Controversa, enigmatica e di difficile risoluzione è da sempre la questione concernente l’origine del male e lo sa bene Paul Ricoeur, filosofo di spicco, venuto a mancare qualche anno fa, che in uno dei suoi testi – Il male, una sfida alla filosofia e alla teologia – passa in rassegna le teorie filosofiche e teologiche più rilevanti. Ricoeur propone un nuovo punto di vista che, oltre a tenere uniti elementi apparentemente disgiunti tra loro, fa dell’aporeticità del problema del male un vero e proprio punto di forza.
Indice dell'articolo
Ricoeur: il male dal mito al peccato originale
Prima di sferrare una critica a quelle teodicee moderne che si sono occupate di risolvere il problema della compresenza di Dio e del male, Ricoeur volge il suo sguardo al mito, che è da sempre il luogo della fusione tra i sentimenti dell’uomo e la sua immaginazione. È in questa accezione che l’idea del male come caos originario viene rielaborata attraverso racconti fantastici e leggende ricche di elementi simbolici. Ad un certo punto, però, l’uomo sente l’esigenza di argomentare non solo l’origine del male ma anche la dinamica del suo agire. Perché esiste il male? La domanda funge da presupposto per l’avvio di una attività speculativa che assumerà nel corso della storia le forme più svariate.
Secondo il filosofo la prima risposta che si tenta di dare al quesito rientra in quella che egli definisce la saggezza della retribuzione. Ricoeur scrive:
ogni sofferenza è meritata perché è la punizione di un peccato individuale o collettivo, conosciuto o sconosciuto.
In sintesi il male è sempre giustificato, perché segue le direttive di un ordine morale interno alle cose. Questo tipo di saggezza non è ancora in grado di spiegare razionalmente con quale criterio il male infligga sofferenze ad un bambino o ad una persona buona. Ecco allora che secondo Ricoeur uno snodo cruciale è incarnato dalla filosofia di Agostino che, attingendo dal neoplatonismo, arriva a concepire il male come una deficienza, una privazione del bene e non come qualcosa che ha valore in sé e che si oppone al bene. La retribuzione del peccato sotto forma di sofferenza assume allora un senso nella dimensione sovraindividuale, in quanto riguarda l’intero genere umano ed è ascrivibile alla distanza che, nella scala della perfezione, separa l’uomo da Dio. È così che nasce la dottrina del peccato originale.
Da Pelagio alle nuove teodicee
Di tutt’altro avviso è Pelagio che invece lascia all’uomo la responsabilità delle sue azioni e quindi anche quella di liberarsi dal male. Anche in questo caso non viene esplorata la questione della sofferenza ingiusta. Le moderne teodicee, secondo Ricoeur, come quella di Leibniz ed Hegel, possono sussistere solo a patto che di fondo vi sia un incredibile ottimismo. Pur garantendo la distinzione tra male fisico, morale e metafisico, Leibniz conclude che il male sia accettabile perché, rientrando nel migliore dei mondi possibili ideati da Dio, soggiace alle direttive di un’armonia universale. L’uomo in tal caso non è in grado di spiegare l’origine del male, perché quest’ultimo rientra in un ordine superiore che il suo intelletto finito non può comprendere. A Kant invece andrebbe il merito di aver attestato, pur non trascurandola, la fallacia della ragione nel cogliere il senso del male. Ricoeur asserisce:
Kant ha visto il fondo demonico della libertà umana, ma con la sobrietà di un pensiero sempre attento a non trasgredire i limiti della conoscenza e a preservare lo scarto tra il pensare e il conoscere un oggetto.
Con Hegel c’è stato invece un ulteriore sviluppo, giacché anche in questo caso l’ottimismo ha preso il sopravvento grazie alla fase di riconciliazione che segue il momento dialettico. La coscienza che giudica un’azione malvagia e la coscienza che la commette finiscono per avere in comune il male, poiché la prima ammette in sé quella finitezza e imperfezione che ravvede nella seconda.
La dialettica spezzata di Karl Barth e il pensare “altrimenti”
A fronte dell’excursus tracciato da Ricoeur, si arriva a concludere che le teodicee siano state incapaci di mettere in discussione i loro stessi presupposti e abbiano trascurato altri elementi a favore della logica. Il carattere aporetico in cui incredibilmente si trova catapultata ogni enunciazione sul male, che voglia tenere logicamente insieme tutti i punti del discorso senza contraddirsi, non deve certo incoraggiare il pensatore ad abbandonare la questione. Proprio nel movimento dialettico Ricoeur rintraccia una funzione produttiva importante. A testimonianza di ciò, egli esamina in ultima istanza la dialettica spezzata del teologo Karl Barth, che attesta l’inconciliabilità del male con la bontà di Dio. Paradossalmente a partire da questa affermazione, che sembrerebbe mettere la parola fine alla questione, Barth pone le basi di una nuova teoria: il male non esiste se non nel senso che è ciò che da Dio è stato rigettato.
In questi termini, Ricoeur chiarisce la posizione del teologo:
Per Dio eleggere, nel senso della elezione biblica, significa rigettare una qualche cosa che, in quanto rigettato, esista a guida del niente. Codesto aspetto della reiezione è, in un certo senso, la “mano sinistra di Dio”.
Non si deve allora rinunciare a pensare perché il male è già lì da sempre, ma occorre pensare ancora di più e in modo diverso.
La proposta di Ricoeur: pensare, agire, sentire
In prima istanza bisogna tenere conto del legame che da sempre unisce la sofferenza al male, ma anche del carattere onnicomprensivo di quest’ultimo, che abbraccia non solo il pensare ma anche l’agire e il sentire. La vera sfida è riportare la questione nei confini della sfera umana e capire che proprio all’uomo spetta fare il primo passo, non tanto per risolvere l’enigma del male, quanto per limitare la portata delle sue conseguenze.
Ricouer, infatti, conclude il suo discorso con queste battute:
Si sottragga la sofferenza inflitta agli uomini dagli uomini e si vedrà ciò che resterà di sofferenza nel mondo: a dire il vero, noi non lo sappiamo, tanto la violenza impregna la sofferenza. […] prima di accusare Dio o di speculare su una origine demoniaca del male in Dio stesso, agiamo eticamente e politicamente contro il male.
Giuseppina Di Luna
Bibliografia
Paul Ricoeur, Il male. Una sfida alla filosofia e alla teologia, ed. Morcelliana, Brescia 2005.
Gottfried W. Leibniz, Saggi di teodicea sulla bontà di Dio, la libertà dell’uomo e l’origine del male, ed. Bompiani, Milano 2005.