Russian Doll, la nuova serie TV targata Netflix, è un adattamento in serial del format del celebre film Groundhog Day (Il giorno della marmotta) del 1993. La protagonista, Nadia, è interpretata da Natasha Lyonne, la Nicky Nichols di Orange is the new black.
La trama di Russian Doll
È il giorno del trentaseiesimo compleanno di Nadia, donna newyorkese che per lavoro è una sviluppatrice di videogiochi. La sua amica Maxine le ha organizzato una festa in casa, a base di tacchino al forno, sigarette, fiumi di alcol e droghe ricreative. È un party affollato e rumoroso. Nadia adocchia un uomo, Jeremy, con cui torna nel suo appartamento.
Qualche ora dopo, conclusa l’avventura con Jeremy, Nadia esce per comprare un pacchetto di sigarette. Scorge sul marciapiede di fronte a sé il suo gatto smarrito, ma prima che possa raggiungerlo, un’auto la travolge. E muore.
Se non che, Nadia si risveglia nel bagno di casa di Maxine, dove tutto è iniziato. Sembra un incubo, potrebbe essere stata un’allucinazione indotta dall’erba tagliata con una qualche sostanza allucinogena; eppure, Nadia si ritrova continuamente a morire, per poi risvegliarsi in bagno, di fronte allo specchio.
Un loop temporale, il purgatorio, un’occasione di redenzione oppure un‘intersezione tra universi paralleli: qualcosa è andato storto, Nadia continua a morire e deve scoprire perché, prima che sia troppo tardi.
Russian Doll, nella migliore tradizione del black humour, gioca con il trope delle morti improvvise e ridicole. Gli sceneggiatori escogitano sempre nuovi modi per troncare l’esistenza di Nadia, che si ritrova ad ogni passo a dover schivare i disegni del destino. Il suo tempo è contato, non riesce mai a superare le ventiquattro ore dal suo punto di partenza, e questo rende la storia di Russian Doll quasi una metafora perfetta dell’esistenza umana.
Russian Doll: Alan e Nadia
Nadia è una donna tormentata, la sua vita non è stata affatto facile; anzi, porta con sé un trauma antico che sembra avere pesanti ricadute nel suo presente. Le visioni del suo passato la ossessionano, non riesce a stare vicina alle persone che ama a causa di quel dolore che le proibisce di affezionarsi veramente a qualcuno.
Nadia, nel suo percorso di redenzione, incontrerà qualcuno come lei: Alan. Due persone dalle personalità completamente opposte che sembrano scontrarsi nella notte, per caso. Alan cerca di controllare ogni singolo aspetto della sua vita. Un appartamento ordinato, giornate scandite rigorosamente: tutto deve andare secondo i suoi piani, perché altrimenti rischierebbe che il suo demone lo divori dall’interno.
Alan e Nadia condividono un mondo interiore oscuro e periglioso da tenere a bada; l’uno con un falso senso di controllo, l’altra con ritmi sregolati e scelte sbagliate. Alan crede che se potrà evitare le delusioni, se riuscirà a rispettare le sue regole, allora non dovrà ricadere nella depressione; Nadia evita relazioni significative per non rischiare che qualcuno dipenda da lei o che lei dipenda da qualcuno, il rischio è subire l’abbandono.
Anche ad Alan tocca lo stesso destino di Nadia: anche il suo è un processo di infinite morti. Ben presto, infatti, Nadia ed Alan s’imbattono l’uno nell’altra e scoprono quel filo rosso che li unisce. Ogni loro fine è coordinata e contemporanea. C’è, dunque, un misterioso legame da scovare, probabilmente nelle matrici dei loro dolori.
La metafora perfetta
In Russian Doll c’è spazio per la gentilezza, c’è spazio per un mondo che non sia soltanto emanazione di noi stessi. Alan e Nadia incontrano creature notturne di cui prendersi cura, dolori segreti e fragili da medicare. La risposta alla solitudine è la condivisione, anche del timore.
Russian Doll si pone come metafora della vita umana: viaggiamo in un’unica direzione, verso la morte; il nostro tempo è limitato, ma le nostre sofferenze possono trovare risposta. Possiamo imparare ad esistere e resistere se usciamo fuori dalla nostra bolla protettiva d’indifferenza e di egoismo.
Come ne Il giorno della marmotta, in Russian Doll il loop temporale è un simbolo della stasi, quei bozzoli in cui troviamo rifugio quando ci troviamo di fronte a situazioni che non siamo in grado di gestire. Ci ripariamo nelle ripetizioni, nella routine, per evitare confronti e cambiamenti che ci spaventano. Affrontare il trauma, farsi coraggio e procedere è crescita, soffrire e sopravvivere è progresso.
Non ci si può proteggere da ciò che non conosciamo, ma possiamo apprendere come non far sì che l’angoscia ci incartapecorisca.
Oriana Mortale