Pur essendo uno dei massimi esponenti della dottrina stoica romana, Epitteto per certi versi se ne discosta, ponendosi addirittura oltre questa. Ripercorrendo alcuni snodi centrali del delle Diatribe e del Manuale, raccolta delle sue lezioni ad opera dell’allievo Arriano, scopriamo diversi punti salienti del suo pensiero.
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Epitteto e lo stoicismo
Di certo non si può parlare di Epitteto senza menzionare lo stoicismo romano che, pur riprendendo i capisaldi di quello greco, mette in luce soprattutto la dimensione spirituale e interiore dell’uomo che egli lega direttamente a Dio. Sono la libertà, la virtù e la razionalità i tre aggettivi intorno ai quali si incentra il pensiero del filosofo, nato nel 50 d.C e vissuto da schiavo per un periodo di tempo imprecisato. L’idea soggiacente tutto l’assetto speculativo è quella tipica dello stoicismo, secondo la quale per raggiungere la felicità si debbono tenere sotto controllo i desideri che turbano l’anima. Ciò è possibile attraverso l’esercizio della virtù, ma non solo.
Epitteto supera la tripartizione stoica tra beni/virtù, mali/vizi e indifferenti, che non rientrano in nessuno dei due (è il caso della vita e della morte). Tralasciando da parte gli indifferenti, dunque, egli così apre il “Manuale”:
“Delle cose, le une sono in nostro potere, le altre non sono in nostro potere. Sono in nostro potere l’opinione, l’impulso, il desiderio, l’avversione […] non sono in nostro potere il corpo, il patrimonio, la reputazione, le cariche”.
Nella prima sfera rientrano allora le cose che dipendono dalle nostre azioni, mentre nella seconda quelle che esistono a prescindere dalle stesse e dunque sono del tutto estranee a noi. Epitteto prosegue con un’esortazione volta ad evitare di perseguire tutte le cose che non sono in nostro potere, poiché la nostra felicità dipende dalla capacità di discostarsi da esse.
È evidente qui un’altra differenza rispetto allo stoicismo classico o a quello di Seneca, che invece affidava alla materia corporea un’imprescindibile importanza, ritenendo che anche l’anima fosse un corpo. Inoltre la bipartizione presentata da Epitteto chiama direttamente in causa un altro concetto fondamentale: la prohairesis.
La prohairesis come “pre-scelta” morale
Il Manuale, che stiamo prendendo in esame, non nasce con l’intento di esporre complessivamente la dottrina filosofica di Epitteto. L’obiettivo di Arriano, che lo compone, è piuttosto quello di presentare i suggerimenti di Epitteto che possono essere subito messi in pratica. Vengono dati già per buoni i postulati omessi che però possono essere rintracciati in altri scritti che riguardano il filosofo. In particolar modo le Diatribe ci aiutano a capire in che modo l’individuo può discernere tra le cose in suo potere e quelle che non lo sono. È necessario cioè soffermarsi sulla “prohairesis”, termine col quale si indica infatti una scelta che sta a monte di tutte le altre. Pertanto, Epitteto concepisce questa nozione soprattutto nella sua accezione morale.
A differenza di quello che potremmo pensare riferendoci al concetto di scelta, in realtà il filosofo non chiama in ballo la volontà dell’uomo quanto piuttosto l’uso della ragione cui quest’ultima viene subordinata. L’eco dell’intellettualismo socratico è evidente: l’uomo commette male solo perché non conosce il bene. Epitteto scrive:
“Qual è la più potente delle realtà? Che cosa risponderò? La facoltà della parola? Non posso, ma: la facoltà della scelta morale, quando è retta. È essa, infatti, che si serve anche della parola e di tutte le altre facoltà sia piccole che grandi. Se la scelta morale è posta rettamente, l’uomo diventa buono, se ha sbagliato orientamento, l’uomo diventa cattivo”.
La prohairesis o scelta morale è dunque quel giudizio originario a partire dal quale l’uomo valuta tutte le altre cose e questo ad Epitteto basta per porre tale facoltà al di sopra di tutto il resto.
Il frammento di Dio nell’uomo
Si associa a questo discorso anche un altro momento della riflessione del filosofo. Epitteto riesce infatti a legare il carattere introspettivo, tipico dello stoicismo romano – rintracciabile soprattutto in Marco Aurelio – con la presenza di Dio. A tal riguardo asserisce:
“Zeus ha posto presso ciascuno di noi, come guardiano, il demone di ciascuno e gli ha affidato la custodia di ognuno di noi; e si tratta di un guardiano insonne e che non si lascia catturare dai sofismi. […] Perciò, quando chiudere le porte e fate il buio dentro, rammentate di non dire mai che siete soli; infatti non lo siete, dentro di voi c’è Dio.”
Vivere in conformità con la scelta morale significa assecondare cioè il demone che vive dentro di noi ed essere liberi. Questo spiega perché, pur non essendo cristiano, Epitteto sia stato utilizzato spesso per spiegare la dottrina cristiana. Nella sua visione, infatti, Dio è un frammento dell’uomo.
Il lascito di Epitteto
I cristiani non sono però gli unici ad essersi serviti del pensiero di Epitteto per trasmettere determinati valori. Basti pensare al fatto che è Giacomo Leopardi a tradurre il Manuale per la prima volta dal greco all’italiano ed esiste anche una versione della stessa opera curata da Angelo Poliziano. Diversi scrittori nel corso dei secoli sono stati ispirati proprio dal pensiero del filosofo, che è stato uno dei primi nella storia ad esaltare il raziocinio umano per raggiungere la felicità e a parlare di scelta morale in concomitanza con il concetto di libertà.
Senza considerare i precetti che fornisce all’uomo per imparare a “progredire nella scelta morale”. Anche se nella riflessione di Epitteto, infatti, è solo il vero saggio colui che può raggiungere la felicità, è ravvisabile un certo ottimismo nella prospettiva di potersi liberare di tutto ciò che non dipende da noi e che quindi è causa del nostro male. Epitteto dice:
“Qualunque cosa ti accada, ricorda di rivolgere a te stesso e di cercare quale facoltà hai da usare verso di essa“.
E ancora:
“Puoi essere invincibile, se non scendi in nessun combattimento dal quale non sia in tuo potere uscire vincitore“.
Giuseppina Di Luna
Bibliografia
Epitteto, Tutte le opere. Testo greco a fronte, ed. Bompiani, Milano 2009.
Fonti Media
L’immagine di copertina è ripresa dal sito: www.skuola.net