Princess Mononoke è una pellicola fantasy giapponese ricca e avvincente, considerata uno dei più grandi capolavori di Miyazaki. In questo articolo ci occuperemo di farne un’analisi.
Indice dell'articolo
La trama
Il giovane principe Ashitaka uccide un demone salvando il suo villaggio, ma il suo braccio viene infettato dall’odio della creatura. Ashitaka parte, dunque, alla ricerca di una cura giungendo così in una foresta dove salva due uomini. Quasi contemporaneamente si imbatte in una ragazza che comunica con tre lupi giganti. Si tratta della Principessa Mononoke.
Il principe riporta i due al loro villaggio, una miniera-fonderia fortificata governata dalla dama Eboshi la quale, oltre a vendere il metallo, si occupa in segreto di costruire armi. Mononoke attacca il villaggio e Ashitaka la protegge dai colpi dei fucili di Eboshi. Il ragazzo è ferito mortalmente e la principessa lo porta nel cuore della foresta dove il Dio Bestia lo guarisce.
Eboshi intanto si allea con l’inviato dell’imperatore Jiko incaricato di tagliare la testa del Dio Bestia. Ne scaturisce una guerra tra più schieramenti: quello di Jiko e Eboshi, quello degli spiriti della foresta e quello del principe samurai Asano che attacca il villaggio-miniera. La situazione sembra irrimediabile quando al Dio Bestia è mozzata la testa e il suo corpo si tramuta in una sostanza sprigionante odio e distruttrice della vita. Eppure Ashitaka e Mononoke recuperano la testa del dio che ritorna alla sua vecchia forma ponendo fine alla guerra si conclude.
I riferimenti storici
La vicenda, ufficialmente, si svolge nel periodo della storia del Giappone soprannominato “Muromachi“. Questo periodo, che va dal 1336 al 1573, vede l’introduzione e la diffusione delle armi da fuoco, circostanza rappresentata nel film. Sebbene furono probabilmente i portoghesi a introdurre tali armi in Giappone, nel film la responsabilità ricade sui cinesi.
Lo scenario del racconto ben rispecchia la situazione politica dell’epoca in cui il Giappone era diviso in feudi continuamente in guerra tra loro. Nonostante l’esistenza dello Shogun, sommo generale dell’imperatore, permangono, infatti, numerosi guerrieri indipendenti che, lontani dal suo controllo, spadroneggiano indisturbati. Anche le strade che collegano i vari villaggi sono ormai in rovina, in un clima paragonabile alla classica descrizione del Medioevo occidentale.
Altro riferimento storico è al popolo di Ashitaka, gli Emishi (di cui parleremo più avanti), effettivamente in declino nel periodo Muromachi.
Chi o cosa è la Principessa Mononoke?
“Princess Mononoke” potrebbe essere tradotto come “Principessa Spettro” ed è generalmente questa la traduzione italiana. In realtà in giapponese spettri e demoni possono essere indicati con la stessa parola e questo può generare confusione sull’identità della co-eroina del film. D’altra parte anche nelle storie di paura tratte dal folklore giapponese il confine tra spettri e demoni è labile e non sempre chiaro. Alcuni demoni, inoltre, in passato erano esseri umani, divenuti tali dopo aver subito trasformazioni mostruose. Nella tradizione giapponese la trasformazione in demone può riguardare non solo esseri umani ma anche animali e perfino oggetti.
Eboshi racconta ad Ashitaka che Mononoke era una bambina abbandonata nella foresta. Una volta morta il suo spirito ha iniziato a vagare irrequieto. I demoni lupo amici della Principessa presentano, però, una versione diversa dei fatti: la bambina non è morta ma è stata allevata da loro. Secondo questa versione la giovane non ha subito una vera e propria mutazione in demone. In questo caso Mononoke sarebbe nient’altro che una ragazza cresciuta lontana dalla civiltà, a tutti gli effetti un’equivalente femminile di Mowgli. Più di trasformazione in demone si può parlare, quindi, di un adattamento alla vita selvaggia unito ad un sentimento di odio profondo nei confronti degli umani.
Anche l’appellativo di “Principessa” ha la sua paradossalità. La ragazza non è il capo dei demoni lupo ma piuttosto “parte del branco”. Altri demoni della foresta come le scimmie e i cinghiali non sembrano disposti a eseguire i suoi ordini considerandola più simile agli umani. Si potrebbe dire che la giovane è “principessa” nella stessa misura in cui lo è Ashitaka ossia in quanto persona di animo nobile che si batte per difendere il proprio mondo.
Chi è Ashitaka e chi sono gli Emishi?
Ashitaka è un giovane Emishi. In quanto principe del suo popolo non sfugge al compito di difendere il villaggio, azione che svolge non soltanto con le armi. Il suo viaggio, infatti, è volto a salvaguardare gli Emishi dalla maledizione che lo ha colpito dopo la battaglia col demone cinghiale e a trovare una cura.
In qualità di popolo semileggendario gli Emishi sono molto presenti nella cultura giapponese. Nel Nihon Shoki (“Annali giapponesi“), uno dei libri giapponesi più antichi, è presente una loro descrizione che riportiamo di seguito:
«Gli Emishi sono i selvaggi orientali più potenti. Uomini e donne vivono insieme promiscuamente. Non c’è distinzione tra padri e figli […] I loro vestiti sono di pelliccia e bevono sangue. I fratelli sono sospettosi l’uno dell’altro. […] Quando ricevono un favore lo dimenticano, ma non mancano di vendicare le offese. Per questo hanno sempre frecce e spade nei loro vestiti. A volte attaccano le frontiere, altre volte saccheggiano i campi durante il raccolto. Se attaccati si nascondono nell’erba, se inseguiti fuggono sulle montagne. Non hanno mai fatto propria la civiltà regale.»
Degli Emishi, al di là delle leggende e delle storie, si sa ben poco. Sembra che non appartenessero all’etnia giapponese ma ad una popolazione più antica e che la loro lingua e i loro costumi fossero profondamente diversi. Nel film gli anziani Emishi presentano folte barbe simili a quelle delle antiche popolazioni Ainu, con cui forse erano imparentati.
Se il giovane principe inizia il suo viaggio è perchè l’anziana sciamana del villaggio legge il suo futuro nelle pietre. La divinazione è un elemento che nel film suggerisce la presenza di pratiche magiche nella cultura di questo popolo. Inoltre, quando Ashitaka raggiunge il forte di Eboshi gli abitanti lo additano subito come straniero per via del suo vestiario e della sua cavalcatura (una specie di antilope).
L’aspetto selvaggio e sanguinario attribuito agli Emishi è però completamente assente nella storia di Miyazaki. Ciò non avviene per meri motivi di censura dato che sono presenti, infatti, morti violente con sangue e arti mozzati. Nella versione dello studio Ghibli la popolazione leggendaria assume una nuova connotazione: la sua “primitività” non equivale a un atteggiamento sanguinario e barbarico. Al contrario, diviene sinonimo di una maggiore umanità e cura nei confronti della natura e del mondo in cui si vive. Ciò è evidente nelle azioni di Ashitaka che uccide solo se strettamente necessario nonostante la grande abilità nel maneggiare arco e spada.
Eboshi: antagonista o co-eroe?
Tra i numerosi personaggi presenti in questa storia un ruolo importante è giocato da Eboshi. Figura forte e determinata, è l’amata governatrice della miniera-fortezza. Il suo lato più freddo e duro è mostrato fin da subito quando ordina di non cercare i dispersi dopo l’attacco alla sua carovana da parte della Principessa Mononoke. Tale insensibilità è alla base di varie sue azioni: il diboscamento della foresta e la caccia agli spiriti della natura ed al Dio Bestia. Allo stesso tempo però ella possiede un lato caritatevole. Gli anziani e gli invalidi della sua cittadella, ad esempio, sono stati personalmente curati da lei. Inoltre ha donato loro dignità rendendoli progettisti e fabbricatori dei nuovi fucili. In più ha realizzato un luogo per proteggere loro e gli altri abitanti del paese dalle scorrerie dei principi e guerrieri ribelli allo Shogun.
Se fin qui potremmo scorgere dietro l’apparente bontà delle tattiche machiavelliche per ricevere fedeltà e ubbidienza, va tenuto in considerazione anche il cambiamento del personaggio nel corso della storia. Dopo che il Dio Bestia ha perso la testa e si trasforma in una sostanza che minaccia di distruggere anche il villaggio-miniera, Eboshi si pente delle sue azioni. Non più in collera con la foresta e i suoi abitanti, dai quali viene salvata, preannuncia che la ricostruzione della cittadella avverrà in modo tale da non provocare altri mali alla foresta.
Eboshi ha inoltre conferito alle donne della sua comunità un rango più elevato di quello degli uomini, rendendola anche una paladina dei diritti femminili. La dama dunque lotta per una causa giusta (il bene del suo popolo), ma, accecata dai suoi obiettivi, non si rende conto del male compiuto nei confronti della natura.
Princess Mononoke e il rapporto uomo-natura
In Princess Mononoke il rapporto uomo-natura non è relegato sullo sfondo ma costituisce uno degli elementi principali della trama. Ashitaka, la Principessa Mononoke e Eboshi incarnano tre aspetti differenti di questo rapporto. Eboshi vede la natura come uno strumento per raggiungere i suoi obiettivi. Mononoke vede la natura selvaggia come il proprio habitat e in quanto tale come un qualcosa da proteggere ad ogni costo. Ashitakaè in una posizione mediana tra questi due estremi: per il ragazzo, infatti, la natura va rispettata, ma l’essere umano non può annullarsi in essacome fa la Principessa. Inoltre l’amore per la natura non deve tradursi in odio verso il genere umano, altrimenti è ugualmente sbagliato. Questo è l’elemento che, ponendo l’attenzione su problematiche quali la convivenza umana e il rispetto dell’ambiente, rende il film un’ottima occasione di riflessione sul presente.
Il successo e l’arrivo in Italia
Princess Mononoke fu proiettato per la prima volta in Giappone nel 1997 con un successo strepitoso. La pellicola guadagnò ai botteghini delle sale Giapponesi più di qualsiasi altro film (questo fino all’uscita di Titanic,qualche mese dopo).
In Italia il film è conosciuto sia col nome Princess Mononoke sia con la traduzione Principessa Mononoke. Questo perché il film in Italia conta due distribuzioni. La prima risale al 2000 e riporta il titolo inglese mentrela seconda, datata 2014, presenta il titolo tradotto e un nuovo doppiaggio.
Le opinioni sulla pellicola in Italia sono state discordanti. Ciò che si poneva in evidenza era sopratutto la differenza con lo stile Disney e i classici più conosciuti dell’animazione occidentale. In particolare si notava come la storia avesse scene violente ritenute non adatte ad un pubblico di minori. Lo stile ed il messaggio stesso della narrazione erano considerati troppo difficili per un pubblico occidentale venendo etichettato come film “orientale”. Per questi motivi, a differenza di altri lavori dello studio Ghibli, Princess Mononoke fu ritenuto più adatto ad un pubblico adulto.
Luigi D’Anto’