Il terremoto di Lisbona e la cultura dell’Illuminismo

Capita, nel corso della storia, che la cultura di una società sia profondamente segnata da un evento drammatico. Oltre ad avere un impatto concreto su aspetti come l’economia, la demografia e la politica di un popolo, infatti, avvenimenti particolarmente devastanti possono rivoluzionare anche le sue concezioni ideologiche e filosofiche. Per la cultura europea, un simile dramma fu certamente il terremoto di Lisbona del 1755.

L’evento, infatti, oltre a causare danni di proporzioni apocalittiche, influì profondamente sui dibattiti filosofici dell’epoca. Si era, infatti, nel pieno dello scontro settecentesco tra il razionalismo illuminista e il tradizionalismo religioso. Quest’ultimo, incapace di spiegare la catastrofe, subì, come stiamo per vedere, un durissimo colpo.

Gli effetti devastanti del terremoto

Il terremoto di Lisbona passa alla storia con tale appellativo perché proprio la capitale portoghese fu la città più duramente colpita tra quelle coinvolte. Non fu, però, di certo l’unica. Dai resoconti dell’epoca, infatti, emerge la portata catastrofica dell’evento: con epicentro a circa 200 km al largo delle coste lusitane, esso colpì tutta la regione circostante e fu avvertito fino in Finlandia e, dall’altra parte dell’oceano, ai Caraibi. In base a ciò, i ricercatori contemporanei hanno stimato la sua magnitudo tra gli 8.5 e i 9 gradi.

Per dare un’idea, quella del sisma più potente mai registrato, che colpì il Cile il 22 maggio 1960, era 9.5. Non a caso, il terremoto di Lisbona è definito da alcuni sismologi come un evento che accade una volta ogni mille anni. Del resto, le sue sessantamila vittime (ma alcune stime arrivano a centomila) parlano da sole.

terremoto di Lisbona
(da www.researchgate.net)

Cominciate intorno alle 9:30 del mattino, le scosse durarono quasi dieci minuti. Immediatamente dopo, la capitale portoghese venne divorata – come spesso accade – da enormi incendi che, in una città ormai semideserta, divamparono per cinque giorni. A completare l’opera di distruzione arrivarono, infine, tre tsunami alti fino a sei metri. La loro potenza dirompente colpì anche altrove: in Algarve, una regione del Portogallo sudoccidentale, l’acqua arrivò persino a demolire alcune fortezze costiere.

Per cogliere la misura della devastazione basti pensare che, secondo le analisi moderne, essa costò al Paese una fetta del suo PIL stimata tra il 32 e addirittura il 50 per cento. Re Giuseppe I, traumatizzato dall’evento, cui sopravvisse per puro caso, rifiutò di tornare a vivere in un palazzo. Fino alla morte, avvenuta ventidue anni dopo, risiedette con la famiglia reale in un complesso di tende allestito fuori città.

Il terremoto di Lisbona e la religione

Russell Dynes, professore presso la Ohio State University, ha definito in questi termini il terremoto di Lisbona:

“un punto di svolta nella storia umana, che spinse la considerazione di simili eventi come segni soprannaturali verso una forma di ricerca proto-scientifica più neutrale, e perfino secolare”.

Il sisma, infatti, fu traumatico per le coscienze religiose dell’epoca. Esso colpì sabato 1 novembre, giorno di Ognissanti. Questo significa che buona parte della popolazione, per celebrare la festività, era riunita in chiese illuminate da moltissime candele accese e agghindate con fiori e altri ornamenti infiammabili. Queste circostanze, ovviamente, contribuirono ad aumentare il numero delle vittime e degli incendi.

Come se ciò non bastasse, il Portogallo era un paese di profonda e radicata tradizione cattolica, che si era distinto per l’intensa opera di evangelizzazione svolta nel suo impero coloniale. Ecco perché un disastro di tali proporzioni sembrò assolutamente inspiegabile. La sua furia non risparmiò gli edifici di culto: su quaranta chiese e settantacinque conventi, alla distruzione ne scamparono solo, rispettivamente, cinque e dieci, e pure riportando enormi danni.

Illuminismo contro fondamentalismo

terremoto di Lisbona
Statua del Pombal a Lisbona

L’impatto del terremoto di Lisbona sulla cultura dell’epoca sarebbe, però, difficilmente comprensibile se si dimentica il contesto. Si era in pieno Illuminismo, in un’epoca di circolazione delle idee, e dunque la notizia del dramma impiegò ben poco per diffondersi in Europa. Essa cambiò, così, la percezione umana di simili eventi. Come esempio di questo mutato modo di pensare è solitamente citato il dibattito tra il primo ministro portoghese, il marchese di Pombal, e il padre gesuita italiano Gabriele Malagrida.

Quest’ultimo, in precedenza potentissimo, cadde in disgrazia quando, coerentemente con la sua visione fondamentalista, attribuì la causa del terremoto a una punizione divina, giungendo ad ordinare di non rimuovere le macerie e non soccorrere i feriti. Pombal, al contrario, espressione del pragmatico pensiero illuminista, si adoperò subito per affrontare le conseguenze del disastro.

Comandò, ad esempio, di disfarsi dei cadaveri per evitare epidemie e assistere gli sfollati. Fatte sgombrare le macerie in un anno, poi, fece ricostruire Lisbona secondo uno dei primi progetti urbanistici antisismici della storia. Sei anni dopo, Malagrida sarebbe stato giustiziato dopo essere stato accusato di coinvolgimento in un tentato regicidio:in quello stesso 1761, il Portogallo mise al bando la Compagnia di Gesù.

Voltaire, Rousseau e il terremoto di Lisbona

candide, terremoto di Lisbona
Voltaire

Le reazioni filosofiche al terremoto di Lisbona si possono rinvenire anche analizzando gli scritti di due tra i più grandi pensatori dell’epoca. Il primo, il celebre philosophe illuminista François-Marie Arouet, meglio noto come Voltaire, pubblicò, un anno dopo l’evento, un “Poema sul disastro di Lisbona” dove attaccava le concezioni ottimistiche di pensatori come Leibniz e Platone. I suoi versi ribadiscono a più riprese la follia di cercare significati soprannaturali nelle tragedie che colpiscono l’umanità.

Egli scrive:

Ai lamenti smorzati di voci moribonde, alla vista pietosa di ceneri fumanti, direte: <<È questo l’effetto delle leggi eterne che a un Dio libero e buono non lasciano la scelta?>>. Direte, vedendo questi mucchi di vittime: <<Fu questo il prezzo che Dio fece pagare per i loro peccati? Quali peccati? Quale colpa hanno commesso questi bambini schiacciati e sanguinanti sul seno materno?. La Lisbona che fu conobbe maggiori vizi di Parigi e di Londra, immerse nei piaceri?>>

Rousseau, terremoto di Lisbona
Rousseau

Se Voltaire rappresenta la reazione atea e pessimista alla tragedia, vi è però anche chi batte un’altra strada. Jean-Jacques Rousseau, ad esempio, l’anno successivo contesta la sua visione con una lunga lettera aperta. Nello scritto, pur muovendo dalla propria particolare concezione religiosa, egli giunge indirettamente, con il suo pessimismo antropologico, a conclusioni molto vicine allo spirito razionalista dell’illuminismo. Infatti scrive:

“Per restare nel vostro tema, e cioè Lisbona, dovete, ad esempio, convenire che non era stata la natura a raccogliere là ventimila case dai sei ai sette piani, e che se gli abitanti di quella grande città fossero stati distribuiti in modo più uniforme e in abitazioni più piccole, il disastro sarebbe stato molto minore, e forse non vi sarebbe stato.”

Rousseau, quindi, dà in ultima analisi la colpa alla cattiva pianificazione urbanistica della capitale portoghese. Una visione straordinariamente moderna, che anticipa la nostra concezione scientifica dei disastri naturali.

Francesco Robustelli

 

Sitografia

web.archive.org

www.ilfoglio.it

earthquake.usgs.gov

hudsonvalleygeologist.blogspot.com

www.homolaicus.com

Pereira, The opportunity of a disaster: the Economic Impact of the 1755 Lisbon Earthquake, in www.york.ac.uk

Dynes, The Lisbon Earthquake, in Pereira, op.cit.

Voltaire, Poema sul disastro di Lisbona, in www.sardegnasoprattutto.com

lisbonlisboaportugal.com