Il cavaliere oscuro III – Razza Suprema vede il ritorno di Frank Miller nel mondo di Batman. Uscita a quasi 15 anni dal capitolo precedente, Il cavaliere oscuro colpisce ancora (2001-2002), la nuova opera, conclusa nel 2017, lo riprende in continuità diretta. L’entusiasmo per un annuncio del genere era prevedibile e il primo numero ha avuto decine di cover variant. C’è da chiedersi se il risultato sia stato all’altezza delle aspettative. Pur essendo il volume il più corposo, tra quelli dedicati da Miller a Batman, non sembra aver particolarmente colpito per i suoi contenuti.
Razza Suprema: un’occasione mancata
Parlando de Il cavaliere oscuro colpisce ancora, evidenziavo come uno dei problemi principali dell’artista fosse quello di proporre un’opera che potrebbe non incontrare i gusti del pubblico, nonostante il suo valore. Tuttavia, se in quel caso la piattezza di alcuni personaggi o l’eccentricità dello stile si fondavano su un disegno ben preciso, è difficile dire lo stesso di Razza Suprema. Tanto da Frank Miller, quanto dall’altro autore di fama che lo affianca, Brian Azzarello, era legittimo aspettarsi qualcosa di più. La sceneggiatura procede lineare, trainata dai cliffhanger posti alla fine di ciascun episodio. Non ci sono deviazioni, la scrittura non è molto articolata e anche la trovata degli episodi extra non approfondisce molto la materia narrata.
Sul piano visivo, le matite di Andy Kubert attuano una “variazione sul tema” di Miller, combinando modelli massicci e squadrati a linee più morbide e uniformi. Tanto nell’impaginazione quanto nelle splash page e nei dettagli, il piano visivo è sicuramente uno dei punti di forza del fumetto.
Si resta comunque perplessi in alcuni punti. Eduardo Risso, nel capitolo dedicato a Wonder Woman, cerca di emulare lo stile milleriano. Ma, salvo qualche vignetta, la maggior parte delle tavole sorprende per la scarsa qualità.
Confonde anche lo stile grafico altalenante di Miller, autore di quasi tutte le storie extra. Per buona parte di esse l’autore rispolvera addirittura il tratto degli anni ’80. D’impatto anche alcune variant da lui disegnate. Ma osserviamo casi (ad esempio l’episodio dedicato a Baal e Lara) in cui prende brusche scivolate. Non è chiaro se le condizioni di salute dell’autore possano fornire una giustificazione.
Dov’eravamo rimasti
La cornice farsesca e tragicomica del capitolo precedente ci aveva lasciati con un interrogativo intrigante, posto da Superman alla figlia Lara:
«Cosa dobbiamo fare di questo pianeta?».
Razza Suprema, già nel titolo, echeggia proprio questo interrogativo. Ma i punti di contatto con gli episodi precedenti finiscono qui. Sebbene il primo numero attiri l’attenzione, creando una certa tensione narrativa, una lettura complessiva fa sentire la mancanza del Miller graffiante ed eccentrico. Grande assente è, in primis, un qualsiasi filo rosso metanarrativo, che invece innervava le altre sue opere. Il ritorno del cavaliere oscuro era una riflessione sulla gestione del potere, sulla responsabilità, il peso e la tentazione che comporta. Nonché un vero e proprio manifesto del revisionismo supereroistico. Il cavaliere oscuro colpisce ancora, oltre che essere una critica fortemente sarcastica al genere, inscenava una lotta contro il totalitarismo morbido.
In Razza Suprema, non c’è nulla di tutto questo. Sebbene l’andamento della storia non impedisca di arrivare fino in fondo e offra una lettura piacevole, si avverte un senso di mancanza. Ancora una volta Miller fa largo uso della televisione come espediente narrativo, accostandola a fugaci scambi di messaggi via chat, ma la scelta è di mero contorno. Lo spazio è tutto dedicato ad una narrazione lineare e per niente sfumata. La storia inizia e finisce nei canoni più mainstream del settore. Scevro di metafore, questo nuovo Batman milleriano si limita riproporre l’abc dei crossover Marvel o DC. Per ammissione dello stesso autore, è troppo difficile parodiare un’epoca che è parodia di se stessa. Resta spazio solo per la nostalgia.
Razza Suprema: un revival nostalgico
La nostalgia è il vero protagonista. Piuttosto che proiettarsi verso il futuro, ci si ferma pigramente a contemplare il passato. Ma è un ricordo privo di pregnanza, è un semplice riportare alla mente.
Le battute scritte dall’autore restano quasi sempre azzeccate ma, orfane di un contesto in cui risuonare, danno poco spessore ai personaggi. Gli stessi protagonisti, Batman e Superman, appaiono sorprendentemente monolitici, rispetto alla precedente complessità. E il personaggio di Lara delude grandemente. Sebbene avrebbe potuto essere, come accennato, il motore degli eventi, magari in dialettica col padre, risulta invece un personaggio ambiguo e dai tratti vaghi. Solo nelle fasi conclusive la vedremo prendere iniziative, pur restando relegata al ruolo di comprimaria.
L’intera architettura narrativa sembra semplicemente volta a mostrare che i supereroi sono tornati ancora una volta e torneranno sempre. Simbolico, in questo senso, il piccolo percorso catartico di Lanterna Verde.
La stessa “razza suprema” che dà il nome alla saga è una scialba rappresentazione di una minaccia esterna che gli eroi provvederanno a respingere. Ci si poteva aspettare un scontro di ideali tra il più umano dei supereroi e i figli di Krypton, tra chi difende l’umanità nonostante tutto e chi potrebbe rivendicare una superiorità fisica e morale. Ma Razza Suprema scarta a priori queste possibilità, per indulgere in un classico scontro tra (super)buoni e (super)cattivi. Qualsiasi dubbio residuo sull’interpretazione è stroncato dall’epilogo, vero e proprio inno ai supereroi.
Restiamo con l’amaro in bocca. Lo sguardo nostalgico al passato emerge fortemente non solo idealmente, ma anche in alcuni passaggi narrativi, quasi a dimostrare una penuria di idee.
Miller si è già detto al lavoro su un quarto capitolo, scritto e disegnato da lui. C’è da sperare in qualche trovata più accattivante.
Giovanni Di Rienzo