Lo storico Sallustio si propone di raccontare la storia di Roma per monografie. Nelle nobili intenzioni dello storico di Amiterno tale opzione non condiziona o restringe i contenuti della narrazione storica: la struttura monografica determina solo la struttura formale del racconto. È questo il caso del De Catilinae coniuratione, la più nota monografia di Sallustio.
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Lo stile di Sallustio: monografia e prospettiva di ampio respiro
Sallustio nella sua monografia non rinuncia a voler scrivere la Storia di Roma con una prospettiva di ampio respiro; semplicemente, lo storico sceglie di trattare tutta la storia di Roma non in una indifferenziata successione di eventi incastonati in ordine cronologico, bensì individuando alcuni avvenimenti su cui soffermare specificamente l’attenzione in ragione del loro carattere esemplare e della loro incidenza nel divenire della storia romana.
Attraverso tali episodi salienti Sallustio vuole interpretare e leggere i fatti della storia di Roma.
Le monografie sallustiane avrebbero, dunque, dovuto legarsi l’una all’altra come tessere di un mosaico e nel loro insieme avrebbero narrato la storia di Roma.
Diverse ragioni spinsero Sallustio a elaborare una storiografia per monografie. I modelli greci recenti suggerivano agli storiografi romani la necessità di misurarsi con il genere monografico. Inoltre, l’atteggiamento moralistico con cui Sallustio si accostava al suo mestiere da storiografo e alle vicende del passato di Roma presupponeva una selezione degli avvenimenti e quindi una valorizzazione di alcuni episodi a discapito di altri, sulla base certamente della loro idoneità a essere indagate e a presentare i valori e i disvalori che il giudizio etico dell’autore aveva individuato.
Sallustio prestava molta attenzione a contenuti fortemente attualizzanti perché più incisivamente efficaci in termini di ammaestramento che escludevano a suo avviso opzioni narrative più tradizionali come l’annalistica.
La complessità, l’impegno e il grade respiro del suo progetto storiografico innovativo indussero, tuttavia, lo storico di Amiterno, conclusa la stesura delle due prime monografie a proseguire la sua attività storiografica uniformandosi a modelli espositivi già consolidati dalla tradizione e, quindi, a scrivere le Historiae.
Il De Catilinae coniuratione: una monografia ideologica
Il De Catilinae coniuratione venne composto dopo la morte di Cesare, nel 42 a.C. La cronologia non è certa, ma si desume dalla temperie politica del tempo.
La scelta dell’episodio scaturiva probabilmente dal dibattito che si era aperto sul dittatore dopo il cesaricidio e si configurava come tentativo di scagionare l’ucciso da qualsiasi coinvolgimento nell’azione delittuosa di Catilina.
Sallustio nella monografia voleva forse rispondere all’opera postuma di Cicerone De consiliis suis, memoriale del consolato dell’oratore che aveva smascherato e perseguito i cospiratori e che raccoglieva prove circostanziali anche sui sostenitori esterni dell’azione di Catilina.
Tale operetta riproponeva all’attualità il dibattito e rinnovava le accuse mosse a Cesare in un disegno di legittimazione dell’azione dei congiurati del 44, ritratti come liberatori della tirannide.
Ritratto di Catilina
Dopo la giustificazione sulla sua scelta storiografica, Sallustio nella monografia ci presenta il protagonista della vicenda:
Lucius Catilina, nobili genere natus, fuit magna vi et animi et corporis, sed ingenio malo pravoque. Huic ab adulescentia bella intestina, caedes, rapinae, discordia civilis grata fuere, ibique iuventutem suam exercuit. Corpus patiens inediae, algoris, vigiliae, supra quam cuiquam credibile est. Animus audax, subdolus, varius, cuius rei lubet simulator ac dissimulator; alieni adpetens, sui profusus; ardens in cupiditatibus; satis eloquentiae, sapientiae parum. Vastus animus immoderata, incredibilia, nimis alta semper cupiebat. Hunc post dominationem L. Sullae lubido maxuma invaserat rei publicae capiundae, neque id quibus modis adsequeretur, dum sibi regnum pararet, quicquam pensi habebat. Agitabatur magis magisque in dies animus ferox inopia rei familiaris et coscientia scelerum, quae utraque is artibus auxerat quas supra memoravi. Incitabant praeterea corrupti civitatis mores, quos pessuma ac divorsa inter se mala, luxuria atque avaritia, vexabant.
Lucio Catilina di nobile stirpe, fu d’ingegno vivace e di corpo vigoroso, ma d’animo perverso e depravato. Sin da giovane era portato ai disordini, alle violenze, alle rapine, alla discordia civile; in tali esercizi trascorse i suoi giovani anni. Aveva un fisico incredibilmente resistente ai digiuni, al freddo, alle veglie, uno spirito incredulo, subdolo, incostante, abile a simulare e a dissimulare. Avido dell’altrui, prodigo del suo; ardente nelle passioni; non privo d’eloquenza, ma di poco giudizio; un animo sfrenato, sempre teso a cose smisurate, incredibili, estreme.
Finito il dispotismo di Silla, fu preso dalla smania d’impadronirsi del potere; pur di raggiungerlo, non aveva scrupoli; quell’animo impavido era turbato ogni giorno di più dalla penuria di denaro e da cattiva coscienza, rese più gravi dalle male abitudini cui ho accennato. Lo spingeva inoltre su quella china la corruzione della città, nella quale imperavano due vizi diversi ma parimente funesti, lusso e cupidigia.
Figura contraddittoria
Questo ritratto costituisce un passo famosissimo del De Catilinae coniuratione, nel quale la figura di Catilina si erge nella sua contraddittorietà. L’uomo è disegnato come uno con magna vi et animi et corporis, sed ingenio malo pravoque: alla forza del corpo e della mente si contrappone, con la particella avversativa, un ingegno malvagio e depravato.
E ancora Catilina risulta essere avido delle cose altrui, ma generoso verso gli altri, eloquente, ma poco giudizioso: l’arte della contrapposizione infatti sembra scavare nel personaggio e a far sì che un uomo così non poteva non arrivare che alla sedizione. Ma un uomo è così, sembra dirci nella sua monografia Sallustio, perché così è l’ambiente in cui egli è vissuto ed é cresciuto.
La vicenda storica
Il De Catilinae coniuratione racconta la vicenda della congiura ordita da Lucio Sergio Catilina nel 63 a.C. con i suoi preludi collocabili già a partire dal 66-65 a.C.
Le corse al consolato (vie legali)
Giovane aristocratico decaduto, abile politico e militare di esperienza, pretore nel 68, Catilina era stato governatore dell’Africa e inquisito per questo incarico, tanto da venir escluso dalla corsa al consolato per il 65, nonostante la successiva assoluzione. Dopo aver tentato invano di puntare alla carriera magistratuale candidandosi al consolato per il 63, era stato nuovamente incriminato per un omicidio di età sillana (lui che era stato in un primo tempo sillano). Fu ancora assolto.
Nel 63 aveva tentato nuovamente la corsa alla più prestigiosa magistratura per il 62, ma era stato sconfitto.
Queste coppe riempite di cibo o bevande venivano offerte per strada in occasione delle elezioni del 63-62 a.C. La coppa a sinistra sponsorizza (petit) la candidatura di Marco Porcio Catone a tribuno della plebe. La coppa a destra era sponsorizzata da Lucio Cassio Longino, pretore con Cicerone nel 66 a.C., e supportava (suffragatur) Lucio Sergio Catilina (Catilinae) nella sua corsa al consolato.
La congiura di Catilina
Questo ulteriore fallimento determinò in lui la scelta di intraprendere vie illegali e violente. Catilina aveva elaborato una strategia per l’acquisizione del potere, un colpo di Stato, progettando l’eliminazione dei consoli in carica.
Aveva raccolto intorno a sé un composito gruppo di congiurati, provenienti dai ceti più vari della società romana, ma accomunati dal disprezzo per la legalità e dall’uso della violenza. Tra di essi si annoverano sia individui appartenenti ai ceti più alti della societas romana – nobili fortemente indebitati ed equites (“cavalieri”) – sia plebei, proprietari terrieri falliti, veterani di Silla, donne, schiavi –, nonché popolazioni straniere, come i Galli Allobrogi, scontente del dominio di Roma.
Catilina riunì tutti intorno ad un programma estremistico, ma democratico: i suoi obiettivi fondamentali erano il condono dei debiti, la distribuzione di terre ai meno abbienti ed il riscatto dei cittadini più miseri. Potremo definirlo un demagogo moderno!
La congiura di Catilina fu scoperta prima ancora che l’azione iniziasse.
«E fino a quando, o Catilina, abuserai della nostra pazienza? Fino a qual punto ti spingerà la tua sfrenata audacia? Non ti rendi conto che siamo al corrente della tua congiura? O Catilina, bisognava condurti a morte già molto prima d’ora e far ricadere su di te la sciagura che vai preparando contro noi tutti!».
Così il console Cicerone iniziò in Senato la sua orazione contro Lucio Catilina. Cicerone continuò quindi con impeto la sua invettiva e concluse la sua orazione chiedendo per Catilina l’esilio perpetuo. Di fronte alle precise accuse di Cicerone, Catilina non riuscì a difendersi con argomenti convincenti.
Nessuno dei senatori osò mettere in dubbio le parole di Cicerone e il Senato dichiarò Catilina nemico della Repubblica. Catilina fu dunque costretto a lasciare immediatamente e per sempre Roma. Era l’8 novembre dell’anno 63 a. C.
La morte e la condanna dei congiurati
Lasciata Roma, si recò in Etruria, ove alcuni suoi fedeli amici avevano raccolto un piccolo esercito. Perí in battaglia a Pistoia (62 a.C), battuto dalle legioni del console Antonio, mentre i suoi partigiani venivano giustiziati senza processo per ordine del console Cicerone.
Cicerone, uno dei più grandi oratori romani e sostenitore del Senato, con tutta la sua arte oratoria, ottenne dal Senato la condanna a morte di tutti i complici di Catilina che erano stati arrestati. A loro non fu concesso il diritto di appello.
Questo fu una grave violazione delle leggi allora vigenti:
- in primo luogo perché fu decisa dal Senato, organo che non aveva alcun potere giudiziario;
- poi perché non era stato concesso, ai condannati, il diritto di appello.
In Senato, solamente Cesare prese la parola per opporsi a tale procedura illegale, ma non venne ascoltato.
Attraverso la monografia, Sallustio intende esaminare il momento acuto della crisi sociale, politica e morale che aveva attraversato lo stato romano, ponendolo in una condizione di grave pericolo, come mai nella sua storia precedente.
La congiura di Catilina del 63 aveva carattere esemplare e ben esplicava le dinamiche perverse del governo del periodo: presentava un nuovo tipo di eversione politica, ovvero una cospirazione di privati contro i poteri costituiti intesa all’eliminazione dei consoli in carica. I congiurati non escludevano la rivoluzione pur di ottenere il potere.
La congiura di Catilina antecedente del crimine commesso dai Cesaricidi
Sallustio nella sua monografia sottendeva alla scelta del soggetto una chiara polemica: l’azione eversiva dei congiurati rappresentava l’antecedente diretto del crimine commesso dai cesaricidi, che a loro volta avevano progettato, e in questo caso portato a compimento, l’uccisione di un magistrato nell’esercizio delle sue funzioni, che rivestiva anche la più alta carica sacerdotale, programmando una rivoluzione nello stato con la violenza.
Decadenza dei costumi e il metus hostilis nel De Catilinae coniuratione
Lo storico di Amiterno indirizzava dunque la sua requisitoria alla nobiltà corrotta che trascinava lo stato alla rovina.
Apre la monografia un lungo excursus sulla storia del genere umano e sul tema della decadenza dei costumi. Secondo una lettura accreditata presso la storiografia antica, con la caduta di Cartagine aveva avuto fine il metus hostilis (paura dello straniero), ovvero il timore dei nemici esteri che rappresentava per i cittadini romani uno stimolo ineguagliabile al rigore del comportamento e alla coesione civica fintanto che il popolo poteva trovare unità in un nemico comune.
Alla cessazione di esso primo pecuniae deinde imperi cupido crevit, dapprima crebbe il desiderio del denaro, quindi del potere, e in questo binomio perverso l’ambizione personale, e quindi la tirannia di Silla con esiti spaventosi. La monografia di Sallustio si chiude con il discorso di Catilina prima della battaglia e la descrizione della sua morte a Pistoia.
Errori nella ricostruzione storica
Errori non marginali nella ricostruzione storica, riconducibili primariamente ad alterazioni della successione cronologica, sono quindi l’esito della preoccupazione dello storico di consegnare ai posteri non una sempre fedele ricostruzione degli avvenimenti, ma una memoria ideologicamente connotata della vicenda.
Maria Francesca Cadeddu