L’artigianato durante il regno dei Mamelucchi rivestì un ruolo importante. Soprattutto grazie al mecenatismo, le arti e la cultura materiale ricevettero un grande impulso.
I Mamelucchi erano di religione islamica sunnita e governarono l’Egitto, la Siria e parte dell’Arabia Saudita all’incirca tra il 1250 ed il 1517.
In particolare, era una dinastia aristocratica militare di giovani schiavi (dall’arabo mamlūk significa “proprietà, schiavo” di qualcuno) che erano stati comprati nella steppa a nord del Mar Nero e portati in Egitto e in Siria dai sultani Ayyubidi (quest’ultima è la dinastia curdo-musulmana fondata dal condottiero Saladino). I Mamelucchi acquisirono preponderanza già sotto il dominio degli Ayyubidi in Egitto, che poi spodestarono.
La dinastia mamelucca si divide principalmente in due rami. I Mamelucchi Bahri (1250-1382), che prendevano il nome dalla loro caserma sull’isola niolitica di Rawda (bahri, dall’arabo che in questa accezione significa “del fiume”) ed erano etnicamente in gran parte kipchack provenienti soprattutto dai territori dell’attuale Ucraina. I Mammelucchi Burji (1382-1517), che presero il nome dalla cittadella (Burj) in cui avevano vissuto ed erano soprattutto dell’etnia dei circassi provenienti dal Caucaso.
I Mamelucchi fondarono un potente regno. Esso si estendeva su Egitto, Siria (con un’interruzione dal 1258 al 1353 in Siria in cui ci fu il regno Ilkhanide) sino a Hijaz, nell’odierna Arabia Saudita, appropriandosi anche delle città sante all’Islam La Mecca e Medina. Istituirono la tradizione mihamal, il palanchino cerimoniale che guidava la carovana annuale da Il Cairo a La Mecca per il pellegrinaggio.
Stabilirono la loro capitale a Il Cairo, in Egitto, dove ancora oggi è possibile ammirare la maggior parte delle magnifiche opere del periodo mamelucco a cominciare da quelle architettoniche.
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Caratteristiche del regno dei Mamelucchi
Il primo regno mamelucco lo istituì Aybak, generale dell’ultimo sultano ayyubide che alla morte di questi ne uccise il figlio e ne sposò la moglie stabilendo così la propria dinastia.
I sovrani mamelucchi furono dei capi militari, succedutisi spesso con violenta sopraffazione gli uni sugli altri. Frequentemente la designazione del successore -che non era per via parentale– era fornito dai loro stessi compagni, come avveniva in alcuni periodi dell’Impero Romano.
Per questo Machiavelli ammirava questa dinastia. In particolare nel Principe sottolineò la caratteristica più importante di questo regno: “Tutto nelle mani de’ soldati”. Per quanto riguardava invece il fatto che alla morte del sultano non gli succedesse un figlio ma un nuovo eletto, Machiavelli osservò: “gli ordini di quello stato sono vecchi e ordinati come se fussi loro signore ereditario”.
Nei Discorsi Machiavelli elogiava la dinastia mamelucca. Egli imputò la fine di questo regno alla sola superiorità dell’artiglieria ottomana che li sconfisse. Peraltro anche sotto il dominio turco i Mamelucchi continuarono ad avere rilevanza nella vita sociale e statale talvolta ponendosi in contrasto con le nuove autorità.
Caratteristiche dell’artigianato durante il regno dei Mamelucchi
Accanto ad episodi sanguinosi e barbarici di questo sistema feudale-militare non sono però da trascurare gli effetti positivi che questo regno portò. Durante l’epoca mamelucca ci furono una grande floridezza commerciale, industriale ed artistica.
Una caratteristica distintiva delle arti e dell’artigianato durante il regno dei Mamelucchi era la ricorrente presenza di emblemi araldici, un riflesso della struttura complessa e gerarchica di quest’epoca storica. I cronisti medievali misero in rilievo l’uso di emblemi già nel periodo precedente, quello Ayyubide, tra cui i simboli del giglio e dell’aquila che permearono lo stile degli emblemi mamelucchi. Quindi è sotto questa dinastia che si sviluppò a pieno il sistema araldico.
Alcuni emblemi erano direttamente associati a personalità specifiche. A tal proposito esemplificativo fu il sultano mamelucco Baybars, che regnò dal 1260 al 1277, la cui immagine rappresentativa fu quella del leone. Altri emblemi invece indicavano una particolare posizione a corte. Ad esempio il simbolo di una coppa indicava il ruolo di coppiere, quello del portapenne il ruolo di segretario, quello del tovagliolo il maestro di guardaroba e quello della spada del portatore di spada.
Artigianato in metallo durante il regno dei Mamelucchi
Durante il XIII ed il XIV secolo fiorì in Egitto e Siria la tradizione dell’incisione del metallo (tradizione originaria del XII secolo di Herat, attuale Afghanistan). I motivi decorativi a partire dal XIII secolo furono gru e fiori di loto cinese –segno dell’influenza mongola su tutte le arti di questo periodo.
Quindi tipici dell’artigianato durante il regno mamelucco furono i recipienti metallici in una grande varietà di forme volti al mercato locale, mentre in Europa si commerciavano perlopiù committenze private.
Esemplificativo è un incensiere egiziano in forma sferica in ottone ageminato in argento risalente all’incirca al 1270. Questo esemplare è in forma sferica, con l’emblema di un aquila a due teste, insieme con l’iscrizione araba con il nome ed i titoli del proprietario collocati in modo ben visibile attorno all’oggetto. Il carbone e l’incenso erano posti in un contenitore retto da una sospensione cardanica, ed il fumo fuoriusciva attraverso la superficie perforata. Il proprietario era un importante emiro mamelucco, Badr al-Din Baysari che servì due sultani mamelucchi a metà del XIII secolo.
Ad esempio una brocca in ottone ageminato in argento e oro del 1250-1300 circa. Su di esso ci sono vistose iscrizioni arabe, che esaltano le virtù di un sultano, ma di cui non è indicato il nome, in uno splendente stile calligrafico in cui le lettere terminano a forma di fiamme. Sulla base del manico c’è un tondo riempito con un denso disegno di gru.
Altro esempio è un candeliere siriano in ottone fuso ageminato in argento ed oro del 1400 circa. Questo esemplare riporta uno stemma italiano probabilmente associato alla famiglia veneziana Boldù; l’emblema però fu forse aggiunto in Europa. Sul corpo dell’oggetto ci sono rappresentazioni di combattimenti animali.
I tessuti mamelucchi
Il commercio di fibre tessili e tessuti ebbero un impatto diretto sulla situazione politica, sui gusti dei sovrani e sulle condizioni ambientali e di conseguenza sulla produzione dell’artigianato durante il regno mamelucco. Ciò determinò un significativo cambio di direzione nella storia dei tessuti soprattutto per quelli egiziani.
In particolare, dal XIII secolo in poi, nei manufatti tessili si affermò l’uso della seta e del cotone riuscendo poco a poco ad eliminare l’importazione, ad esempio delle sete cinesi. Questo nuovo artigianato tessile finì per imporsi sul mercato locale ed europeo. Di conseguenza Il lino (usato in epoca precedente), non fu più utilizzato perché troppo costoso a causa delle imposte eccessive dovute alle numerose scarse inondazioni del Nilo.
Dopo il 1250 la produzione dei tiraz (laboratorio direttamente dipendente dal califfo o dai suoi incaricati più fidati nei quali vigeva il segreto di fabbricazione di beni di lusso) diminuì progressivamente fino al 1341, quando i laboratori privati chiusero ufficialmente. Il blasone fu il motivo decorativo di corte più associato alla dinastia mamelucca.
Inoltre anche i tappeti ebbero una grande diffusione. Studi recenti attestano che si debbano attribuire ai laboratori de Il Cairo del periodo mamelucco gli esemplari citati in molti inventari di mercanti veneziani del XV e XVI secolo, i cosiddetti “tappeti di Damasco”. Questi ultimi erano solitamente di lana lucida ed in pochi colori -in genere rosso, verde, azzurro e giallo- con minuziosi motivi geometrici e vegetali stilizzati.
Di solito nell’ornamentazione la preferenza riguardo alle iscrizioni era di frasi pie e lodevoli rivolte al sultano, con caratteri grandi su fondi arabescati ed interrotti da medaglioni con motivi araldici oppure vegetali.
Gli abiti all’epoca dei Mamelucchi
L’abbigliamento, in termini di tessuti e di colori, divenne un importante indicatore del rango sociale e della fede professata. In continuità con i loro predecessori, i Mamelucchi utilizzarono il giallo come colore dinastico, i discendenti del profeta Maometto indossavano il verde ed i cristiani e gli ebrei portavano il blu.
Diversi pezzi di tessuto tagliati e cuciti insieme formavano le camicie e le tuniche, a quel tempo il capo di abbigliamento più comune per uomini, donne e bambini. Esse presentavano strisce di diverse tonalità e disegni geometrici, secondo la moda dell’epoca.
Il ricamo divenne la tecnica principale utilizzata per produrre i motivi caratteristici dell’iconografia mamelucca poiché adatta a riprodurre disegni regolari, simmetrici ed armoniosi. Nei grandi bazar dei centri egiziani di produzione tessile, i clienti potevano ordinare indumenti scegliendo modelli, fibre tessili e cuciture visionando un campionario della lavorazione.
Esemplificativo è il frammento di una manica di una tunica egiziana probabilmente di un ragazzo in cotone e seta all’incirca del XIV-XVI secolo (simile nel modello alla gallabiyya tuttora in uso in Egitto). Questa manica decorata con strisce multicolori rappresentava lo stile mamelucco. Fibre tessili e motivi decorativi erano molto apprezzati a corte e si ritrovavano spesso negli abiti onorifici.
Altro esempio è un pannello frammentario egiziano in lino e cotone del XIII-XIV secolo. Il disegno geometrico su di esso è caratteristico della produzione tessile mamelucca. Con un ricamo in cotone blu scuro su una trama di lino a tinta unita, il motivo principale è uno zigzag ripetuto con piccoli fiori sulle punte, mentre sul bordo ci sono delle losanghe con un motivo angolare intrecciato. Pannelli simili sono stati rinvenuti sui corpi seppelliti nei cimiteri mamelucchi e probabilmente, come suggerisce la loro forma, il loro originario uso era per fasce o turbanti.
La ceramica mamelucca
Durante il periodo mamelucco una consolidata manifattura della ceramica in Egitto e Siria produsse una vasta gamma di vasellame e mattonelle. I principali centri di produzione erano al-Fustat (Il Cairo vecchia, in Egitto) e Damasco (Siria). Ritrovamenti delle ceramiche di questo periodo sono prodotti locali e porcellane bianche e blu e céladon importati dalla Cina.
In particolare, contraddistinguevano il vasellame mamelucco esuberanti stili ibridi con combinazioni di elementi floreali locali e cinesi. Molto diverse nello stile sono i recipienti in terracotta di uso comune, fabbricati a Il Cairo, caratterizzati dall’utilizzo di simboli associati ai ruoli dei funzionari. Le mattonelle blu e bianche erano usate per decorare edifici secolari e religiosi.
Ad esempio un gruppo di queste mattonelle sono presso la tomba del dignitario mamelucco Ghars al-Din Khalil al-Tawrizi a Damasco, del 1420 circa, con la firma di un ceramista di nome Ghaibi e con la stessa nisba, “al-Tawrizi”. Questo indica una connessione con Tabriz, in Iran e fornisce anche un indizio per la datazione di mattonelle simili estrapolate dal loro contesto originario.
Esemplificativa una coppa egiziana in terracotta decorata a sgraffito (quindi incisa graffiando l’ingobbio), con ingobbio bianco con decorazione incisa in marrone e verde. Spesso il suo schema include iscrizioni ed emblemi sotto invetriatura trasparente risalente all’incirca al XIV-XV secolo. L’iscrizione araba presente ripete la frase “Il favorito di Dio”, mentre il motivo della losanga rappresenta la funzione di guardarobiere.
Altro esempio è un vaso in maiolica della tipologia chiamata “albarello”, spesso esportati in Europa pieni di erbe medicinali e spezie usate dagli speziali. Sul fondo bianco i motivi decorativi combinano sapientemente elementi cinesi ed elementi locali. Precisamente immagini di fiori di loto sulla spalla del manufatto, mentre sul corpo dell’oggetto figure di tralci in blu e piante nere (papaveri o piante acquatiche).
Il vetro smaltato all’epoca dei Mamelucchi
Altra caratteristica dell’artigianato durante il regno mamelucco fu quello della smaltatura sul vetro. Questa tecnica fu uno dei maggiori risultati raggiunti dagli artigiani vetrai della Siria e dell’Egitto durante il XIII ed il XIV secolo. Questi oggetti erano molto apprezzati e fabbricati per i patroni locali e l’esportazione in Europa ed esercitarono un’influenza sulla lavorazione del vetro soprattutto in Italia.
I vetri erano modellati dall’artigiano vetraio prima dell’applicazione dei colori smaltati o della doratura. Con vetro opaco colorato oppure oro ridotto in polvere e mescolato con una sostanza oleosa come la gomma arabica si ottenevano i colori. Tra gli oggetti più complessi realizzati con questa tecnica c’erano le lampade da moschea che illuminavano gli interni di mausolei e moschee.
Ad esempio una coppia di lampade da moschea in vetro dorato e smaltato all’incirca del 1330-1345 sui quali c’è il nome di un emiro, Sayf al-Din Tuquzdamur, che fu governatore di Hama in Siria ed emiro dell’Assemblea per il sultano mamelucco al-Nasir Muhammad ibn Qalawun (che regnò tra il 1293 ed il 1341).
L’iscrizione sulla bocca della lampada è il versetto del Corano che recita: “Dio è la luce dei cieli e della terra e la Sua luce somiglia a una nicchia in cui c’è una lampada in un cristallo, e il cristallo è come una stella lucente”. Due simboli, una coppa ed un’aquila, sono racchiusi in uno scudo appuntito in stile europeo.
In particolare la coppa indica la funzione di coppiere di Tuquzdamur, mentre l’aquila è il suo emblema personale. Le lampade erano sospese con catene all’interno di una moschea o di un santuario ed uno stretto tubo all’interno della base conteneva l’olio e uno stoppino galleggiante.
Giulia Cesarini Argiroffo
Bibliografia:
Akbarnia, L., Porter, V., Suleman, F., Mérat, A. (2019), Il mondo islamico. Una storia per oggetti, Torino, Einaudi.