Federico Fellini (1920 – 1993), autore di “Otto e mezzo” : il più italiano dei registi italiani, un sognatore che non ha mai abbandonato la fede nelle illusioni di ogni giorno. Parlare di questo grande regista, delle sue donne mitiche e dei suoi fantasmi, crea sempre un po’ di timore, tale è la sua caratura cinematografica. Ciononostante, a cento anni dalla sua nascita, è doveroso guardare all’apporto che ha dato al nostro cinema.
Fellini, come un immenso mosaico di ombre, ha saputo ricostruire e punteggiare interi decenni della nostra storia oltrepassando sempre le antiche barriere delle idee e delle generazioni. Proprio per questo – a cento anni dalla sua nascita – la sua filmografia è più che mai attuale.
“Non è necessario che le cose che si mostrano siano autentiche. In generale è meglio che non lo siano. Ciò che deve essere autentica è l’emozione che si prova nel vedere e nell’esprimere.”
Federico Fellini, L’arc , 1971
In quarant’anni di attività e ventitré film, il maestro – come lui non amava essere definito, ma è difficile sottrarlo a tale appellativo – ha assunto il ruolo di descrittore di costume.
L’Italia dei suoi film è quasi caricaturale, lontanissima da quel neorealismo da cui l’autore si è drasticamente distaccato. Essa si popola mirabilmente di figure che, seppur in modo deformato, la rappresentano con una varietà e una verità non meno autentiche che se venissero riprese secondo i dettami del cinema – verità.
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Otto e mezzo: una crisi artistica immaginaria
Otto e mezzo (1963) è, probabilmente, la più evidente chiave di lettura dell’intera opera felliniana. Un film in cui il regista sfida sé stesso e il risultato è la sua prova più audace, il suo capolavoro.
Un’apertura bergmaniana, in stile Il posto delle fragole, ci porta a Chianciano in una stazione termale, dove un regista, Guido Anselmi (Marcello Mastroianni), cerca invano un po’ di riposo e un po’ di evasione per curare una depressione nervosa.
Realtà e immaginazione si mescolano nella sua mente, e il luogo che dovrebbe dargli pace e distensione si popola di personaggi che fanno parte della sua vita. Innanzitutto, le donne: il protagonista è prima sorpreso dall’arrivo dell’amante Carla (Sandra Milo), poi da Luisa (Anouk Aimée) – la moglie – e dall’attrice Claudia (Claudia Cardinale), mitico simbolo di puri sentimenti. Contemporaneamente avvengono i colloqui con il produttore, i tecnici e gli abituali frequentatori delle terme, veri o irreali che siano. Questi innumerevoli incontri aumentano la confusione di Guido e fanno venire a galla i ricordi più lontani della sua vita: il collegio e i suoi genitori – ormai morti da tempo – che poi incontrerà in un cimitero.
L’identificazione tra il regista e il protagonista
Il protagonista è in crisi, al punto che, forse, dovrà rinunciare al film a cui sta lavorando. Il produttore organizza una conferenza stampa sull’argomento, ma Guido non vi partecipa e fugge con Claudia. Quando ormai sta abbandonando definitivamente il progetto del nuovo film, sul set dimesso appaiono di nuovo tutti i personaggi della sua vita. Ora, il regista ridà avvio alle riprese urlando dal suo megafono: il film – forse – ha inizio.
Attraverso Otto e mezzo, Fellini dimostra che anche un artista famoso può fallire, proprio come chiunque altro. Servendosi del protagonista, dice al pubblico – con aria innocente e rassegnata – che i momenti di sconforto e di vuoto non sono estranei alla vita di un regista.
La crisi di ispirazione di Guido si sviluppa in due tempi. Dapprima, si traduce in un turbine disordinato che si riflette nella struttura libera nella narrazione. In seguito, approda in una spettacolare autoanalisi magicamente sospesa tra immaginazione e realtà.
Il risultato è un’opera unitaria e perfettamente scandita, in cui le sequenze oniriche si mescolano con le altre, meravigliosamente orchestrate dalla colonna sonora di Nino Rota. In questa prodigiosa pellicola in bianco e nero, tutto è onirico e tutto è reale.
“Non mi ricordavo più che cos’era il film che volevo fare. Il sentimento, l’essenza, il profumo, quell’ombra, quel guizzo di luce che mi avevano sedotto e affascinato erano scomparsi, dissolti, non li ritrovavo più.”
La crisi immaginaria di Guido è, in realtà, una confessione sincera di Fellini , un’apertura verso il grande pubblico sugli abissi del suo inconscio. Infatti, la crisi artistica che in Otto e mezzoè solo fittizia mentre, successivamente alla realizzazione del film, diventa reale e concreta.
Per la prima volta certi problemi considerati fino ad allora “all’avanguardia” e destinati ad un’élite, raggiungono l’industria di massa. Fellini parla al pubblico delle sue idiosincrasie servendosi di un linguaggio coinvolgente e comprensibile.
L’universo femminile in Otto e mezzo
Il protagonista di Otto e mezzo si trascina in un surreale delirio di situazioni che non riesce a sciogliere. In questo turbine spaventoso di quesiti apparentemente senza scopo e senza rimedio, si inseriscono – come da tradizione felliniana – le donne.
Guido è abbagliato dalle figure femminili che lo circondano e le insegue in un balletto del quale a malapena intuisce il ritmo. Infatti, le donne di Fellini, consolazione e tormento dell’autore, in questa pellicola ci sono tutte e assumono molteplici sembianze: la matrigna, la sinuosa musa e la bellezza angelica. Una moglie borghese che lo osserva da lontano, un’amante sensuale che gli permette di ripercorrere la sua vita attraverso una serie di flashback e un’eterea attrice che lo riconduce alla purezza dei sentimenti.
In Otto e mezzo così come nelle altre opere del maestro, le figure femminili condizionano il protagonista in un’ottica che spazia dal mito al mistero, dalla luce all’oscurità.
Il condizionamento tra l’uomo e la donna è reciproco. La donna si aspetta dall’uomo una figura stabile, quasi un campione di virilità. In questo caso, però, non lo trova perché Guido non è in grado di garantire stabilità neppure a sé stesso. L’uomo si perde nella donna come se fosse un continente sconosciuto, eppure si aggrappa ad essa per ritrovare una parvenza di stabilità.
Otto e mezzo è decisamente una delle massime espressioni della creatività di Fellini. Tre anni dopo La dolce vita, questa pellicola segna l’abbandono del neorealismo e abbraccia una serie di fantasmi visuali che non lasciano indifferenti. Il risultato è un ritratto meraviglioso dell’inconscio umano e del mondo del cinema.
Marta Aurino
Bibliografia
- Federico Fellini, Fare un film, Einaudi, 1980.
- Federico Fellini, Intervista sul cinema, a cura di Giovanni Grazzini, Laterza, 1983.