Escludendo la figura di Livio Andronico, la cui fama è legata al primo caso di traduzione artistica (dell’Odissea) di tutta la letteratura occidentale, il primo poeta epico di cui abbiamo notizia a Roma è Gneo Nevio.
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La vita di Gneo Nevio
Sulla vita di Gneo Nevio sappiamo ben poco, e quelle poche notizie che abbiamo sono dedotte dalle sue opere letterarie, secondo il fenomeno dell’autoschediasmo. Vissuto nel III sec. a.C., Nevio fu innanzitutto autore di teatro, sia comico che tragico e, secondo le testimonianze successive, pare che sul palco l’autore mettesse in scena valori di libertà e uguaglianza, forse ispirandosi alla sua probabile origine plebea.
Questo atteggiamento libertario scatenò le ire di una delle famiglie più potenti dell’epoca, la gens dei Metelli. Non sappiamo quanto Nevio pagò lo scotto dei suoi comportamenti “rivoluzionari”, ma alcuni studiosi identificano il ritratto che fa Plauto di un poeta costretto al supplizio proprio con il nostro Nevio.
In ogni caso, l’autore ebbe la possibilità di scrivere il primo poema epico latino di cui abbiamo notizia, il Bellum Poenicum. Anche per la poesia epica, Nevio trasse spunto dalle vicende della sua esistenza: egli partecipò in prima persona alla prima guerra punica, oggetto del poema.
Il Bellum Poenicum, il poema del saturnio
Sappiamo che il Bellum Poenicum era diviso in sette libri, ma all’inizio fu scritto in un unico volumen (cioè in un solo rotolo di papiro) e in scriptio continua (ossia senza spazi, come si scriveva su papiro). Fu un grammaticus di II sec. a.C., Ottavio Lampadione, a dividere il testo in sette libri di misura omerica (tra i 400 e i 700 versi circa), per renderne più facile la fruizione dal punto di vista filologico.
Come Livio Andronico prima di lui, anche Gneo Nevio scrisse il poema col saturnio, un verso che lasciò il posto, da Ennio in poi, all’esametro greco. Questa scelta “antichizzante” ebbe dure conseguenze sulla sopravvivenza del suo poema: già poco citato in epoca repubblicana, quando poi all’inizio del principato si affermò l’epica virgiliana, Nevio scomparve totalmente dai manoscritti perché troppo arcaico, e fu citato solo dai grammatici come testimone di qualche vecchio uso linguistico. Di lui, dunque, restano pochi frammenti, sufficienti tuttavia a intuire la sua poetica.
L’epica storica tra Grecia e Roma
Nevio rappresenta per noi non soltanto il primo autore di poema epico, ma anche il primo autore di poema storico. La materia scelta dall’autore, infatti, non è il mito, che sarà poi decisamente prediletto in età successiva, ma la storia. L’epica quindi nasce a Roma come epica storica, volta a celebrare, come fosse un “servizio” offerto allo Stato, le prime grandi vittorie della Repubblica.
Anche in Grecia, nella coeva età alessandrina, si era diffusa l’epica storica, ma mentre nelle nascenti corti ellenistiche questi poemi erano indirizzati all’esaltazione del monarca, a Roma l’epica celebrava lo Stato nella sua interezza. Questo discorso vale soprattutto per il “repubblicano” Nevio, nemico delle potenti gentes patrizie.
Lo Stato romano: esercito, comandanti, Senato
Dai pochi frammenti che possiamo leggere, infatti, pare che il poeta cantasse il valore dell’esercito romano nella sua totalità, una sorta di massa indistinta di contadini-soldato che rischiavano la vita per difendere il proprio onore e non tornare a casa cum stupro, con ignominia.
I comandanti, invece, appaiono in una luce ambigua: Nevio non può non riconoscere il loro merito nelle grandi vittorie campali, ma li ammonisce spesso quando essi sono tentati dall’abbandonare i soldati nelle situazioni di pericolo.
La prospettiva, quindi, è sempre “comunitaria”: sarà Ennio il primo poeta ad esaltare i singoli potenti, proprio perché al loro servizio.
Terzo protagonista è il Senato, che osserva la guerra da lontano, da Roma, e comanda all’esercito di preservare il valore, la gloria e la buona fama del popolo romano nel Mediterraneo. Nevio fotografa le fasi embrionali dello Stato romano, ancora fondato sul lavoro agricolo, la guerra e la virtus. Basti leggere qualche pagina di Virgilio per intuire il profondo tracollo dei costumi intercorso in soli due secoli.
Nevio e Virgilio: la materia mitica
I rapporti tra Nevio e Virgilio non sono però tutti di segno negativo; al contrario, Nevio era considerato il precursore dell’epica virgiliana in quanto, dal primo al terzo libro, egli avrebbe introdotto un excursus sulle origini di Roma, indietro fino alle avventure di Enea e agli amori con Didone.
Il collegamento tra Roma e Troia, dunque, non fu fatto per la prima volta da Virgilio, ma era presente già in Nevio. Anche lo scontro tra Roma e Cartagine era già spiegato da Nevio attraverso il mito, legandolo cioè alla promessa di vendetta che Didone, abbandonata da Enea, giurò prima di suicidarsi. Infine, già il Bellum Poenicum presentava il racconto di Enea della fuga da Troia, al quale Virgilio si ispirò per il suo secondo libro dell’Eneide.
Nevio e Virgilio: lo stile
Non soltanto la materia era identica, ma anche il modo di raccontarla. Virgilio, infatti, si ispirò proprio al cosiddetto “espressionismo arcaico” tipico di Nevio e di Ennio. Il racconto tragico quindi non è un’invenzione del poeta mantovano, ma trae le sue origini dai primi poemi epici latini, caratterizzati da una versificazione patetica e ricca di suoni.
Già Gneo Nevio permeava le parole di Enea, esortato a raccontare le sue peregrinazioni, di un profondo dolore intimo e collettivo; già Nevio le colorava di uno spirito assolutamente tragico, che egli ben maneggiava grazie alla sua esperienza teatrale. Fu dunque Nevio il primo a trasportare dalla tragedia attica all’epica latina la “prospettiva dei vinti”, che poi Virgilio recuperò per la sua Eneide.
Gneo Nevio, il poeta dimenticato
Sono ben poche le altre notizie che abbiamo sul Bellum Poenicum; del resto, lo stesso Virgilio non poteva ispirarsi più di tanto ad un poema così lontano, scritto in un altro verso e in una lingua ben più arcaica.
È per questo che, vinto dalla schiacciante concorrenza virgiliana, Gneo Nevio fu ricordato dai commentatori solo per i suoi usi linguistici, mentre dimenticate furono le sue innovazioni poetiche, rivoluzionarie proprio come il suo spirito.
Alessia Amante
Bibliografia:
A. Perutelli, La poesia epica latina, Carocci editore