Artista a meta tra gotico e pop, Tim Burton è uno dei registi più noti di Hollywood. Uomo incompatibile con la vita della provincia americana, ha sviluppato uno stile e una poetica che lo hanno reso un unicum nel panorama del cinema statunitense. La sua carriera lo ha portato a lavorare anche nel campo dell’animazione, riuscendo sempre a mantenersi fedele a sé stesso.
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Vincent: sguardo sul giovane Tim Burton
Il suo primo lavoro distribuito nelle sale è il cortometraggio Vincent, del 1982. La possibilità gli viene offerta dalla Disney dopo alcuni anni di lavoro come animatore. Burton ottiene un finanziamento dall’azienda e la possibilità di realizzare un adattamento di una poesia scritta in passato.
Vincent, dedicato all’attore Vincent Price che fa anche da voce narrante, è uno sguardo sulla vita di un ragazzo solitario appassionato di storie horror. Nel corto, la realtà si mischia alle fantasie del giovane, perso nel sogno di essere come Vincent Price. Lo vediamo allora immaginare di fare esperimenti sul suo cane o sulla zia, nel buio del suo castello popolato da pipistrelli. A dare un’atmosfera cupa al tutto contribuiscono i giochi di luce e ombre ispirati al cinema espressionista tedesco degli anni ’20.
Il giovane Vincent non è altro che una rappresentazione dello stesso Tim Burton durante gli anni dell’infanzia. Il regista ha sempre raccontato come la sua infanzia sia stata caratterizzata da una profonda solitudine e insofferenza verso l’ambiente in cui viveva. Le sue vie di fuga erano il cinema, il disegno e il genere horror. Dopo Vincent, tutte le opere animate del regista saranno quindi caratterizzate da una forte impronta horror non sempre accettata dai vari produttori.
The Nightmare Before Christmas: un film di Burton?
Jack Skeletron, il re della città di Halloween, è oggi probabilmente il personaggio più conosciuto di Tim Burton. Ottenuto un buon successo già all’uscita in sala nel 1993, è con il decennale nel 2003 che Nightmare Before Christmas diventa un vero cult. Tuttavia, va sottolineato che in realtà il film non è diretto da Burton, ma dall’amico Henry Selick.
Nonostante questo, non è possibile parlare dell’animazione di Tim Burton senza citare questo film. Il suo contributo alla realizzazione della pellicola resta in ogni caso enorme. Il film nasce infatti come poesia illustrata realizzata dal regista durante gli anni in cui lavorava per la Disney. Tuttavia, Burton è decisamente poco presente sul set durante le riprese, per via dei lavori in corso per Batman – Il ritorno.
Come Vincent, anche il protagonista Jack Skeletron è insoddisfatto della sua vita. Il re della città di Halloween trova nel Natale una svolta nella sua routine, ma non si rende conto delle conseguenze catastrofiche di questa sua scelta. Nightmare Before Christmas è una fiaba natalizia atipica e un racconto di crescita personale che riesce a unire depressione e umorismo, vita e morte. Il risultato finale è una pellicola grottesca, tenebrosa e magica, con dei personaggi ormai entrati nell’immaginario comune.
La sposa cadavere: racconto gotico su amore, vita e morte
La sposa cadavere (2005) è, in fin dei conti, il primo lungometraggio animato diretto da Tim Burton. Candidato al Premio Oscar nel 2006, è una storia di amore e morte in cui si incontrano il mondo dei viventi e quello dei defunti. Fonte d’ispirazione è l’adattamento russo del XIX secolo di un racconto scritto da un rabbino e mistico vissuto nel XVI secolo.
La sposa cadavere è uno dei massimi vertici dell’estetica di Tim Burton. Il regista immerge fin da subito lo spettatore in un’ambientazione grigia e squallida. Sulle ali di una farfalla azzurra attraversiamo una cittadina opprimente e ne intravediamo gli abitanti, figure grottesche dai movimenti lenti e meccanici. Conoscendo alcuni personaggi del racconto, veniamo a capire i valori alla base di questo triste mondo: la ricchezza e l’affermazione sociale. Il protagonista Victor, imbranato e sognatore, e la sua promessa sposa Victoria sembrano essere gli unici a rifiutare questi valori, rifugiandosi nell’amore per la musica e diventando di fatto i freaks della società in cui vivono.
Eppure, con la discesa di Victor nel mondo dei morti, l’atmosfera cambia radicalmente. I colori si accendono, una musica trascinante permea l’aria e i defunti improvvisano danze e spettacoli. La contrapposizione tra i due mondi diventa così esplicita. Le preoccupazioni e gli egoismi dei vivi diventano futili, in quanto la morte raggiunge tutti. Eppure, è proprio nell’aldilà che ogni uomo ritrova la libertà e la pace interiore.
Frankenweenie: una dichiarazione d’amore
Il secondo e ultimo lungometraggio d’animazione diretto da Tim Burton è Frankenweenie, film del 2012 prodotto finalmente dalla Disney. La pellicola è l’adattamento dell’omonimo cortometraggio live action girato dal regista nel 1984. Ispirato al Frankenstein di Mary Shelley, racconta del tentativo di un ragazzino di riportare in vita il suo amato cagnolino e delle catastrofiche conseguenze.
Con Frankenweenie, Burton si allontana dalle atmosfere fiabesche dei film precedenti per spostarsi in una tipica e monotona cittadina della provincia americana. L’ambientazione e l’utilizzo del bianco e nero richiamano alla memoria il cortometraggio Vincent, così come finisce per fare il protagonista Victor man mano che impariamo a conoscerlo. Anche lui, come Vincent, è un ritratto del giovane Tim Burton. Ragazzo solitario ed estremamente legato al suo cane Sparky, Victor ha come grande passione il cinema e si diverte a girare cortometraggi con il cagnolino. Inserendo una serie di scene scolastiche e di interazione con gli abitanti della cittadina, Burton allunga la storia originale raccontando la vita di un giovane outsider nella provincia americana.
Eppure, questa volta non è il racconto autobiografico ciò che più interessa al regista. Approfittando dell’inserimento della tematica cinematografica, Burton si lascia andare a un’ampia serie di citazioni del cinema horror. L’intera pellicola è un calderone di omaggi ai titoli fondamentali del genere e ai suoi protagonisti. Troviamo ovviamente Frankenstein, ma anche personaggi dalle sembianze di Boris Karloff, gatti vampiro e mostri che ricordano Godzilla. Se La sposa cadavere è la summa animata dell’arte e della narrazione burtoniana, Frankenweenie è un divertissement. Riprendendo una sua vecchia opera, Tim Burton dichiara una volta per tutte il suo amore per il cinema e per l’horror, riconoscendo loro il merito di averlo salvato nei difficili anni della giovinezza e di avergli indicato una strada da seguire.
Davide Proroga