Le intuizioni geniali del matematico Kurt Gödel hanno avuto ripercussioni anche nella filosofia. Proprio dallo studio di quest’ultima, egli trae linfa vitale per sviluppare alcune delle sue idee più brillanti. Di maggiore interesse sono di certo i teoremi di incompletezza dei sistemi formali e la prova ontologica dell’esistenza di Dio.
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Dai Principia Mathematica a Kurt Gödel
La matematica, la logica e la filosofia trovano in Kurt Gödel un punto di incontro, poiché le sue teorie possono essere lette in una duplice se non triplice accezione e presentano ripercussioni in tutti e tre gli ambiti sopracitati. Per cercare di capire quanto sia stata rivoluzionaria la portata delle sue intuizioni, occorre tenere presente il contesto in cui è nata.
Il punto di partenza va rinvenuto nei Principia mathematica di Alfred Whitehead e Bertrand Russell. In quest’opera i due matematici-filosofi, sulla scia di Frege, avevano cercato di dare alla matematica delle basi certe e non contraddittorie, attraverso una struttura logica formale. Un progetto a dir poco arduo che, prima di Kurt Gödel, David Hilbert aveva proposto di valutare attraverso l’assioma della coerenza e quello della completezza.
Tali assiomi però non riescono a raggiungere lo scopo di non contraddittorietà che si sono prefissati. Allora, per la prima volta è
Gödel ad imboccare una direzione opposta: egli non si pone più come obiettivo quello di trovare la struttura formale perfetta, ma attesta che nessun sistema può auto-costituirsi senza cadere in contraddizione con se stesso.
I teoremi di incompletezza
Nel 1931 Kurt Gödel pubblica un articolo, ove scrive:
“non esiste alcun sistema con un numero finito di assiomi che sia completo anche soltanto rispetto alle proposizioni aritmetiche.”
Poi più sotto:
“Infatti non possiamo garantire per nessun sistema formale che in esso siano rappresentabili tutte le considerazioni contenutistiche.”
Gödel ci sta dicendo che i sistemi formali presentano delle proposizioni indecidibili, di cui non è possibile cioè attestare validità attraverso gli assiomi dello stesso sistema. Ricordiamo che per “assioma” si intende un principio che non necessita di dimostrazione. Pertanto, secondo Gödel, un sistema non può essere coerente e completo allo stesso tempo, poiché la contraddizione è dietro l’angolo.
Per essere completo dovrebbe auto-fondarsi ma, dal momento che ci sarà sempre una proposizione non riducibile, esso dovrà essere definito dall’esterno. Il secondo teorema scaturisce dall’applicazione del primo all’aritmetica elementare, che pur essendo semplice non è capace di dimostrare la sua coerenza interna.
Il rigore della logica
Possiamo intuire la portata storica dei teoremi di incompletezza di
Gödel, che evidentemente segnano un punto di svolta rispetto al passato. Per la prima volta, infatti, si mettono in luce non tanto i limiti della matematicaquanto quelli di ogni sistema che pretende di costituire se stesso dall’interno. Da qui sorge l’idea del metalinguaggio e anche il teorema di indefinibilità di Tarski, che ricalca la stessa linea:
“La verità aritmetica non può essere definita all’interno dell’aritmetica”.
È importante precisare, però, che in più occasioni Gödel afferma che l’obiettivo dei suoi teoremi non è quello di demolire il procedimento logico. In verità, le conclusioni cui giunge sono veritiere proprio perché logiche.
“Nonostante le apparenze, non vi è nulla di circolare in un tale enunciato, dal momento che esso all’inizio asserisce l’indimostrabilità di una formula ben determinata, e solo in seguito, quasi per caso, risulta che questa formula è proprio quella che esprime questo stesso enunciato.”
La novità sta nel fatto di poter comprendere un sistema solo a partire dall’esterno dello stesso. Ecco, perché, nonostante la formulazione dei due teoremi, Kurt Gödel si propone di dimostrare l’esistenza di Dio, udite udite, proprio attraverso l’espediente della logica. L’idea di partenza è questa volta di matrice leibniziana: Se Dio è possibile, allora esiste. La revisione, però, che ne fa il filosofo-matematico è decisamente complessa, tanto da attraversare quasi 30 passaggi di pura logica prima di giungere alla sentenza definitiva.
La prova ontologica di Dio
Proprio a causa di tale difficoltà, ci limitiamo in questa sede ad esporre solo le fasi più salienti del ragionamento, con il supporto dell’analisi che ne fa Piergiorgio Odifreddi:
“La prima idea di Gödel fu di rimpiazzare le perfezioni […] con le proprietà positive. […] poiché il prodotto di due numeri è positivo, l’intersezione di due proprietà positive, cioè la proprietà che è soddisfatta dagli elementi che soddisfano entrambe le proprietà date, è positiva.”
I tanti pensatori che nel Medioevo si erano avventurati nel progetto di dimostrare l’esistenza di Dio, avevano quasi sempre associato quest’ultima alla sua perfezione. Gödel, invece, immagina vi siano delle condizioni alle quali Dio risponde, che ne confermano l’esistenza. Innanzitutto egli traduce le perfezioni in qualità positive e prosegue poi con l’idea che queste proprietà si riferiscano ad un oggetto che sia in grado di possederle tutte. Questo oggetto è inevitabilmente Dio, poiché:
“Dio possiede ogni proprietà positiva per la sua definizione. Viceversa, se una proprietà è posseduta da Dio, allora significa che essa è più grande della proprietà positiva di <<essere Dio>> e per la quarta condizione è anch’essa positiva.”
Questo passaggio è comprensibile se si tiene conto del fatto che la quarta condizione prevede che un numero maggiore di un numero positivo è anch’esso positivo. In poche parole ciò significa che se “l’esser bianco e grande” è positivo, allora anche il solo fatto di esser bianco è anch’esso positivo. Oltre a ciò, il “non essere Dio“, non essendo una proprietà positiva, non è posseduta da Dio. Da qui viene dedotta la necessità della sua esistenza.
Kurt Gödel: il genio scientifico e la curiosità filosofica
Ricordiamo che la prova ontologica di Dio è stata pubblicata postuma, anche se non ci è dato sapere se egli decise di non renderla nota perché poco convinto della procedura o per timore di essere confutato. Di fatto, molte delle sue ricerche restano incompiute o chiuse in un cassetto. Nonostante il lavoro certosino, ben poche volte Gödel riesce ad essere soddisfatto dei risultati ottenuti.
Lo studio della filosofia e la curiosità scaturita dai quesiti che quella pone gli consentono di raggiungere importanti risultati in matematica e di coltivare allo stesso tempo l’interesse per la metafisica. A ciò vanno aggiunti i contributi lasciati alla filosofia del tempo e a quella dello spazio.
Una mente brillante, dunque, quella di Gödel che si sente distante dal suo tempo, ma che forse proprio per questo riesce a scandagliare con raziocinio, ma anche sensibilità, tutti gli argomenti in cui si imbatte. A buon ragione John von Neumann lo definisce:“il più grande logico dai tempi di Aristotele”.
Giuseppina Di Luna
Bibliografia
Kurt Gödel, Opere Volume I e II, ed. Bollati Boringhieri, 2002.
Kurt Gödel, La prova matematica dell’esistenza di Dio,a cura di G. Lolli e P. Odifreddi, ed. Bollati Boringhieri, 2006.