Nella zona del salernitano, tra le tante architetture trasformate grazie al restauro vi fu anche il Duomo di Amalfi.
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Fonti e condizioni
Matteo Camera, Pietro Pirri e Franco Strazzullo, autori di alcune pubblicazioni sul duomo, sono riusciti nel ritrovamento di documenti relativi al restauro del Duomo di Amalfi. Le fonti affermano che il duomo era in brutte condizioni già nel 1447, le condizioni sono in seguito peggiorate.
Nel 1486 l’arcivescovo Andrea Cunto interpellò i capomastri per avere ulteriori informazioni sulla caducità della cattedrale, i quali dichiararono che i tetti della navata centrale erano pericolanti.
Nel 1515 Santillo della Monica, chiamato “capomastro de le fabriche de la Corte”, insieme a famosi fabbricatori di Amalfi e Cava dei Tirreni, decise per l’innalzamento di contrafforti lungo i muri perimetrali del Duomo di Amalfi. Gli interventi furono eseguiti parzialmente durante il governo dell’arcivescovo Girolamo de’ Glanderoni, ulteriori consolidamenti furono eseguiti successivamente senza compromettere l’originale configurazione.
Col terremoto del 1688, ci fu un peggioramento delle condizioni statiche del duomo.
Il restauro del Duomo di Amalfi
L’inizio dei lavori per la riparazione e restauro del Duomo di Amalfi ha luogo già nella metà del ‘400 e proseguirono negli anni successivi. Durante la carica pastorale di Giulio Rossini abbiamo una prima rielaborazione del duomo. La cripta di Sant’Andrea prende nuova veste sotto la direzione di Domenico Fontana. Dopo la morte dell’architetto i lavori continuarono grazie al figlio Giulio Cesare e finirono il 1612.
I lavori di restauro sono contemporanei a quelli del Duomo di Salerno.
Tra i due duomi è possibile notare analogie nell’apparato decorativo degli ambienti, l’uso di marmi policromi che rivestono pareti e pilastri e l’apparato di stucco che crea riquadri affrescati.
Dopo il terremoto del 1688, l’arcivescovo Simplicio Caravita si rivolse all’architetto Arcangelo Guglielmelli per la redazione di un nuovo progetto tra luglio e ottobre 1691.
Nel contratto d’appalto, del 2 Luglio 1691 stipulato dal notaio Stefano Verone di Scala, si certificano i vari ammodernamenti.
Tra le varie modifiche la più importante fu l’abbassamento dei muri della navata centrale che determina un diverso rapporto di altezze con le navate laterali.
Furono eliminati tutti gli orpelli medievali tra cui le colonnette di marmo e le fasce decorative.
Vennero rifatte la copertura, il registro delle finestre e utilizzate catene di ferro per il consolidamento delle volte.
Negli atti vi è anche l’abbattimento di:
tutta la fabrica che appare mal fatta, e di nuovo fabricare nel modo che li sarà ordinato, overo nel fronte delle cascie col farci gl’occhi et metterci le traverze per abbracciare detto muro, con lasciare la memoria antica della musaicha.
Per oltre vent’anni il duomo fu un cantiere in piena attività. Nel 1702 iniziarono i lavori di restauro su progetto di Guglielmelli e sotto la guida dell’arcivescovo Michele Bologna.
I lavori di Guglielmelli
L’architetto Arcangelo Guglielmelli ebbe una grande importanza all’interno della progettazione e del restauro architettonico del Duomo di Amalfi. Nel suo lavoro è possibile vedere anche la realizzazione del soffitto a cassettoni, l’apparato decorativo della navata centrale e la realizzazione della navata centrale con conservazione dell’atrio originario.
Per l’impaginazione architettonica, Guglielmelli usa come modello la chiesa del Gesù di Roma con la lesena addossata al pilastro che supera l’altezza degli archi fino a raggiungere la trabeazione superiore.
Lo spazio tra il cornicione e la chiave d’arco ospita un rosone in rilievo.
La soluzione adottata dall’architetto risolve il problema dell’eccessiva altezza degli archi originari che costituivano fonte di disorganicità della nuova costituzione barocca.
Anche la scelta cromatica delle partiture: marmi policromi su parti architettoniche con funzioni portanti e intonaco bianco per i muri di tamponamento. Le navate laterali risentono ancora della struttura originaria medievale con l’imposta delle volte e la chiave d’arco di dimensioni maggiori, tanto da poter inserire finestre a stucco.
L’altare del Sanfelice
Ferdinando Sanfelice è stato autore dei partiti decorativi realizzati sulle pareti e sulle volte a crociera delle navate laterali. Però la sua più grande opera fu il disegno della macchina dell’altare maggiore con la presenza di una spazialità del tutto nuova.
L’altare prevede coppie di binati di colonne riunificati da tratti di trabeazione con timpani curvilinei spezzati. Al di sopra vi sono angeli reggipalma che ruotano seguendo la curvatura dell’abside e fanno da preludio alla pala di Sant’Andrea sul fondo del catino.
Lo schema compositivo può essere comparato ai disegni che Juvarra dedica all’opera del Borromini nella chiesa dei SS.Apostoli. Infatti vi sono strette connessioni tra le due opere come lo schema trapeizoidale, le soluzioni compositive delle colonne su doppi basamenti e gli alti tratti di trabeazione a sostegno delle volute su cui sono collocate gli angeli.
È stato un vero e proprio viaggio nell’evoluzione dello stile architettonico di questa meraviglia, principale luogo di culto cattolico di Amalfi.
Ilaria Martorelli
Fonti: Gallo Maria Carmen, Tipi e forme degli ammodernamenti barocchi nel salernitano, Pietro Laveglia editore, Salerno, 2004