I bronzi di Riace sono un fiore all’occhiello del patrimonio artistico italiano. Si tratta di due statue in bronzo ritrovate in mare e conservate nel Museo Archeologico di Reggio Calabria. Queste sculture di inestimabile valore artistico, storico e culturale, costituiscono una delle più rilevanti testimonianze superstiti dell’arte greca classica.
Oltre alla loro straordinaria bellezza, il fascino dei bronzi di Riace è dovuto anche al mistero che li avvolge: sono numerosi gli interrogativi circa il loro ritrovamento, la loro realizzazione e l’identificazione dei due personaggi rappresentati.
Le due statue sono oggi un punto di forza della Calabria (che le conserva): la regione ne ha fatto uno dei suoi principali sponsor per il turismo nazionale e internazionale, accanto alle numerose bellezze paesaggistiche e naturalistiche.
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Cosa sono i bronzi di Riace
I bronzi di Riace sono due statue in bronzo realizzate molto probabilmente in Grecia, intorno alla metà del V secolo a.C. Le sculture sono alte quasi due metri (rispettivamente 1,98 e 1,97 metri) e pesanti 160 kg; rappresentano due guerrieri barbati, nudi e armati in posizione stante definita “a chiasmo”: braccio destro teso e gamba sinistra rilassata, braccio sinistro rilassato e gamba destra tesa.
La loro identificazione incerta è stata oggetto di molte ipotesi. Tradizionalmente vengono indicati come Bronzo A, riconoscibile dai capelli lunghi e sciolti, e Bronzo B, che si distingue in particolare per avere i capelli più corti, la posizione più frontale e un occhio mancante perduto.
I due guerrieri erano certamente muniti di lancia, scudo ed elmo, che purtroppo sono andati perduti. Non abbiamo alcuna certezza né sul preciso luogo di fabbricazione, né sull’artista che può averli realizzati; anche in questo caso gli studiosi hanno avanzato solo ipotesi più o meno probabili.
Descrizione del Bronzo A
Il cosiddetto Bronzo A, risalente all’incirca al 460-450 a.C., rappresenta un uomo di età matura che guarda a destra; imbraccia nella sinistra uno scudo (perduto, ma di cui restano i bracciali) e tiene il braccio destro in tensione disteso lungo il fianco: forse per mostrarsi pronto a usare la lancia (anche questa perduta) che impugnava nella destra.
La statua colpisce soprattutto per la folta capigliatura e barba; i capelli sono lunghi, a ciocche ondulate, concluse da un motivo a virgola che ha valore decorativo e sono trattenuti da una benda larga che cinge la testa (che doveva portare l’elmo), il cui brusco movimento ha provocato l’ammassarsi dei riccioli sul lato destro.
Dei due bronzi di Riace questo è l’unico che rende visibili anche i denti attraverso la bocca semiaperta, forse nell’atto di parlare. La dentatura è realizzata in argento, per contrastare con il rame usato, invece, per le labbra, nonché per le ciglia e i capezzoli. La sclera degli occhi è stata realizzata in calcite bianca e la caruncola lacrimale di una pietra di colore rosa, mentre le iridi erano in pasta di vetro.
Il corpo muscoloso ed elastico rivela un’anatomia estremamente dettagliata, tipica dello stile severo, che mette in evidenza le fasce muscolari, la struttura ossea e le vene che corrono sotto la pelle.
Descrizione del Bronzo B
Il cosiddetto Bronzo B è rappresentato nello stesso atteggiamento del Bronzo A. Tuttavia, appare più rilassato, con il torso più arretrato e la spalla destra più bassa della sinistra, mentre la testa è più inclinata in avanti e guarda dritto davanti a sé.
Questo guerriero è più anziano e come l’altro portava lo scudo nel braccio sinistro piegato e tiene il braccio destro lungo il fianco impugnando la lancia (perduta), anche se con meno energia rispetto al Bronzo A. Sulla calotta della testa indossava l’elmo, sotto il quale si nota una sorta di “berretto” di cuoio. I capelli sono più corti, ma la barba è folta e la bocca socchiusa.
Il movimento impresso al bacino provoca un ritmo sinuoso che percorre tutto il corpo spostando leggermente la cassa toracica verso sinistra e curvando la linea verticale che separa i muscoli del torace.
Questo nuovo ritmo, che riflette le ricerche di Policleto, farebbe propendere per una datazione un po’ più bassa, verso il 430 a.C. Le differenze tra i due bronzi lasciano quindi pensare che siano stati realizzati da artisti diversi in luoghi diversi.
Invece, di recente, Daniele Castrizio ha affermato che i due bronzi sarebbero coetanei (entrambi della metà del V secolo); infatti l’argilla al loro interno proverrebbe da due cave vicine. Dunque, «la bottega non poteva che essere ad Argos dove era attivo Pythagoras di Reggio, il bronzista considerato da Plinio tra gli eccelsi, con Fidia, Mirone e Policleto, nella cui bottega lavorava il nipote Sostrato, che ne proseguì l’opera». Inoltre si è messo in evidenza come il Bronzo B, realizzato dopo, corregga alcuni errori presenti nel Bronzo A.
Come sono stati realizzati i bronzi di Riace?
La tecnica per la realizzazione dei bronzi di Riace è quella della fusione cava a cera persa. Questa tecnica consiste nel preparare un modello in argilla e poi rivestirlo con uno strato di cera su cui si realizzano tutti i dettagli. Successivamente, questa scultura in argilla rivestita di cera viene ricoperta con un altro strato spesso di argilla in cui vengono lasciati due fori e che asciugandosi formerà il calco.
Il bronzo fuso viene fatto colare all’interno del calco, sciogliendo così la cera, che fuoriesce dal foro in basso (ecco perché la tecnica è detta “a cera persa”). Così la scultura prende la forma dello stampo originario, che il bronzo va a rivestire. Una volta rotto il calco, cioè la parte esterna, la superficie in bronzo può essere levigata e rifinita. L’ “anima interna” di argilla può essere recuperata e riutilizzata solo se le parti in bronzo vengono fuse separatamente e poi saldate.
Durante il restauro del 1995 venne analizzato con attenzione il materiale di riempimento dei Bronzi di Riace. Così si scoprì che le due figure vennero costruite utilizzando innumerevoli strisce d’argilla sovrapposte mista a peli di animale per renderla più manipolabile; poi i dettagli vennero realizzati con la cera.
Dalle analisi radiografiche risultò che il braccio destro del Bronzo B e il suo avambraccio sinistro sono stati realizzati con una tecnica di fusione diversa dal resto del corpo. Ciò significa che queste due parti sono state realizzate in un momento successivo al completamento della statua. Probabilmente il braccio destro e l’avambraccio sinistro originali vennero sostituiti a seguito di un danneggiamento risalente al periodo in cui la statua era esposta in Grecia.
Il ritrovamento dei bronzi di Riace
I bronzi di Riace vennero trovati il 16 agosto 1972 nel mar Ionio, a 230 metri dalle coste di Riace Marina (RC). A scoprirle fu un giovane sub dilettante romano, Stefano Mariottini.
Egli si accorse del braccio di una statua che spuntava dalla sabbia a otto metri di profondità, scambiandola inizialmente per un cadavere. Nei giorni successivi i Carabinieri sommozzatori del nucleo di Messina recuperarono le due statue, sollevandole con un pallone gonfiato con l’aria delle bombole.
Naturalmente, il fatto che le due statue si trovassero lì ha indotto gli studiosi a chiedersi come ci fossero finite. Tra le ipotesi più accreditate c’è quella per cui i due bronzi si sarebbero trovati su una nave partita dalla Grecia e diretta a Roma.
Quindi, è probabile che le statue appartenessero a uno dei grandi donari dei santuari panellenici, dai quali i Romani, almeno fino all’epoca di Nerone, sottraevano statue e opere d’arte per ornare le piazze e i monumenti di Roma.
Invece, secondo l’ipotesi di Castrizio, le due statue sarebbero giunte a Roma, dove vi restarono almeno fino al IV sec. d.C. per poi essere trasferite da Costantino a Costantinopoli: proprio durante questo viaggio sarebbero finire in mare. La nave che li trasportava sarebbe naufragata oppure si sbarazzò delle statue gettandole in mare a causa del peso insostenibile.
Il restauro dei bronzi di Riace
Subito dopo il ritrovamento dei bronzi di Riace, i restauratori del Museo nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria effettuarono i primi interventi di ripulitura dalle concrezioni marine. L’eccezionalità della scoperta fu immediatamente chiara.
Questo primo intervento di parziale pulitura durò fino al 1975, quando i due bronzi vennero mandati a Firenze, presso il più attrezzato Centro di Restauro della Soprintendenza Archeologica della Toscana. Qui le due statue furono sottoposte anche ad analisi radiografiche per conoscere la struttura interna e lo stato di conservazione.
Il 15 dicembre 1980 si conclusero le operazioni di restauro con l’esposizione dei bronzi di Riace presso il Museo Archeologico di Firenze. Fu allora che la fama delle due statue decollò presso il grande pubblico.
Un nuovo restauro si concluse nel 1995, a seguito di alcuni fenomeni di degrado che si erano presentati. Poi nel 2009 i bronzi vennero trasferiti nei laboratori allestiti presso il Palazzo Campanella (sede del Consiglio regionale della Calabria) per nuovi interventi che terminarono nel 2011.
Nel 2013 i bronzi sono nuovamente tornati al museo di Reggio Calabria e collocati in una stanza asettica su apposite basi antisismiche.
Il mistero dei bronzi di Riace
Come si è detto, lo scudo, la lancia e l’elmo dei due bronzi sono andati perduti, ma dove siano finiti nessuno sa dirlo. Alcuni ritengono che siano semplicemente scomparsi a seguito del naufragio, ma altri credono che siano stati trafugati qualche giorno prima del loro ritrovamento “ufficiale”. Il fondale di Riace, esplorato accuratamente solo un anno dopo, non ha restituito nulla.
Alcune presunte incongruenze tra la documentazione relativa al ritrovamento e i reperti effettivamente rinvenuti, nonché le rivelazioni di alcuni testimoni e altre persone informate sui fatti, hanno portato recentemente a un’inchiesta della trasmissione televisiva Le Iene.
Ne è emerso che le lance, lo scudo e gli elmi potrebbero essere stati rubati prima dell’intervento delle autorità per essere vendute illegalmente. Inoltre, si accenna anche alla possibile presenza di una terza statua, dal momento che nel documento si legge del ritrovamento di “un gruppo di statue”. L’inchiesta ha portato anche a un’interrogazione parlamentare al ministro dei beni culturali Dario Franceschini. Tuttavia, al momento non si hanno prove certe che possano confermare o smentire tali sospetti.
Perché i bronzi di Riace sono importanti?
I bronzi di Riace sono importanti non solo per la loro bellezza, che pure da sola basterebbe per celebrarli, ma anche perché sono una testimonianza diretta della scultura greca di età classica.
Ebbene bisogna sapere che sono giunti a noi pochissimi originali in bronzo di quell’epoca. Infatti, molte delle statue greche che noi conosciamo (e che ispirarono gli artisti di ogni epoca) sono copie in marmo di epoca romana. Tra gli originali in bronzo, oltre ai bronzi di Riace, rimangono il celebre Auriga di Delfi (475 a.C., conservato a Delfi) e il Cronide di Capo Artemisio (480-470 a.C., conservato ad Atene).
Tuttavia, le due statue, pur risultando eccezionali ai nostri occhi, dovevano essere abbastanza comuni alla loro epoca. Esse sono una preziosissima testimonianza di quella ricerca di organicità e di armonia che caratterizza, in questo periodo, la plastica greca e della tendenza a costruire dei corpi perfetti, in cui l’osservazione della natura si unisce al calcolo matematico. Dal punto di vista tecnico, la perfezione delle giunture, il raffinato trattamento delle superfici e le rifiniture accurate dimostrano l’alto livello raggiunto dai bronzisti greci nella tecnica della fusione cava.
Chi raffigurano i bronzi di Riace?
Fin dal momento del loro ritrovamento, si è creato un grande dibattito (tutt’ora aperto) sull’identificazione dei due uomini che i bronzi di Riace rappresentano. I due personaggi sono stati variamente interpretati come eroi eponimi (con possibile collocazione sul monumento degli eroi eponimi dell’Agorà di Atene), come atleti (nello specifico oplitodromi), oppure come personaggi dell’epos e del mito. Sono moltissimi gli studiosi che sin dal ritrovamento dei bronzi di Riace si sono espressi, formulando le ipotesi più diverse.
A seguito di un nuovo restauro, eseguito tra il 1992 e il 1995, e di nuovi studi è emerso che le due statue dovevano appartenere a un medesimo gruppo. Da qui è stato possibile formulare nuove teorie basate su dati più concreti e analisi più precise. Tali ipotesi tendono a identificare i due bronzi come personaggi mitologici.
Lo studioso Paolo Moreno ha ipotizzato che i bronzi potrebbero raffigurare Tideo (Bronzo A) e Anfiarao (Bronzo B), personaggi che parteciparono alla spedizione di Argo contro Tebe, rappresentata nella celebre tragedia di Eschilo, I sette contro Tebe.
Più di recente l’archeologo Daniele Castrizio, basandosi su fonti letterarie e iconografiche, ha ipotizzato che le due statue rappresentino i figli di Edipo, Eteocle (Bronzo B) e Polinice (Bronzo A), che si sfidano a duello per il trono di Tebe.
Questa ipotesi scaturisce dalla convinzione che in origine il gruppo fosse composto da ben cinque statue. La scena rappresentata seguirebbe una versione del mito narrata da Stesicoro di Metauro: al centro del gruppo doveva trovarsi la madre dei due fratelli, Euryganeia, con le braccia allargate, mentre cerca di fermare il duello tra i due figli; tra loro erano presenti anche la sorella Antigone e l’indovino Tiresia. Infatti, tale scena si ritrova in altre fonti iconografiche.
Chi ha realizzato i bronzi di Riace?
Se davvero, in base alle differenze stilistiche, le due statue non sono contemporanee, devono necessariamente essere attribuite a due diverse botteghe. Inoltre, anche l’analisi delle terre di fusione lascerebbe pensare che i bronzi di Riace siano stati prodotti in luoghi diversi: forse il Bronzo A ad Argo e il Bronzo B ad Atene.
Naturalmente su questi dati non si hanno certezze assolute, e come si è visto le teorie sono molto varie. Non sappiamo chi ha realizzato i bronzi di Riace, ma negli anni sono state avanzate numerose ipotesi sul nome dello scultore. Le indicazioni sulla probabile provenienza hanno portato ad attribuire il Bronzo A ad Agheladas di Argo, celebre bronzista argivo, e il Bronzo B ad Alcamene, ateniese e contemporaneo del grande Fidia. Oltre a questi sono stati fatti anche i nomi di Onatas di Egina, di Calamide, di Mirone, di Pitagora di Reggio o dello stesso Fidia: tutti i principali scultori dello stile severo.
Sull’attribuzione a Pitagora di Reggio è tornato di recente Daniele Castrizio. Infatti, secondo una testimonianza di Plinio il Vecchio questo celebre scultore era «capace di rendere come nessun altro i riccioli di barba e capelli, e per fare “respirare” le statue, cioè rendere perfetta l’anatomia dei vasi sanguigni».
Dove vedere i bronzi di Riace
I bronzi di Riace si trovano presso il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria; sono esposti in una sala con clima controllato alla quale possono accedere pochi visitatori per volta. La temperatura viene mantenuta tra i 21 e i 23 gradi centigradi e l’umidità al 40-50%.
Il museo si trova in Piazza De Nava, 26 ed è aperto dal Lunedì al Venerdì dalle 9.00 alle 20.00 (ultimo ingresso alle 19.30). Il costo del biglietto intero è di €8.00, mentre il ridotto è di €5.00.
Dall’aeroporto di Reggio Calabria è possibile raggiungere il museo con le linee di bus 102, 105, 121, 122, 125 che fermano a Viale Amendola. Invece, in treno, la stazione più vicina è quella di “Reggio Calabria Lido”, a due minuti a piedi dal museo.
Per maggiori informazioni si può visitare il sito del museo, scrivere una e-mail a rc@beniculturali.it oppure chiamare il numero di telefono +39 0965 613988 (– 617612).
Rosario Carbone
Bibliografia
- Angela, I bronzi di Riace. L’avventura di due eroi restituiti dal mare, Milano, Rizzoli, 2014.
- Bejor-Castoldi-Lambrugo, Arte greca. Dal decimo al primo secolo a.C., Milano, Mondadori, 2008.
- Cottino-Dantini-Guastalla, La storia dell’arte. 1. Dall’arte preistorica al gotico, Milano, Archimede edizioni, 2004.
- Giuliano, Storia dell’arte greca, Roma, Carocci, 2017.
- www.bronziriace.it
- https://www.analisidellopera.it/bronzi-di-riace