La storia delle biblioteche nell’antica Roma può essere ripercorsa con maggiore precisione rispetto a quella delle biblioteche nella Grecia antica, in quanto le fonti a riguardo risultano essere più precise e dettagliate. Attraverso di esse, è possibile ripercorrere un passaggio, lento ma decisivo, da una prima fase, in cui le biblioteche erano possesso esclusivo di aristocratici dotti, ad una fase successiva, in cui esse divennero pubbliche e simbolo di potere.
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La cultura scritta a Roma
Il lento affermarsi di una cultura scritta a Roma ebbe motivazioni diverse rispetto a quelle già analizzate per la Grecia: un certo mercato librario iniziò ad affermarsi solo a partire dal II sec. a.C., in quanto prima la scrittura era relegata alla stesura di documenti ed atti ufficiali.
E’ quindi impossibile pensare che un Ennio, o un Nevio, disponessero di vere e proprie biblioteche a Roma. Senza alcun dubbio essi consultarono testi scritti, ma i tempi non erano ancora maturi per l’istituzione dei primi fondi librari.
La biblioteca di Lucio Emilio Paolo
E’ solo a partire dai primi contatti con i Greci che i Romani vennero a conoscenza delle grandi biblioteche di epoca ellenistica.
Secondo quanto ci dice Plutarco nella sua Vita di Emilio Paolo, la prima biblioteca di Roma fu letteralmente “trasportata” dalla Macedonia all’Urbe dal comandante Lucio Emilio Paolo in seguito alla vittoria di Pidna (168 a.C.): era la ricchissima biblioteca del regno macedone.
Le prime biblioteche nell’antica Roma
Le prime vere e proprie biblioteche nell’antica Roma sono tuttavia ascrivibili ad un secolo dopo. Ci troviamo ancora in una fase in cui questi fondi risultano esseri privati, quindi proprietà di singoli cittadini, ma lo sviluppo del mercato librario permetteva ormai ai ricchi possessori di mettere a disposizione i propri libri ad amici e conoscenti. Le biblioteche private, quindi, non erano più il risultato di spoliazioni, ma dell’otium di facoltosi aristocratici.
Tra di essi, il più celebre è probabilmente Cicerone in persona. Noto per la sua passione per i libri, Cicerone aveva il suo migliore amico, nonché editore, in Tito Pomponio Attico, proprietario di una vera e propria “impresa editoriale”. Attico era rinomato per la cura che dedicava alla realizzazione di splendide edizioni, e per l’immensa biblioteca privata che aveva collocato nella sua villa sul Quirinale. Con l’aiuto di Attico, anche Cicerone allestì biblioteche nelle varie ville che possedeva lungo tutta la penisola, in particolar modo a Tusculum.
Un’altra biblioteca, capace di attrarre intellettuali da tutta l’Italia e dalla Grecia, sorgeva nella cosiddetta villa dei Papiri, ad Ercolano. Voluta probabilmente da Pisone Cesonino ed allestita dal filosofo epicureo Filodemo di Gadara, la biblioteca era specialistica, e contava opere di filosofi epicurei, ma anche testi latini.
In seguito all’eruzione del 79 d.C., la città e la villa furono sommerse da uno strato di fango piroclastico, che non bruciò il materiale organico (quindi anche i papiri), ma lo carbonizzò lentamente. In questo modo, parte della biblioteca antica si è salvata, e alcuni testi sono attualmente leggibili. Si tratta, quindi, dell’unica biblioteca antica conservatasi fino ai nostri giorni.
La biblioteca di Cesare
Il passaggio dalle biblioteche private a quelle pubbliche corrisponde ad un’evoluzione altrettanto forte che, nel I sec. a.C., Roma stessa vive. Con l’affermarsi di singole personalità carismatiche (Silla, Mario, Pompeo, Cesare), il cui potere si fondava sul consenso di eserciti privati, anche la cultura diventa un mezzo propagandistico. Questo processo, che troverà il suo culmine nell’ideologia augustea, inizia in realtà già con Cesare.
Non potremmo spiegarci altrimenti l’iniziativa, proposta dal generale, di fondare la prima biblioteca pubblica di Roma. Il progetto fu affidato a Marco Terenzio Varrone che, da erudito, aveva scritto un De bibliothecis in tre libri. Ci dice, infatti, Svetonio nella sua Vita di Cesare che:
“Si ripromise, innanzitutto, […] di mettere a disposizione del pubblico biblioteche greche e latine, le più ricche possibili: aveva affidato a M. Varrone l’incarico di procurare e catalogare i libri.”
(Svet., Iul. 44,2)
I lavori furono interrotti a causa della congiura del 44 a.C., ma il merito di Varrone fu comunque riconosciuto attraverso la collocazione, nella futura biblioteca di Asinio Pollione, di un suo busto-ritratto.
La biblioteca di Asinio Pollione
E infatti fu proprio Asinio Pollione a portare a termine, solo nel 39 a.C., il progetto della prima biblioteca pubblica di Roma. Essa sorse nel Tempio della Libertà, poco vicino al Foro, su cui si sovrapporrà, due secoli dopo, la biblioteca di Traiano.
Il fondo della biblioteca contava alcuni libri sottratti ai Partini, mentre l’edificio era ornato – come la villa dei Papiri – di bustini che, probabilmente, servivano come indicazione bibliografica.
La Biblioteca Palatina
Augusto, che con Asinio Pollione non aveva ottimi rapporti, temendone la concorrenza, rispose dieci anni dopo, nel 28 a.C. (quando il suo potere era ormai consolidato), con l’istituzione della celebre Biblioteca Palatina, detta così perché collocata, appunto, sul Palatino.
Il primo direttore fu il grammatico Gneo Pompeo Macro ma, diversamente dalle biblioteche di Alessandria e Pergamo, attorno alla Biblioteca Palatina non si concentrò un indirizzo di studi filologici, benché essa potesse vantare due enormi sezioni, una dedicata alla letteratura latina e l’altra dedicata alla letteratura greca.
La Biblioteca Ulpia
Questa suddivisione concettuale divenne reale con l’istituzione della più grande biblioteca mai costruita prima a Roma: la biblioteca Ulpia, posta al centro del Foro di Traiano e progettata da Apollodoro di Damasco.
Per la prima volta, le sezioni greca e latina furono divise in due edifici diversi, separati simbolicamente dalla Colonna Traiana che, per alcuni, rappresenterebbe proprio un enorme rotolo di papiro. Collocare la biblioteca al centro del Foro costituiva un gesto più che simbolico: al pari dei Mercati Traianei, l’imperatore considerava la biblioteca come cosa pubblica.
La biblioteca di Celso
La biblioteca più celebre di età traianea, tuttavia, resta quella di Celso, in quanto ancora visitabile ad Efeso. Nonostante la sua facciata sia stata ricomposta secondo l’arbitrio degli archeologi, è verosimile che essa riproducesse delle quinte teatrali, al fine di ricalcarne l’effetto spettacolare.
Dedicata a Tiberio Giulio Celso Polemeano dal figlio Gaio Giulio Aquila, la biblioteca di Celso contava circa diecimila rotoli, e vantava un’innovativa struttura con intercapedine, volta a preservare i papiri dal rischio di incendio.
La fine delle biblioteche nell’antica Roma
L’epoca tardo-antica prevede un ampliamento del sistema bibliotecario a Roma, se prendiamo per vera la fonte secondo la quale, nel IV sec. d.C., l’Urbe contava ben 28 biblioteche pubbliche.
La fine del primato di Roma a favore dell’Oriente può essere vissuto anche attraverso la storia delle biblioteche. Nel 357 d.C., infatti, abbiamo notizia della prima biblioteca di Costantinopoli, ormai nuova capitale dell’Impero. Negli stessi anni Ammiano Marcellino, uno storico, si lamentava della morte, ormai evidente, delle biblioteche nell’antica Roma: questo momento, quindi, può essere considerato come il preludio del passaggio, molto lento, dall’epoca antica a quella bizantina.
Alessia Amante