Le impavide parole del protagonista di Quei bravi ragazzi (Goodfellas) racchiudono tutto il senso del film. La pellicola è tratta dal romanzo Il delitto paga bene di Nicholas Pileggi. Martin Scorsese ha letto e poi trasposto sul maxischermo le vicende narrate all’interno delle testimonianze processuali legate al pentito Henry Hill. Due ore e trenta minuti nelle quali lo spettatore viene catapultato all’interno del mondo criminale italo-americano. Il folto cast annovera nomi di primo livello sancendo il binomio vincente formato da Robert De Niro e Joe Pesci. Quest’ultimo spicca nel ruolo del “picciotto” Tommy De Vito che gli varrà l’oscar quale miglior attore non protagonista. Avvincente anche l’interpretazione di Ray Liotta, a suo agio in abiti da gangster. Il resto del cast è composto prevalentemente da attori con sangue italiano.
Quei bravi ragazzi funge quasi da documentario sulla vita della mafia newyorkese, andando ad analizzarne usi, costumi e mentalità, parti di un mondo chiuso ed inaccessibile a terzi. Scorsese non lascia nulla al caso, i personaggi sono così ben caratterizzati da apparire a tratti delle inconsapevoli caricature di loro stessi. Le ambientazioni sembrano voler richiamare alla mente le atmosfere de Il Padrino. I personaggi vivono (e muoiono) dentro il delineato contesto malavitoso abbracciandone ogni minimo aspetto.
Il senso della “famiglia” influenza inevitabilmente gli atteggiamenti dei protagonisti, poiché ad essa risponde ogni loro gesto, criminale o meno. Una famiglia protettiva e asfissiante, che non perdona chi viene meno ai suoi rigidi dettami di omertà e obbedienza. Coloro che ne fanno parte si sentono potenti, intoccabili e pronti a tutto pur di conservarne la sacralità. Coloro i quali osano contraddirne i diktat ne rispondono con la vita.
Henry Hill e quei bravi ragazzi
<< Un giorno un gruppo di ragazzi portò la spesa a mia madre fin dentro casa. E sapete perché? In segno di rispetto >>
New York anno 1955, il ragazzino dal sangue italo-irlandese Henry Hill vive in modeste condizioni nella zona popolare di Brooklyn. Attratto dallo sfarzoso stile di vita manifestato con vanto dai boss locali, decide di entrare nel loro mondo. Inizia la sua escalation criminale partendo da piccoli lavoretti sino a divenire uno tra i maggiori esponenti del crimine organizzato italo-americano.
Il protagonista si sposa, mette su famiglia, frequenta amici criminali e corrompe poliziotti vivendo nel lusso. Tutto ciò giunge a conclusione con l’arresto per possesso di sostanze stupefacenti. Henry Hill sceglie allora di collaborare con la giustizia sciorinando fatti e nomi legati alla sua professione delinquenziale.
Da bravo ragazzo ad uno dei tanti
<< Adesso è tutto finito, questa è la parte più dura. Sono diventato una normale nullità. Vivrò il resto della mia vita come uno stronzo qualsiasi >>
Quei bravi ragazzi viene raccontato dal protagonista in prima persona, ripetendo la tecnica usata nel pluripremiato Forrest Gump, interpretato dall’eccezionale Tom Hanks. Il racconto malavitoso ha luogo nel corso della testimonianza processuale dinanzi a giudice e giuria. L’utilizzo della citata tecnica espositiva permette il crearsi di una notevole empatia tra narratore-protagonista e spettatore. L’ambiente malavitoso, visto e vissuto con gli occhi di Hill, si presenta inizialmente ricco, ammaliante e dal fascino seduttivo, alla portata di chiunque sia disposto a tutto pur di garantirsi il benvolere della “famiglia“. I personaggi, in gran parte di origini italiane, si muovono sopra determinati binari, ma non appena osano discostarsene vengono prontamente castigati.
Giungere a destare un minimo sospetto all’interno della spietata cerchia criminale può costare la vita. Il protagonista commette l’errore di sentirsi talmente invulnerabile dal trascurare gli ordini derivanti dai capi storici. Egli mente di continuo alla stessa moglie, cade preda della droga e spaccia stupefacenti all’insaputa del boss Paul Cicero. Quest’ultimo viene a conoscenza del tradimento non esitando così a voltargli le spalle. Henry, resosi conto che gli amici stanno tramando per assassinarlo, si affida alla giustizia col solo scopo di salvare la propria vita e quella dei suoi propri cari. Al termine del processo l’incallito gangster accetta a malincuore la “caduta nella normalità” che segna la fine del suo potere criminale ed il conseguente inizio di una vita da uomo comune.
Quei bravi ragazzi risulta essere un capolavoro di neorealismo cinematografico plasmato dal genio assoluto di Martin Scorsese. Il film rapisce il pubblico con l’accattivante ritmo impresso al racconto. Scorsese descrive il crimine vissuto come il sogno di un bambino che intravvede in esso la possibilità di realizzarsi sfuggendo alla miseria dell’esistenza popolare. Solo alla fine esso si mostrerà per ciò che realmente è: la più popolare fra le miserie dell’esistenza umana.
Davide Gallo