Lex Luthor: Man of Steel è una graphic novel realizzata nel 2005 da Brian Azzarello, autore di opere del calibro di 100 Bullets, Joker e Superman: For Tomorrow. Pubblicata dalla DC Comics, la storia mostra il conflitto eterno tra Lex Luthor e Superman dall’intrigante punto di vista del ricco magnate.
Il Supereroe: moderna mitologia
Lex Luthor nel corso della sua oramai quasi centenaria vita editoriale ha rappresentato la nemesi per eccellenza dell’Uomo D’Acciaio, superando la sfida del tempo. Egli, infatti, si è mostrato una minaccia costante e sempre all’altezza dell’eroe Kryptoniano.
Da folle scienziato a carismatico squalo della finanza, Lex Luthor si è fatto riflesso delle paure più recondite dell’animo umano. Egli si è evoluto insieme ad esse nel corso degli anni tanto quanto il suo odiato nemico ha fatto con le migliori virtù.
Eccellenti saggi dedicati alla genesi e all’evoluzione del fumetto hanno presentato una visione del supereroe (e per estensione del supercattivo) non dissimile da quella di una moderna mitologia, elevandone i personaggi ad icone immortali, vere e proprie divinità pop capaci di incarnare qualità senza tempo.
Come Ben Saunders scrive nel suo illuminante saggio Do the Gods Wear Capes? Spirituality, Fantasy, and Superheroes, nell’originale incarnazione di Siegel e Shuster “Superman operava in un’ottica marxista dell’etica, distruggendo le proprietà private di avidi signori della guerra e rappresentanti corrotti dell’alta società. La risposta dell’industria all’isteria anti-fumetto degli anni 50 fu di trasformarlo, invece, in un protettore dello status quo politico e sociale nonché in un’icona nazionalista, divenendo sinonimo di Verità, Giustizia e Sogno Americano”.
Nel corso della storia dell’Uomo d’Acciaio, dunque, il suo concetto di virtù si modifica al trasformarsi del mondo dei suoi creatori. “Qualsiasi cosa immaginiamo collettivamente come “buono” in un dato momento, sembra che Superman debba lottare per esserne l’icona”, scrive Saunders. Perché un villain sopravviva è necessario, però, che si adatti similmente all’eroe che deve contrastare: cosa può, quindi, comunicare oggi il personaggio di Lex Luthor?
Superman visto dagli occhi del suo nemico
Per Lex, Superman rappresenta un vero e proprio affronto alla natura umana, un dio ingannevole che osserva il mondo con disprezzo. Le sue metodiche spiegazioni dissezionano la figura del supereroe con lucida e (paradossalmente) passionale asetticità.
Superman, è effettivamente, l’incarnazione di un ideale perfetto sia fisicamente che moralmente e pertanto irraggiungibile dall’uomo comune. Indipendentemente dallo sforzo individuale o collettivo dell’umanità, non è realisticamente possibile pensare di volare più velocemente della luce così come di fare sempre la scelta eticamente giusta dinanzi a ogni avversità. Le sue argomentazioni apparentemente inattaccabili, però, sono una trappola chirurgicamente preparata da Luthor stesso, un inganno narrativo che ci viene teso dalla storia.
Addentrandoci negli affascinanti monologhi di Lex sulla natura umana e superumana, accompagnati dai meravigliosi disegni di Lee Bermejo, risulta sempre più chiara, difatti, una sua ipocrisia di fondo che sfocia nella folle ossessione. La maschera del generoso e affabile benefattore si incrina col susseguirsi degli eventi.
Postosi come ultimo baluardo dei terrestri contro la minaccia aliena, Luthor si macchia di crimini orrendi pur di perseguire la sua crociata contro l’Uomo d’Acciaio, che la sua mente divorata dalla paranoia trasforma in un terrificante e silenzioso demone dagli occhi scarlatti. Questo perché Luthor, nel suo cieco egoismo, fallisce nell’interpretare l’ideale di Superman, guardando alla sua esistenza come un insulto al proprio ego smisurato. Il suo cinismo lo rende incapace di concepire l’idea di un superessere che sacrifica la propria vita e i propri doni per il benessere della collettività piuttosto che farsi venerare nel suo palazzo di cristallo. Né riesce ad accettare chi preferisce sentirsi ispirato invece che sminuito da un uomo, un alieno per giunta, che sceglie di portare il peso del mondo sulle proprie spalle semplicemente perché può farlo.
Lex Luthor, icona dell’immobilismo critico
Lex Luthor si fa carico di molte caratteristiche negative che sarebbe possibile riscontrare oggi in figure di spicco della società moderna. Brillante uomo d’affari che si è costruito da sé, Luthor non accetta alcuna autorità che non sia la propria. Il vetro attraverso il quale parla a Clark durante la storia è metaforico: egli vive tra molti comfort, eppure blatera all’infinito di versioni distorte e ipocrite di concetti quali giustizia e verità. Intanto, Superman, presenza silenziosa nella storia, è dall’altra parte del vetro, impegnato a dimostrare come le azioni definiscano un uomo più delle parole. Lex, da grande affabulatore, spinge invece il lettore a rigettare quest’idea: dopotutto, come non manca mai di sottolineare, Kal-El “non è umano. Non è un uomo”.
Cos’è l’esistenza di Superman, dunque, se non il più grande monumento al fallimento di Luthor? Per quanto egli provi a screditarne le intenzioni, Clark è lì, riflesso della persona che Lex non ha saputo (o voluto) essere. E perché quel monumento crolli, è necessario venga disumanizzato, infangato, corrotto. Così, la narrazione che il magnate fa dell’Uomo D’Acciaio è quella di “un alieno clandestino caduto dalle stelle”, un essere malintenzionato poiché diverso.
L’intero fumetto si fa carico di una metafora potente, immortale, che rammenta a tutti quanto sia semplice cadere preda delle mellifluità sapientemente strumentalizzate per dividere invece che unire, al fine di servire gli interessi e le manie di grandezza del potente di turno, sempre in prima linea a difesa del popolo con le chiacchiere ma mai con le azioni.
Egli, però, è sempre pronto a “proteggere” la nostra “integrità” attaccando ingiustamente il diverso, l’alieno, l’immigrato, il kryptoniano. L’attualità di questa graphic novel è sempiterna, così come la sua morale. Nella vita, si ha, infatti, la facoltà di scegliere l’esempio a cui tendere: Superman o Lex Luthor?
Flavio Giuditta