Stati nazione resteranno gli attori principe dello scenario globale, ma i principali conflitti della politica mondiale avverranno tra nazioni e gruppi di civiltà diverse. Lo scontro delle civiltà dominerà la politica globale. Le linee di faglia tra civiltà saranno i fronti di battaglia del futuro.”
All’epoca della sua pubblicazione, e cioè immediatamente dopo la fine della Guerra Fredda, tale teoria era stata pesantemente criticata, in quanto mal si accordava con l’ottimismo di quell’epoca. Gli eventi successivi, invece, dall’11 settembre fino alle recenti ondate di attentati islamisti contro l’Occidente, hanno improvvisamente restituito notorietà all’analisi di Huntigton.
Naturalmente, come ben si può intuire, la materia in questione si presta facilmente a manipolazioni ideologiche e politiche. In questa sede cercheremo di evitare di cadere in simili dinamiche, trattando l’argomentazione con finalità divulgative.
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Che cos’è una civiltà
Per trattare di “scontro delle civiltà”, però, dovremmo prima di tutto identificare cosa si intenda con questa espressione. La parola italiana è una traduzione dell’originale inglese “civilizations”. Ora, tale vocabolo, proprio come il suo corrispondente nostrano, può avere una vasta gamma di accezioni. Nel dizionario Treccani la definizione di “civiltà” è la seguente:
“La forma particolare con cui si manifesta la vita materiale, sociale e spirituale d’un popolo.”
Sotto questo termine, pertanto, possono rientrare una miriade di caratteristiche, da quelle più marcatamente socio-culturali a quelle economico-politiche. Sulla stessa linea l’omologo inglese “civilization”, indica anche:
“una società, la sua cultura e il suo stile di vita durante un particolare periodo di tempo o in una determinata parte del mondo.”
Se vogliamo parlare di scontro delle civiltà, quindi, dobbiamo prima di tutto identificare le varie civiltà che si daranno battaglia. Ebbene, a fronte della complessità del concetto in questione, l’analisi di Huntington appare estremamente riduttiva nel momento in cui egli sembra individuare, come fattore determinante di una civiltà, soltanto la religione.
Da un lato, ciò può sicuramente avere degli elementi condivisibili: pensiamo alla nostra percezione, ad esempio, di Occidente e Islam. Dall’altro, però, è lo stesso Huntington a riconoscere i limiti di una siffatta analisi. Ad esempio, essa ci impedirebbe di parlare di una civiltà africana, in quanto una religione ampiamente condivisa dai popoli del Continente Nero non esiste. Soprattutto, anche all’interno delle “civiltà” identificate da Huntington non mancano profonde differenze culturali. Da questo punto di vista, quindi, la sua riflessione presenta delle lacune.
I punti di forza dello scontro delle civiltà
L’analisi di Huntigton, tuttavia, ha anche dei punti di forza. Quando, infatti, egli allarga la sua trattazione alle più generali questioni identitarie, sembra cogliere nel segno. Problematiche di questo tipo, infatti, si collocano stabilmente al centro della politica internazionale. Da un lato, ciò non rappresenta una novità assoluta. Esse, infatti, sono state alla base anche di molti conflitti del passato. Dall’altro, tuttavia, è anche vero che le tensioni e i conflitti di natura identitaria sembrano ben legarsi a temi tipici della nostra epoca. Pensiamo solo alla globalizzazione, alla crisi delle certezze, alle guerre civili e così via. È indubbio, ad esempio, che il fondamentalismo religioso stia tornando a giocare, negli ultimi anni, un ruolo sempre più marcato nelle nostre società.
In definitiva, lo scontro delle civiltà può avere un senso se usiamo un concetto di civiltà molto flessibile. Ad esempio, all’interno dell’Islam esistono a loro volta divisioni secolari. La guerra tra Iraq e Iran del 1980-1988 può essere vista come un conflitto tra uno Stato sunnita e la principale potenza sciita. Lo stesso vale, ovviamente, per l’Occidente: basti pensare alle guerre mondiali, in particolare la prima, quando i tedeschi venivano rappresentati dalla propaganda nemica come barbari e nemici della civiltà umana.
La paradossale conclusione, quindi, potrebbe essere che ogni conflitto che coinvolga una questione di natura identitaria può essere visto come una forma di scontro delle civiltà. Sta all’analista, poi, stabilire se le motivazioni di questo tipo siano primarie o meno rispetto a fattori di natura più politica o economica. Un esempio al riguardo è rappresentato dalla suddetta guerra tra Iran e Iraq: va vista come un confronto tra sunniti e sciiti o, piuttosto, come quello tra uno Stato secolarista e filosovietico e una teocrazia sciaraitica non allineata?
Francesco Robustelli
Bibliografia
Jackson, Sørensen, Relazioni internazionali, 2013, it.EGEA, 2014
Huntington, “Lo scontro delle civiltà?”, 1993, testo orig. www.foreignaffairs.com
Oxford Advanced Learner’s Dictionary, ed. Oxford University Press, 8° edizione, 2010
AA.VV., Nuovi profili storici 2, dal 1650 al 1900, ed.Laterza, 2012