Colombano è un monaco di origine irlandese, vissuto tra il VI e il VII secolo. A lui si deve la fondazione di importanti monasteri nell’Europa continentale. Si ricordano, in particolare, quello di Luxeuil (nell’attuale Francia orientale) e quello di Bobbio (nell’Italia settentrionale). La biografia di Colombano è ricostruibile soprattutto grazie alla Vita di Colombano, scritta da Giona.
A Colombano, però, sono attribuite varie opere letterarie, che spaziano dalla disciplina della vita monastica sino a questioni teologiche più rilevanti. La sua presenza tanto in Gallia quanto in Italia, infatti, lo porta a scontrarsi anche con i poteri politici del suo tempo. Per questo motivo, attraverso le sue opere, è possibile ricostruire i rapporti di forza tra monaci, vescovi e sovrani nell’Alto Medioevo.
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Le Regulae di Colombano a Luxeuil
Trasferitosi dalla natia Irlanda alla Gallia per compiere opere missionarie, tra il 575 e il 590 Colombano fonda un’abbazia nei pressi di Luxeuil (l’attuale Luxeuil-les-Bains, nella Francia orientale). Questa abbazia inizia a popolarsi grazie alla presenza di alcuni missionari, che hanno accompagnato Colombano durante il suo viaggio nel continente. Per regolare la vita dei monaci di Luxeuil, il fondatore detta due regulae (stando a quanto gli venne attribuito dalle fonti coeve): la Regula coenobialis e la Regula monachorum.
La Regula coenobialis è costituita da dieci capitoli e riguarda l’organizzazione generale della vita monastica. Ogni momento della giornata dei monaci deve essere organizzato in modo tale che ciascuno sappia sempre cosa fare e quale sia il suo compito specifico. Fondamentale è, infatti, la disciplina. Essa viene anteposta a qualsiasi altra cosa, tranne, ovviamente, all’amore di Dio. A questa si unisce, poi, la discrezione, grazie alla quale il monaco sa sempre quale sia il comportamento migliore da adottare nelle varie circostanze.
La Regula monachorum, invece, presenta le diverse casistiche di colpe e le conseguenti punizioni. Oltre al digiuno e alla preghiera, il pentimento passa anche attraverso delle punizioni corporali. Ciò avviene perché la vita monastica imposta da Colombano risente dell’influenza irlandese. Infatti, il monachesimo irlandese è noto per essere il più severo in termini di disciplina e punizioni.
Di conseguenza, queste regulae sono percepite già dai diretti discepoli di Colombano come estremamente rigide. Di conseguenza, sono viste come poco aperte a forme di spiritualità più intima. Dopo la morte del santo, questo aspetto emerge prepotentemente e i suoi successori spesso si dimostrano incapaci di portare avanti il suo ideale monastico.
Divergenze con la Vita di Colombano di Giona
Nella Vita di Colombano, scritta da Giona, la vita monastica viene descritta come serena e non vi è alcun cenno a pratiche punitive. L’unico che può punire i monaci è Dio. Eppure, come abbiamo visto, le Regulae danno un’immagine ben diversa del monastero. La sua gestione, infatti, passa anche attraverso la violenza. Come spiegare questa differenza? Evidentemente, la storia letteraria di Giona risente delle esperienze monastiche di Martino e di Benedetto da Norcia. Queste rappresentano l’ideale monastico da perseguire e insistono, in particolare, sul potere taumaturgico di questi grandi personaggi.
Attraverso le Regulae, invece, si comprende come la gestione del monastero di Luxeuil non abbia, in realtà, alcun elemento in comune con la regola benedettina. Colombano, difatti, non avrebbe mai letto tale regola. Inoltre, avrebbe gestito la sua comunità seguendo delle regole che, come abbiamo già detto, egli eredita dalla sua terra natia.
Le Instructiones
Oltre alle Regulae, di Colombano sono rimasti anche i testi delle sue prediche, raggruppati sotto il nome di Instructiones. Si tratta, infatti, di discorsi che il santo tiene ai suoi monaci, proprio per istruirli su argomenti di natura teologica e morale. Queste prediche sono da collocare presumibilmente durante l’ultimo periodo di vita di Colombano, ovvero negli anni trascorsi nell’Italia settentrionale tra il 612 e il 615. È in questo contesto che Colombano fonda il monastero di Bobbio. Delle diciassette Instructiones sopravvissute, però, solo tredici sono ritenute autentiche, sebbene vi sia ancora un dibattito in corso tra gli studiosi.
Varie sono le tematiche affrontate da Colombano nei suoi discorsi. Sebbene ciascuno di essi meriti di essere analizzato singolarmente, è possibile, tuttavia, ricavare delle argomentazioni teologiche ricorrenti. Un tema caro a Colombano è, ad esempio, la presenza di Dio nel mondo. Secondo il monaco irlandese, Dio, pur avendo creato la natura dal nulla e non essendo, quindi, da noi conoscibile materialmente, ci è vicino e abita in noi. Ma ciò è possibile solo se ci manteniamo puri e ci mostriamo immuni ai peccati!
Un altro argomento frequente riguarda la fragilità della vita. Si tratta di un tema che ha alle sue spalle una lunga e consolidata tradizione, ben prima della nascita del Cristianesimo. Colombano riesce, però, a rinnovare questa tematica, portando come esempio le sue stesse esperienze di vita. Spesso queste esperienze gli hanno causato sofferenza e lo hanno invitato alla riflessione.
La sua esperienza tanto esistenziale quanto spirituale fa sì che egli riesca a toccare il cuore di chi lo ascolta. Per questo motivo, proprio le Instructiones, molto più delle Regulae, restituiscono la raffinata vena letteraria di Colombano.
Le Epistolae di Colombano
In totale, sono giunte sino a noi solo sei delle Epistolae scritte da Colombano. Si tratta di vere e proprie argomentazioni teologiche, che si basano su uno studio approfondito della Bibbia. Al contempo, esse rispondono a esigenze ben precise del suo tempo. Difatti, Colombano rappresenta appieno la figura del monaco che partecipa attivamente alla vita sociale e politica a lui contemporanea, intervenendo in questioni di grande rilevanza.
Tra le Epistolae più polemiche, spicca certamente la prima, che è indirizzata a Papa Gregorio Magno. In essa Colombano affronta un tema delicato e motivo di controversie tra Irlanda e Gallia: la celebrazione della Pasqua.
La controversia pasquale
Per capire l’importanza del tema trattato nell’Epistola I, è necessario fare un passo indietro. Bisogna considerare, innanzitutto, che la celebrazione della Pasqua è stata tra i primi temi dibattuti dal Cristianesimo antico
[1]. Si tratta di una celebrazione che i Cristiani hanno in comune con gli Ebrei, ma alla quale le due religioni attribuiscono significati differenti. In questo senso, è importante per il Cristianesimo antico sottolineare questa distinzione, anche in termini calendariali.
Vale a dire, quando è opportuno celebrare la Pasqua cristiana. Il calendario liturgico assume, d’altronde, un ruolo centrale per il Cristianesimo. Da un lato, esso coinvolge il modo in cui il tempo viene percepito e gestito. Dall’altro lato, riguarda direttamente l’interpretazione delle Sacre Scritture.
Questo processo di costruzione dell’identità cristiana e, al contempo, di distinzione dalle altre religioni converge nell’Alto Medioevo. La Pasqua diventa, infatti, uno degli strumenti dell’ortodossia cristiana. Ciò significa che in base a come e quando si celebra la Pasqua si stabilisce se le persone sono cristiane-cattoliche oppure no.
Nel caso specifico, vi è un diverso computo pasquale tra i Cristiani delle Isole Britanniche e quelli dell’Europa continentale. In entrambi i casi, la Pasqua viene celebrata di domenica, seguendo la prassi “romana”. Tuttavia, nel computo britannico vi è la possibilità di una corrispondenza tra la Pasqua ebraica e quella cristiana. Ciò avviene perché nelle Isole Britanniche si utilizza un calendario che conteggia il ciclo lunare in maniera diversa rispetto a quello dell’Europa continentale.
L’Epistola I e la posizione di Colombano
Quando Colombano arriva in Gallia alla fine del VI secolo e fonda, tra gli altri, il monastero di Luxeuil, introduce il computo britannico per celebrare la Pasqua. Evidentemente, per alcuni anni Colombano e i suoi monaci non celebrano la Pasqua seguendo l’orientamento “romano”. Da ciò nascerebbe la reazione dei vescovi gallici, che percepiscono questa circostanza come un evento shock. Inoltre, i vescovi scoprono per la prima volta che le Isole Britanniche non sono totalmente allineate alla prassi “romana”. Per questo motivo, Colombano e i suoi seguaci sono accusati di simpatizzare per l’Ebraismo.
In seguito a questo scontro con l’episcopato gallico, Colombano decide di scrivere direttamente a Papa Gregorio, per poter spiegare le sue ragioni. L’argomentazione che il monaco irlandese offre nell’Epistola I è dettagliata, enfatica e ricca di riferimenti eruditi. Viene affermata con forza la veridicità e attendibilità del computo britannico e Colombano chiede che venga riconosciuta come valida dal Papa.
Colpisce, in particolare, che Colombano dichiari apertamente di non comprendere l’accusa di simpatizzare per l’Ebraismo. Nelle Isole Britanniche il Cristianesimo non si è mai confrontato con l’Ebraismo. Di conseguenza, è difficile che i monaci britannici possano comprendere i motivi alla base di quell’accusa. La chiesa gallica, invece, vive con forte apprensione un confronto con l’Ebraismo.
Non è possibile stabilire se Papa Gregorio abbia mai risposto a questa epistola. Il tema della controversia pasquale segna, però, una profonda rottura tra Colombano e la chiesa gallica. Colombano, infatti, torna a occuparsene, sempre difendendo la sua posizione, anche nelle Epistolae II, III, IV e V. Gli scontri sono acuiti anche dall’insofferenza che i monasteri fondati da Colombano mostrano rispetto al controllo diretto dei vescovi gallici. Anche questo aspetto influisce senz’altro a determinare delle reciproche antipatie.
Colombano contro la simonia e l’adulterio
Sempre nell’Epistola I, Colombano conferma a Papa Gregorio lo stato di corruzione morale in cui versa il clero gallico. Insiste, in particolare, sulla simonia e sull’adulterio. In questa sua condanna dei costumi ecclesiastici emerge, ancora una volta, il rigore morale di Colombano e il suo ideale di vita ispirato alla dottrina evangelica. Quello della simonia è, in realtà, un tema “caro” a Gregorio. Egli, infatti, la combatte da tempo all’interno della sua stessa curia. Sa, poi, che certe abitudini si sono diffuse anche in altri territori. D’altronde, già da tempo insiste sulla necessità di una riforma della chiesa gallica.
Per sottolineare come si tratti di vere e proprie piaghe, Colombano menziona, a sostegno della sua posizione, un autore in particolare: Gilda,
un monaco celtico vissuto tra V e VI secolo. Gilda non solo sarebbe il promotore del monachesimo britannico, ma è anche intervenuto con fermezza contro la corruzione e le cattive abitudini di re e ecclesiastici. In questo senso, rappresenta l’esempio perfetto per sostenere le argomentazioni di Colombano. Si tratta, però, di una scelta singolare, perché Gilda non è annoverato tra i grandi Padri della Chiesa occidentale. Non gode, poi, di particolare fama al di fuori delle Isole Britanniche. Non sappiamo neanche se Papa Gregorio abbia mai letto le sue opere. Eppure, nell’Epistola I a Gilda viene riconosciuta autorevolezza dottrinale.
La condanna dell’adulterio emerge come tema ricorrente anche nella Vita di Colombano di Giona. Difatti, Colombano denuncia le pratiche sessuali del sovrano Teoderico II, il quale ripetutamente tradisce la moglie. Anche in questo scontro con Teoderico, al di là delle questioni più strettamente politiche, è possibile sentire l’eco delle parole di Gilda.
Colombano e la poesia
La produzione in versi di Colombano conta, ad oggi, solo cinque componimenti. Il più lungo è il Monosticha, composto da duecentosette versi in esametro, e il cui contenuto riguarda una serie di regole e di suggerimenti per condurre una vita pura e poter ascendere al regno dei cieli, dopo la morte.
Più breve è, invece, l’epistola destinata a Unaldo. Si tratta di una lettera scritta in versi, anch’Essi esametri, in cui Colombano invita il destinatario a prediligere uno stile di vita morigerato e a seguire l’esempio di Gesù. Ritornano, quindi, anche nei versi alcuni dei temi più cari al santo.
Diversa, infine, per contenuto e stile è l’epistola a Fedolio. I versi sono, in totale, centocinquantanove e, a differenza dei due componimenti precedenti, Colombano preferisce adoperare la metrica dei Salmi al posto dell’esametro. Altra particolarità è la presenza di elementi mitologici, che si fondono con il sempre presente richiamo alla vita di Gesù e alla fugacità della vita, altro tema “classico” nella produzione letteraria del santo irlandese.
Conclusioni
L’opera di Colombano è caratterizzata certamente dall’azione missionaria e dalla fondazione di abbazie. Il ruolo del monaco irlandese, però, è anche di natura politica tanto in Gallia quanto in Italia. Nonostante i suoi viaggi, egli sente sempre forte l’attaccamento alla sua terra natia, l’Irlanda. Influenze irlandesi, infatti, si trovano nel suo ideale di monachesimo, nel suo stile letterario e nella cultura che traspare dai suoi scritti.
La sua attività tanto spirituale quanto culturale si estende, però, in un orizzonte geografico ben più esteso. Colombano diventa, pertanto, un personaggio centrale per il suo tempo. Egli riesce a far sentire la sua voce con rigore e a indirizzare determinati temi in un processo che è stato visto da molti come una “unificazione europea”. È per questo motivo che egli è considerato uno dei “padri” dell’Europa.
Elisa Manzo
Note:
[1] Il problema della datazione cristiana della Pasqua viene affrontato già durante il Concilio di Nicea, convocato e presieduto dall’imperatore Costantino nel 325 e.v. Oltre a confutare la dottrina di Ario sulla natura del Figlio rispetto al Padre, Atanasio, vescovo di Alessandria e principale accusatore di Ario, viene chiamato ad esprimersi anche sulla celebrazione della Pasqua cristiana. Dovendo seguire i passi di Cristo, è importante che la Pasqua sia celebrata quando la volta celeste si trova nella stessa posizione in cui era al momento della Resurrezione. Il Concilio di Nicea, pertanto, stabilisce che la Pasqua sia celebrata la prima domenica successiva alla prima luna piena, dopo l’equinozio di primavera. La celebrazione della Pasqua segue, sostanzialmente, il ciclo lunare. Questa prassi era già adottata dalle comunità cristiane di Roma e di Alessandria. Nonostante ciò, però, le dispute sulla celebrazione della Pasqua continuano anche nei secoli successivi, fino almeno al secolo VIII.
Fonti media
L’immagine in evidenza fa parte della “Manuscript Book mural in Evolution of the Book series” di John White Alexander (1896) e decora il corridoio est della Great Hall della Library of Congress Thomas Jefferson Building, sita in Washington, D.C.
L’immagine di Colombano è di Davide Papalini / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0).
Bibliografia
- San Colombano e la sua opera in Italia. Convegno storico Colombaniano, Bobbio 11-12 Settembre 1951, Bobbio 1953;
- Colombanus pioniere di civilizzazione cristiana europea. Atti del Convegno internazionale di studi Colombaniani, Bobbio 28-30 agosto 1965, Bobbio 1973;
- San Colombano, Le opere, a cura di I. Biffi – A. Granata, Milano 2001;
- R. Alciati, Monaci d’Occidente. Secoli IV-IX, Roma 2018;
- A. Cordoliani, Les computistes insulaires et les écrits pseudo-alexandrins, in «Bibliothèque de l’école des chartes», vol. 106, 1946, pp. 5-34.
- M. Lapidge (a cura di), Colombanus. Studies on the Latin Writings, Woodbridge 1997;
- A. O’ Hara (a cura di), Saint Columbanus. Selected Writings, Dublin 2015;
- A. O’ Hara, Columbanus and the people of Post-Roman Europe, Oxford 2018.
- C.E. Stancliffe, Columbanus and the Gallic bishops, in Auctoritas : mélanges offerts au Professeur Olivier Guillot, Paris 2006, pp. 205-215.