I moti del 1820 in Europa: l’inizio delle ribellioni nazionali

I moti del 1820 furono l’inizio di una serie di moti rivoluzionari, liberali e nazionali che attraversarono l’Europa per tutto il XIV secolo. Lo scontento creato dal nuovo assetto politico dato al continente dopo la Restaurazione si unì alle richieste di maggiore rappresentanza politica. I moti degli anni Venti ebbero origine in Spagna e si diffusero in altri Paesi: nel regno delle Due Sicilie, in Piemonte, in Grecia e in Russia.

Com’era l’Europa dopo la Restaurazione?

Dopo la definitiva sconfitta di Napoleone le grandi potenze europee si riunirono nel Congresso di Vienna (1814-1815) per stabilire il nuovo assetto politico. Si seguirono due principi: quello di equilibrio e quello di legittimità. Lo scopo era quello di evitare che si potesse ricreare una nuova situazione rivoluzionaria, per questo alcuni Stati furono ridimensionati e altri irrobustiti, ad esempio per prevenire l’espansione della Francia si rafforzarono gli stati confinanti: Belgio, Olanda e Lussemburgo furono accorpati nel Regno dei Paesi Bassi; ma in fin dei conti lo Stato francese non subì grosse perdite.

In generale la Prussia, l’Austria e la Prussia si rafforzarono acquistando nuovi territori.  Per cercare di ricreare appieno la situazione prenapoleonica, tornarono sul trono le vecchie casate regnanti. Il Congresso però tenne conto soltanto dei vantaggi delle grandi potenze e non delle aspirazioni dei popoli.

l’Europa dopo il congresso di Vienna

Per preservare il nuovo stato di cose fu creata la Santa Alleanza, formata da Austria, Prussia e Russia, che doveva intervenire qualora il sistema di equilibrio creato a Vienna fosse stato in pericolo.

Qual era il clima culturale?

moti del 1820

Ideali e istanze che hanno la loro origine nel clima del Romanticismo animarono i moti del 1820. Definire il Romanticismo è assai complesso, non è un movimento prettamente artistico o letterario, ma riguarda tutto il mondo culturale e politico.

La fiducia illuminista nella ragione che aveva caratterizzato gli anni della Rivoluzione francese, dopo il periodo del Terrore e delle guerre napoleoniche viene infranta. Dalla Rivoluzione rimangono gli ideali di uguaglianza e libertà, la ricerca dei quali animerà tutto l’Ottocento. Ma a differenza dell’Illuminismo cosmopolita, il Romanticismo sosteneva l’unicità dei popoli e il loro diritto all’autodeterminazione.

Il popolo e la nazione nei moti del 1820

Nell’Ottocento si diffonde in Europa il concetto di “nazione” che era già stato proprio della Francia rivoluzionaria, cioè una comunità di cittadini non più subordinati ad un re, ma che si riconoscono in uno Stato a sovranità popolare. Un altro termine usato dal Romanticismo è “patria”, intesa come terra dei padri, cioè luogo e comunità di appartenenza nella cui cultura riconoscersi.

Questi concetti si diffusero grazie alle armate napoleoniche, sia perché i concetti di diritti civili e comunità nazionale si espansero nei territori conquistati, sia perché in molti casi proprio la resistenza alle forze napoleoniche creò un sentimento di appartenenza collettiva, la presa di coscienza di un territorio dove risiedeva una comunità con valori e tradizioni da difendere.

Come erano connessi i moti del 1820 al liberalismo?

Per liberalismo intendiamo il movimento che mirava ad ottenere ordinamenti liberali e costituzionali negli Stati assolutisti e l’indipendenza in quelli che erano sottomessi ad altre potenze. I borghesi, la classe che più risentiva della poca libertà politica ed economica, accolsero maggiormente il liberismo. Oltre alla borghesia anche esponenti progressisti dell’aristocrazia sostennero il liberalismo.

I liberali si opponevano alla Restaurazione e chiedevano una Costituzione che regolasse la vita dello Stato e garantisse i diritti dei cittadini. Queste sono le richieste che muoveranno i primi tentativi rivoluzionari dei moti del 1820.

Quando e come scoppiarono i primi moti del 1820?

La prima ribellione ci fu in Spagna, Ferdinando VII, appena risalito al trono aveva abolito la Costituzione emanata nel 1812 e proseguì con una politica reazionaria e repressiva. L’atteggiamento del sovrano creò insofferenza nella popolazione, non soltanto negli strati sociali bassi, ma in tutti i ceti. La ribellione partì dall’esercito. Nel gennaio 1820, le truppe erano in partenza da Cadice verso il Sud America, per sedare la ribellione delle colonie che si erano dichiarate indipendenti nel 1809; i soldati però si rifiutarono e chiesero il ritorno alla Costituzione del 1812. L’insurrezione si estese rapidamente ad altre zone della Spagna e alla fine il re fu costretto a concedere lo statuto. La vittoria però fu breve, nel 1823 truppe francesi inviate dalla Santa Alleanza sconfissero gli insorti e l’assolutismo borbonico fu restaurato.

Quali erano le società segrete?

In Italia il malcontento per la situazione stabilita dal Congresso di Vienna era forte. Il dissenso si esprimeva attraverso l’azione di numerose sette politiche clandestine, che si opponevano ad ogni forma di assolutismo e operavano per ottenere l’indipendenza e riforme costituzionali. Ve en erano varie: Filadelfi, Adelfi, Federati, ma la più famose è senz’altro la Carboneria. La Carboneria era organizzata gerarchicamente e la sua caratteristica principale era la massima segretezza: i buoni fratelli, cioè gli associati, conoscevano solo il loro diretto superiore, nessun altro componente. Inizialmente la Carboneria era nata in epoca murattiana in funzione antibonapartista, poi aveva aderito agli ideali di libertà e dell’indipendenza dei popoli, era particolarmente diffusa nel Sud Italia.

moti del 1820

I moti antiborbonici nel Regno delle due Sicilie

Le notizie della ribellione spagnola arrivarono ben presto in Italia. La prima insurrezione ci fu nel Regno delle Due Sicilie. Una guarnigione di stanza a Nola diede il via ad una rivolta antiborbonica, che scoppiò il giorno di San Teobaldo, protettore dei carbonari. La rivolta fu guidata da Guglielmo Pepe, che già aveva combattuto nel 1799 per la Repubblica Partenopea. Ferdinando fu costretto a concedere una Costituzione su modello di quella di Cadice. I moti, però, si allargarono anche alla Sicilia, zona considerata pericolosa per gli equilibri del Regno, perché chiedeva l’indipendenza da Napoli. La Santa Alleanza scese in campo per sopprimere la rivolta: nel 1821 l’esercito austriaco riportava l’assolutismo nel Regno.

Rivolte insurrezionali in Piemonte

Un altro moto insurrezionale scoppiò in Piemonte nel marzo 1821. Nel Regno di Sardegna, il governo di Vittorio Emanuele I aveva suscitato un malcontento generale, favorendo le società segrete, in particolare la carboneria e la società dei federati. Quest’ultima aveva come obiettivo la creazione di uno Stato federale dell’Italia settentrionale. Lo stesso Carlo Alberto, nipote del re, condivideva con le società segrete la volontà di una svolta costituzionale. Quando scoppiò una sommossa nel marzo 1821 il re abdicò in favore del fratello Carlo Felice, che però era a Modena, quindi in sua assenza ne fece le veci Carlo Alberto. Egli si impegnò a emanare una Costituzione e a formare un governo con i liberali, però ciò sarebbe avvenuto dopo l’approvazione dello zio. Carlo Felice non condivideva le idee del nipote e si rivolse all’Austria: in aprile con l’aiuto delle truppe austriache condusse una dura campagna repressiva.

Il Lombardo-Veneto nel 1820

Anche nel Lombardo-Veneto, sotto il dominio austriaci, si diffusero con forza le idee indipendentiste. In particolare una richiesta di riforme veniva dall’ambiente milanese attorno a Federico Confalonieri e alla rivista “Il Conciliatore”. Confalonieri era in contatto con il leader della società dei federati, Santorre di Santarosa e altri nomi importanti collaboravano per il giornale, ad esempio Silvio Pellico fu redattore capo.

Il clima di oppressione

“Il Conciliatore” ebbe solo un anno di vita, diffondeva le idee patriottiche e ciò non poteva restare indifferente alla censura e alla repressione asburgica. Confalonieri e Pellico furono incarcerati nella fortezza dello Spielberg, in Moravia. Durante la prigionia Silvio Pellico scrisse Le mie prigioni, uno dei testi più famosi del Risorgimento con il quale sollevò l’opinione pubblica europea contro l’Austria.

I moti del 1820 in Grecia

I moti dl 1820 in Grecia si combatterono per l’indipendenza della nazione, che era allora parte dell’impero ottomano. Organizzazioni clandestine indipendentiste operavano già da tempo. Queste associazioni patriottiche si chiamavano Eterie ed erano nate sul finire del Settecento da esuli greci a Vienna. La prima rivolta scoppiò nel marzo 1821, guidata da Alexandros Ypsilanti, ma non ebbe successo. Anche se la rivolta armata fallì le istanze indipendentiste continuarono, sempre più pressanti. Nel 1822 ad Epidauro, un congresso di rappresentanti della nazione greca proclamò l’indipendenza e un governo provvisorio. L’intervento diplomatico di Russia, Inghilterra e Francia (tutte nazioni interessate ad indebolite i Turchi nell’area mediterranea) durante i successivi sette anni favorì la causa greca.

La Grecia nel 1827 aveva anche sconfitto l’impero nella battaglia di Navarino. La sconfitta militare e le pressioni diplomatiche portarono la Turchia a firmare il trattato di Adrianopoli nel 1829, con il quale riconosceva l’indipendenza greca.

Cosa sono i moti decabristi?

L’ultima nazione, in ordine di tempo, a recepire e mettere in atto le istanze e i moti degli anni Venti fu la Russia. Non si tratta in questo caso di moti indipendentisti, né di piccole nazioni, di fatto la Russia era una grande potenza, anzi lo zar Alessandro I si considerava protettore d’Europa per aver sconfitto Napoleone. Il governo dello zar, però, era fortemente reazionario e chiuso all’Occidente, quindi le richieste erano di maggiore apertura e di riforme sociali. Il giorno dell’incoronazione del suo successore, Nicola I, scoppiò una rivolta per mano della guardia imperiale stessa. Era il dicembre 1825, dal nome del mese in russo questa insurrezione viene chiamata decabrista. Centro della rivolta fu la capitale, San Pietroburgo, e si espanse velocemente anche nel Sud del Paese, ma fu facilmente repressa.

Miriam Campopiano

Bibliografia

  • F. Chabod, L’idea di nazione, Roma-Bari,  Laterza 2007
  • G. Montroni, Scenari del mondo contemporaneo dal 1815 a oggi, Roma-Bari, Laterza 2005.
  • Brancati, T. Pagliarini, Dialogo con la storia e l’attualità, Firenze, La Nuova Italia 2012, vol. 1 Dal Mille alla metà del Seicento.
  • M. Cattaneo, C. Canonici, A. Vittoria, Manuale di storia. Seconda edizione, Bologna, Zanichelli 2012, vol. 1, Dall’anno Mille alla prima età moderna