Le invasioni barbariche rappresentano un importante fattore di quella trasformazione sociale che, in modo graduale, portò alla caduta dell’Impero romano ed ebbero un ruolo preminente nel processo di formazione della cultura europea occidentale.
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Interpretazioni storiche sulle invasioni barbariche
Generalmente il 476 d. C. è considerato l’anno in cui crolla l’Impero romano d’Occidente a causa delle invasioni barbariche. La storiografia tradizionale, che era una forma di storiografia istituzionale, considerava che la deposizione di Romolo Augustolo e le invasioni barbariche avessero determinato la decadenza della civiltà romana.
Ad ogni modo bisogna considerare che cambiamenti radicali all’interno di una società complessa non si verificano da un momento all’altro. Infatti, la ricostruzione moderna del tardo antico parla di un periodo di mutamento plurisecolare. A partire dagli anni Settanta del ‘900 gli studi tardo-antichi si sono focalizzati sui processi socio-culturali mettendo in secondo piano gli aspetti istituzionali e politici. Proprio il ridimensionamento della caduta dell’Impero romano ha determinato una visione meno brutale dei barbari all’interno dell’Impero.
Sostanzialmente gli storici italiani e francesi erano stati influenzati dal sentimento di coloro che avevano subito l’aggressione barbarica e di conseguenza avevano parlato di “invasioni barbariche” per porre l’attenzione sul forte impatto tra due mondi diversi. Gli storici tedeschi, invece, avevano intrapreso la prospettiva più neutra delle migrazioni di popoli coniando il concetto di Volkerwanderung.
I conflitti inerenti il periodo di maggiore trasformazione del mondo romano non vengono spiegati semplicemente attraverso la dinamica delle invasioni barbariche in quanto i popoli barbari devono essere compresi all’interno del mondo tardo antico.
Considerazioni dei Romani sui barbari prima delle invasioni barbariche
Non è del tutto chiaro quando nel mondo germanico si cominciò ad avere notizia di Roma, ma già nel 113 a. C. i germani Cimbri e Teutoni, partendo dai territori scandinavi, entrarono nelle regioni danubiane. Già questo primo contatto tra Romani e barbari può essere interpretato non come un processo di invasioni barbariche distruttive bensì come la conseguenza di una vera e propria forma di migrazione che, di fatti, istituisce quel lungo processo di migrazioni di popoli verso il territorio romano.
Nella cultura classica il termine barbarus non indicava solo uno straniero che si esprimeva in una lingua incomprensibile, ma anche una concezione complessivamente negativa dello stesso straniero. Quest’ultimo era ritenuto un vero e proprio soggetto inferiore rispetto alla cultura greco-romana.
Con il termine “barbari”, generalmente, i romani si riferivano alle numerose tribù stabilite oltre il grande limes che corrispondeva al Reno e al Danubio. Si tratta di popoli descritti in modo estremamente dispregiativo, ritratti come esseri semiferini con modi di vita e un tipo di cultura opposti ai valori etici della romanità.
Il mondo romano esercitava un grande fascino sui popoli germanici: essi da una parte provavano timore per quella grande potenza militare, ma dall’altra erano attratti da territori coltivabili e pieni di ricchezze.
La condizione dei barbari prima delle invasioni barbariche
Bisogna considerare che prima di diventare i destabilizzatori dell’Impero, i barbari avevano acquisito una condizione di clientela, ragion per cui numerosi storici non parlano più di vere e proprie invasioni barbariche, ma di un processo migratorio. I barbari venivano reclutati nell’esercito nei periodi di grande necessità ed è molto alto il numero di persone che immigravano nel territorio romano.
I gruppi di frontiera o subivano attacchi militari oppure ottenevano vantaggi economici. Si tratta di un atteggiamento manipolatorio dell’Impero che, ad esempio, decideva in quale luogo quei gruppi potevano stabilirsi e con chi potevano allearsi. Una costante tipica di tutta la storia romana fu senz’altro l’elargizione di sussidi.
Essi servivano a mantenere al potere i sovrani delle tribù barbare con cui Roma aveva appena stipulato accordi e quindi servivano a creare relazioni pacifiche. I sussidi potevano corrispondere a ricompense in denaro, a metalli preziosi e a merci romane molto pregiate: si tratta di fonti di ricchezza essenziali per il mondo germanico, basti alla concorrenza brutale che esse innescavano tra i potenziali beneficiari.
Sicuramente l’Impero romano ebbe uno straordinario successo proprio perché fu in grado di integrare, più o meno saldamente, gruppi diversi all’interno della sua struttura sociale laddove non vi erano state aggressioni intese come processo di invasioni barbariche. Quindi, si può parlare di una struttura centrale “classica” e di una periferia “barbarica”.
Un processo di immigrazione e non di invasione
Sostanzialmente il rapporto dei popoli germanici con Roma si può inquadrare come un’alternanza di conflitti feroci e negoziati pacifici. Non era possibile accedere liberamente nell’Impero, vi erano truppe stabilite lungo il confine che avevano il compito di controllare l’ingresso di uomini e merci. Tuttavia, entrare o uscire dall’Impero non era né impossibile né vietato.
Una forma di immigrazione clandestina individuale verso l’Impero era sempre esistita. Infatti alcuni storici, come Alessandro Barbero, hanno sviluppato una serie di analisi per mettere in luce come il processo migratorio dei Goti fosse cominciato in modo graduale prima della battaglia di Adrianopoli. Numerose sono le testimonianze relative ai frequenti episodi di discriminazione che si verificavano soprattutto all’interno delle città. Apuleio, ad esempio, descrisse situazioni di razzismo che caratterizzarono le città dell’Impero nella società pacifica del II secolo e, infatti, tra il popolo si diffuse il concetto di contemptus peregrinationis.
L’impero, per molto tempo, riuscì a gestire in modo proficuo questa forma di immigrazione. I barbari erano impiegati sia nella produzione agricola che nei reparti dell’esercito. Nell’età giulio–claudia accogliere profughi e reinsediarli nelle strutture della società era un espediente praticato da tutti i sovrani che avevano intenzione di attuare un’organizzazione pacifica delle province conquistate. Complessivamente, anche per l’età della tetrarchia si riscontra una grande politica di ripopolamento e deportazione.
La politica di Costantino con i Goti
Le varie operazioni di stanziamento furono portate avanti dall’imperatore Costantino durante gli anni del suo regno. In questi anni diverse popolazioni di semi-nomadi cominciarono a spostarsi lungo le steppe del Danubio.
Un avvenimento particolarmente significativo che determinò una sostanziale svolta nel rapporto tra romani e barbari fu la spedizione punitiva condotta a danno dei Goti nel 332. In questa circostanza Costantino impose agli sconfitti un accordo in base al quale i Goti diventavano alleati dell’Impero. Essi si impegnavano a fornire circa 40.000 uomini in caso di guerra ottenendo, in cambio, un pagamento in sussidi.
La tradizione anti-costantiniana considera Costantino il responsabile del processo di “barbarizzazione” dell’esercito non solo per i vari cambiamenti apportati nelle sue strutture, ma anche per la possibilità che aveva dato ai barbari di accedere a cariche elevate. Ad ogni modo, sembra che sia stata una necessità in quel periodo reclutare barbari nell’esercito. Non si possono trascurare le varie difficoltà riscontrate nel reclutamento dei cittadini romani. Sostanzialmente, l’accordo del 332 garantì una situazione pacifica per circa trent’anni e legò i Goti all’Impero in modo abbastanza elastico.
Dopo Costantino: l’imperatore Valente
Con la fine della dinastia di Costantino salì al trono l’imperatore Valente nel 364 e il rapporto tra Romani e Goti cominciò ad incrinarsi. Quando il generale Procopio si ribellò e si proclamò imperatore, i Goti guidati da Atanarico si schierarono dalla sua parte e gli inviarono un contingente di guerrieri.
Tuttavia, Valente sedò subito la rivolta e costrinse i Goti a stabilirsi nei territori imperiali in qualità di schiavi e di coloni. Quindi, il trattato del 332 non risultava più valido. Negli anni successivi, Valente organizzò diverse spedizioni punitive nelle zone oltre il Danubio. Inoltre, i Goti persero l’annona e i rifornimenti che di solito acquistavano liberamente, di conseguenza in una situazione di povertà che si aggrava sempre di più chiesero la pace.
Il processo migratorio dei Goti e la battaglia di Adrianopoli
La situazione precipitò drasticamente quando nel 376 i Goti tervingi subirono l’aggressione del popolo unno e tentarono di entrare all’interno dell’Impero chiedendo asilo e protezione. Tuttavia, non fu l’arrivo di una numerosa quantità di barbari a causare il conflitto drammatico sfociato nella battaglia di Adrianopoli, bensì i vari errori commessi nella gestione di quello che fu un vero e proprio processo migratorio. In una prima fase il governo e l’esercito accettarono l’ingresso dei barbari nell’Impero perché vedevano in essi un cospicuo materiale umano da sfruttare.
Fin da subito i comandanti dei presidi e gli ufficiali dell’esercito che gestivano l’ingresso dei barbari approfittarono del loro ruolo per sottoporre gli immigrati ad aggressioni e brutalità, privandoli del vettovagliamento e della possibilità di stabilirsi nelle sedi definitive. Quando l’insoddisfazione dei Goti divenne incontrollabile la situazione precipitò in una grave forma di ribellione concretizzatasi nei due anni di battaglia ad Adrianopoli. Qui l’esercito romano fu distrutto e lo stesso imperatore Valente perse la vita. È significativo che per molti storici la battaglia di Adrianopoli segni la fine dell’Antichità e l’inizio del Medioevo: essa viene vista come il processo che mise in moto quel susseguirsi di avvenimenti distruttivi per l’Impero romano d’Occidente.
La politica di Teodosio con Goti
Dopo la morte di Valente, l’imperatore Graziano nel 379 proclamò imperatore della parte orientale dell’Impero il generale spagnolo Teodosio. Teodosio si preoccupò subito di ricostituire l’esercito per affrontare i Goti e creò tre leggi importanti:
- gli uffici di leva dovevano arruolare subito tutti i coscritti,
- i latifondisti dovevano fornire la loro quota prelevando uomini fra i contadini che lavoravano per loro,
- tutti i disertori venivano condannati alla pena di morte qualora non fossero entrati nell’esercito.
In realtà lo scopo di Teodosio era quello di contrattare con i Goti per spingerli ad accettare un negoziato ragionevole. Dopo una serie di trattati, nel 382 Teodosio stipulò un accordo che rappresenta una vera e propria svolta nel rapporto tra romani e barbari in quanto i barbari venivano integrati nell’Impero con una base giuridica.
Molti gruppi di Goti furono impiegati nei latifondi mentre per quanto riguarda il loro reclutamento nell’esercito, nonostante questo processo fosse già stato attuato ampiamente, presentò comunque delle differenze rispetto al passato. In termini quantitativi Teodosio oltrepassò di gran lunga il numero dei soldati barbari stabilito dai suoi predecessori.
Bisogna considerare che in questi anni acquista maggiore rilevanza il processo di assimilazione dei Goti alla cultura romana: essi diventano soldati romani a tutti gli effetti, garantiscono fedeltà all’Impero, si convertono al cattolicesimo e seguono la disciplina romana.
Uno dei principali fattori che rende chiara la forte assimilazione dei barbari alla cultura romana riguarda il nome dei soldati. Essi avevano come primo nome Flavio poiché era il nome della famiglia degli imperatori a partire da Costantino. Quindi tutti gli immigrati che ricevevano la cittadinanza assumevano quel nominativo susseguito dal proprio nome germanico.
Conseguenze della politica teodosiana
I Goti potevano essere impiegati anche come mercenari. I mercenari, però, solitamente erano sistemati nelle abitazioni dei cittadini e quando commettevano atti di violenza nessuno poteva reclamare. Molto spesso le uniche truppe presenti sul territorio erano proprio queste bande di mercenari, ma anche quando nella stessa zona vi erano i reparti romani la situazione comunque non era pacifica.
I soldati romani manifestavano una grande rivalità nei confronti dei mercenari poiché questi ultimi avevano una paga più consistente. Bisogna considerare che dopo la battaglia di Adrianopoli la popolazione dell’Impero non era particolarmente propensa ad arruolarsi. Dall’altra parte, invece, i barbari rappresentavano reparti militari addestrati e ben disponibili ad arruolarsi in cambio di denaro e di viveri.
Naturalmente furono numerosi gli oppositori della politica teodosiana: molti politici sostenevano che l’ingresso dei barbari proprio nelle strutture difensive dell’Impero rappresentasse un grande pericolo. Infatti, per creare un esercito forte e stabile Teodosio non poteva più privarsi dei Goti. Questo è un fattore che può essere interpretato come grande fragilità dell’Impero e perdita graduale della sua autorità. Dopo la morte di Teodosio, avvenuta nel 395, l’Impero precipitò sempre di più in una grave fase di debolezza. Siamo negli anni in cui i suoi due figli, due imperatori privi di autorità, erano ormai sottoposti alle decisioni dei generali barbari: i veri detentori del potere.
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