I gladiatori, le “leggende” dell’antica Roma

Figure divenute leggendarie, i gladiatori anche nel passato destavano grande curiosità ed erano protagonisti di furiosi e spettacolari combattimenti nelle varie arene. Prima fra tutte, il Colosseo.

Chi erano i gladiatori?

I gladiatori erano di fatto guerrieri professionisti. Già il nome stesso richiama la loro professione: deriva infatti da gladius, che era la spada corta.

Inizialmente parliamo solo di prigionieri di guerra, inseriti infatti in classi gladiatorie il cui nome ricordava la provenienza del guerriero. Fu Augusto a riorganizzare le classi, cambiandone il nome, per cercare di diminuire le “discriminazioni” legate al paese del lottatore, che era ora parte del dominio di Roma. Fu così che il gallo divenne il mirmillone.

Con il passare del tempo, quello del gladiatore divenne un vero e proprio mestiere: a scendere nell’arena erano uomini liberi, con dei debiti da saldare o comunque con il miraggio del guadagno facile. Questi uomini si vendevano alle scuole gladiatorie con un contratto che li legava al lanista, colui che gestiva le scuole. Per farlo, essi dovevano rinunciare alla propria libertà divenendo auctorati. Questo accordo stabiliva addirittura la frequenza dei combattimenti e gli eventuali guadagni in caso di vittoria.

I gladiatori
Russell Crowe ne Il gladiatore

Oltre agli uomini, capitava di trovare anche delle donne guerriere: Tacito, per esempio, racconta di come Nerone offrì a Roma degli spettacoli in cui donne di colore lottavano contro nani. Ma anche…

“SI EBBERO IN QUELL’ANNO SPETTACOLI DI GLADIATORI CON UNO SFARZO SIMILE AI PRECEDENTI; MA MOLTE DONNE NOBILI E SENATORI SI DISONORARONO SCENDENDO NELL’ARENA”.

I maestri dei gladiatori

Ad insegnare l’arte della lotta ai futuri gladiatori erano i lanisti, i proprietari dei ludi, cioè le scuole gladiatorie. Si trattava di personaggi di fama piuttosto bassa, come si evince dal loro stesso nome, derivato dal verbo lanire, fare a pezzi.

Il contratto stipulato con il gladiatore, detto sacramentum, concedeva al lanista la possibilità di disporre sul lottatore con poteri di vita e di morte.

Abbiamo detto che i lanisti non godevano di una fama eccelsa: per questo, non se ne conservano moltissimi nomi. Celeberrimo è però Lentulo Battiato, colui che gestiva la scuola di Capua in cui, nel 73 a.C., scoppiò la rivolta guidata da Spartaco, resa celebre dal kolossal del 1960, con Kirk Douglas.

I gladiatori
Kirk Douglas come Spartaco

L’addestramento dei gladiatori

Il novello lottatore, dopo aver stipulato il contratto con il lanista, entrava a far parte della familia gladiatoria e cominciava l’addestramento nel ludus. A Roma la scuola più importante era il Ludus Magnus, vicino al Colosseo. Esistevano poi scuole più specifiche, che accoglievano i gladiatori a seconda della loro specialità.

Parte della familia gladiatoria non erano solo i gladiatori, ma anche:

  • Il medicus: il dottore, che ovviamente era necessario;
  • Il doctor: non un medico, ma un ex gladiatore che ricopriva il ruolo di maestro d’armi;
  • Gli unctores: i massaggiatori;
  • Contabili e guardie, per evitare rivolte.

L’addestramento prevedeva varie fasi: dapprima ci si esercitava con dei fantocci. Pian piano, si passava ai combattimenti in carne ed ossa. Non si usavano però armi vere, ma il rudis: un gladio di legno.

Le specialità gladiatorie

Una volta conclusa la preparazione di base, l’aspirante, il novicius, diventava un tiro (una recluta), e veniva indirizzato alla specialità che meglio si accordava alle sue doti naturali. Vediamo le varie specialità in epoca imperiale:

  • Eques: le sue armi erano l’elmo, lo scudo piatto e rotondo, la lancia e la spatha (una spada più lunga del gladio).
  • Essedarius: il nome deriva dal carro, essedum, con cui entrava in campo. Aveva anche lui un elmo, il parabraccio e fasciature su entrambe le gambe. Lottava con il gladio.
  • Hoplomachus: portava il gladio e una lancia corta, detta hasta.
  • Mirmillone: lottava con il gladio e un grande scudo rettangolare. Era protetto da un parabraccio e uno schiniere. Il suo nome deriva dalla decorazione dell’elmo: oltre alla visiera e a una cresta con piume colorate, era caratteristica la presenza di un pesce, murma.
  • Provocator: le sue armi erano una mazza, un gladio e uno scudo. Indossava l’elmo senza cimiero ma con la visiera, oltre alle protezioni per gli arti e un pettorale di metallo.
  • Reziario: armato di tridente, pugnale e rete da lancio. Aveva il paraspalla e il parabraccio, ma non scudo o elmo.
  • Trace: aveva un elmo piumato con visiera a testa di grifone, oltre al parabraccio e a una protezione per le gambe, le ocreae. La sua arma era una corta spada a lama ricurva e un piccolo scudo rettangolare incurvato.
I gladiatori
Due classi gladiatorie: il mirmillone e il trace

Dopo il primo combattimento reale, egli diveniva un veteranus, e riceveva una tessera in osso o avorio, una specie di carta d’identità su cui annotare il proprio nome di battaglia.

Le lotte e il successo

I giochi gladiatori costituivano un evento di grande attrattiva per il popolo, al pari dei moderni concerti, o meglio, delle partite di calcio. L’organizzatore promuoveva con grandi campagne pubblicitarie lo scontro, e la sera prima offriva ai combattenti una cena libera, aperta a tutti. In questo modo il pubblico poteva vedere da vicino i gladiatori e valutare anche su chi concentrare le proprie scommesse.

L’ingresso all’arena era aperto a tutti, ma suddiviso secondo criteri gerarchici: i senatori sedevano nelle prime file, mentre gli schiavi e i non cittadini si accalcavano nelle piccionaie.

La giornata prevedeva tre momenti: prima le venationes, ossia le cacce o lotte tra animali o uomini e bestie; seguivano poi le esecuzioni, e infine si svolgeva la gara dei gladiatori.

I combattimenti non erano tutti all’ultimo sangue: esistevano anche dei duelli con arme non cruente, noti come lusio e prolusio. Gli scontri veri e propri prevedevano invece regole precise e la presenza di arbitri. I colpi si concentravano soprattutto nei teschi. Il colpo di grazia veniva dato, con un martello, da un boia travestito da Dite, personificazione della Morte. I cadaveri venivano poi portati via da servi mascherati da Caronte o da Mercurio Psicopompo.

I gladiatori che avevano successo, non erano noti solo nel campo di battaglia, ma anche tra le donne: Giovenale, per esempio, nelle sue Satire, ci parla di Sergiolus, un gladiatore piuttosto brutto, ma comunque capace di far perdere la testa alle matrone.
Le leggende sul vigore sessuale dei lottatori alimentavano molte superstizioni: ad esempio, il loro sudore e sangue veniva raccolto come un potente afrodisiaco.

La vita media dei gladiatori era di 25/30 anni, non di più. I pochi che riuscivano però ad arrivare a un’età matura, potevano riscattarsi, ricevendo una buonuscita e il rango di rudiarius: la libertà.

Qualche mito da sfatare

È dubbio che i gladiatori, prima di iniziare a lottare, salutassero l’imperatore con la celebre frase Ave Caesar, morituri te salutant!”. L’uso non è attestato da alcuna fonte.

Un altro mito riguarda invece l’effettiva condanna a morte del gladiatore sconfitto durante il combattimento. Non era infatti il pubblico a decretare la morte del lottatore, ma l’editor, colui che offriva lo spettacolo. Questa figura poteva pronunciare Mitte!” per rilasciare lo sconfitto, o Iugula!” per ucciderlo. Di fatto, visto il grande business di scommesse che girava attorno ai gladiatori, erano rare le volte in cui si optava per l’uccisione.

I gladiatori
Joaquin Phoenix come Commodo ne Il gladiatore

Bisogna poi specificare come non era il pollice rivolto verso il basso a condannare il gladiatore. Di fatto, Giovenale ci parla semplicemente di “pollice girato”. Probabilmente era il pollice rivolto verso l’alto, simbolo della spada sguainata, o quello posto in orizzontale, a segnare la fine per lo sfortunato.

Bibliografia:

  • E. Percivaldi, Combattere e morire da gladiatore, Roma gloriosa, Sprea S.p.A., 2018.
  • A. Monti Buzzetti Colella, Vivere da gladiatore, Focus Storia, Mondadori scienza, 2016.
  • A. Angela, Una giornata nell’antica Roma, Mondadori, 2007.