L’Inquisizione spagnola è un’istituzione ecclesiastica nata nel 1478 sotto il controllo della corona spagnola. L’Inquisizione aveva la facoltà di agire in tutti i territori che facevano parte del dominio regio, quindi non solo nella penisola iberica. L’inquisizione spagnola non si occupò soltanto di debellare l’eresia, ma anche di consolidare il potere monarchico agendo contro le popolazioni di ebrei e musulmani che abitavano nei territori iberici.
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Inquisizione o Inquisizioni?
L’uso del termine “inquisizione” in senso generico può essere fuorviante, soprattutto quando si tratta di una sua declinazione particolare come nel nostro caso. Non esiste un’unica inquisizione, né sul piano cronologico né su quello istituzionale. La prima Inquisizione nacque in età medievale come tribunale speciale per giudicare i reati contro la fede; in particolare, grande nemico dell’Inquisizione medievale furono i gruppi catari e valdesi.
Il tipo di attività che svolgeva l’Inquisizione medievale, però, era diverso da quella svolta dall’Inquisizione di età moderna, nata in seguito alla Riforma di Lutero. E anche in questo caso non possiamo parlare di un’unica “inquisizione” moderna, ma bisogna tener presente che nacque prima l’Inquisizione spagnola, nel 1478, poi quella portoghese, nel 1536, ed infine quella romana, nel 1542. Le prime due facevano capo ai rispettivi governi, mentre quella romana alla curia papale.
Anche geograficamente vi erano differenze, perché le attività del tribunale inquisitoriale variava da luogo a luogo, a seconda dei rapporti della curia con il governo locale. Insomma, utilizzare il termine “inquisizione” genericamente, senza tener presente queste differenze sarebbe un errore. Ciò non toglie che in tutte le sue versioni l’Inquisizione aveva come obiettivo principale quello di estirpare l’eresia dalla società.
Qual era la situazione nella penisola iberica?
Da secoli si combatteva una battaglia tra cristiani e musulmani per il controllo della penisola iberica. Sin dall’XI secolo i Regni cristiani si allearono per respingere l’espansione musulmana dando inizio al fenomeno della reconquista. Nel 1212 ci fu un’importante vittoria a Las Navas de Tolosa, che permise ai regni cristiani di annettere gran parte del sud della penisola. L’unico regno musulmano rimasto fu così quello di Grananda.
Nel 1469 Ferdinando di Castiglia e Isabella d’Aragona si unirono in matrimonio unificando i due regni. Il soprannome dato alla coppia era quello di “re cattolici”, per indicare la fedeltà al cattolicesimo e al papa. In una situazione come quella spagnola, in cui si contrapponevano duramente due religioni per il controllo del territorio “re cattolici” non era solo un soprannome che richiamava alla spiritualità, ma un vero e proprio simbolo identitario. Fu proprio durante il regno di Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona, infatti, che cadde l’ultimo baluardo musulmano: nel 1492 gli spagnoli conquistarono il Regno di Granada.
Una volta unito territorialmente il Regno, bisognava unificarlo anche dal punto di vista identitario e culturale. Secoli di dominazione musulmana avevano influito non poco sul territorio, considerando anche il numero di abitanti di fede musulmana che ancora vi risiedevano. Anche gli ebrei erano considerati come nemici della ritrovata unità culturale e religiosa.
Come funzionava l’Inquisizione spagnola?
Nel 1478 Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona, non senza problemi e pressioni politiche, ottennero il permesso papale per istituire un’Inquisizione che facesse capo a loro.
L’Inquisizione spagnola si basava su 21 distretti e vi operavano due o tre inquisitori controllati dal Consiglio della Suprema e Generale Inquisizione (Consejo de la General y Suprema Inquisición). Al vertice del Consiglio Generale c’era l’inquisitore generale, un magistrato investito del suo potere dal papa, ma scelto dal re.
I primo nominato dai re cattolici fu il domenicano Tomás de Torquemada, famoso per la brutalità dei suoi metodi e per la sua intransigente vigilanza dell’ortodossia religiosa. Su tutto il territorio, oltre che ai commissari (comisarios) c’era una rete di familiares: costoro non erano stipendiati fissi e si occupavano di raccogliere informazioni, ricercare e catturare gli accusati. Durante il regno di Filippo II (1556-1598) il controllo si accentrò sempre più nelle mani del potere civile.
L’Inquisizione spagnola non vietava la tortura, anzi ne faceva uso durante gli interrogatori, ma non in modo intensivo come spesso si crede e previa autorizzazione. Le condanne erano proclamate durante gli autodafé (una parola portoghese vuol dire “atto di fede”), dei processi spettacolarizzati e ritualizzati cui prendeva parte anche il pubblico, a volte anche nobili e membri della famiglia reale. L’autodafé prevedeva una messa, una processione e la lettura della sentenza.
Quali erano le condanne dell’Inquisizione spagnola?
La condanna a morte non era automatica: il condannato aveva la possibilità di pentirsi e in quel caso avrebbe avuto delle pene minori, ossia confisca dei beni, condanna al remo nelle galere, carcere o servizio negli ospedali.
Quando ciò non avveniva o se si trattava di un relapso (cioè una persona già condannata in precedenza che si era pentita, ma poi aveva peccato di nuovo) si procedeva alla pena di morte. Il tribunale ecclesiastico, però, non poteva materialmente eseguire la condanna, aveva solo il compito di emanare la sentenza. Era l’autorità civile che prendeva in carico l’esecuzione, che generalmente prevedeva la morte sul rogo del peccatore.
Spesso l’Inquisizione è indicata come responsabile dell’uccisione di donne innocenti con l’accusa di stregoneria, ma in realtà si fa confusione. Era di certo un’istituzione repressiva, ma interveniva principalmente in casi di eresia dottrinale e di non conformismo.
La percentuale di condanne al rogo per stregoneria nelle aree controllate dall’Inquisizione (spagnola, romana e portoghese) è circa il 4% delle condanne totali. Gli inquisitori spesso ritenevano queste persone solo delle donne superstiziose ingannate dal demonio.
Gli ebrei nel nuovo Regno spagnolo
L’Inquisizione spagnola sin dall’inizio si concentrò contro gli ebrei e i musulmani. In realtà questo atteggiamento non era una novità. L’azione inquisitoriale fu solo più sistematica e centralizzata, ma atti di violenza contro le comunità ebraiche risalivano fino al XIV secolo, quando nel 1391 l’arcidiacono Ferrán Martínez bandì una crociata antiebraica.
Con l’unione dei regni e la fine della reconquista anche agli ebrei veniva chiesto di adeguarsi ai nuovi dettami religiosi: o la conversione o l’esilio. La ragione era la paura che i cristiani simpatizzando per la fede ebraica si allontanassero dalla vera fede e si facessero tentare dal male.
I numerosi espulsi, in un primo momento, si rifugiarono in Portogallo (unico altro regno della penisola), ma ben presto anche qui si adottarono misure antiebraiche. La diaspora, nella sua fase iniziale, portò numerosi ebrei a stabilirsi soprattutto nell’impero ottomano, nei Paesi Bassi e in alcune aree della penisola italiana.
Una parte della comunità pur di evitare l’espulsione accettò la conversione e si fece battezzare. Costoro erano chiamati conversos, che significa, appunto, convertiti. La conversione spesso era solo apparente e in segreto continuavano a mantenere la loro fede e le loro pratiche; in questi casi ci si riferiva a loro come marrani. L’etimologia della parola non è ben chiara, si pensa che derivi dal termine castigliano marrano, cioè “maiale”, che a sua volta deriva dall’arabo mahran, cioè “proibito”.
Cos’è la limpieza de sangre?
L’Inquisizione normalmente non aveva autorità sugli ebrei, perché non erano battezzati, ma i conversos avevano accettato il battesimo, quindi su di loro poteva valere l’autorità ecclesiastica. Si affermò sempre più la cosiddetta limpieza de sangre cioè l’esaltazione di chi era cristiano da più generazioni, era importante dimostrare che non si era o non si discendeva da conversos.
La repressione dell’Ebraismo e l’accusa di eresia per i marrani che dissimulavano la loro vera fede spinsero le comunità ebraiche a lasciare la penisola iberica. Ma anche quando trovavano rifugio in altri luoghi controllati dall’Inquisizione romana non ebbero certo la vita più facile.
L’Inquisizione spagnola e i musulmani
Un trattamento simile attese anche chi era di fede islamica. I tanti musulmani rimasti in Spagna dopo la presa di Granada furono costretti ad una conversione forzata: o il battesimo o l’esilio. Anche in questo caso c’era un nome specifico per chi sceglieva di convertirsi e per i loro discendenti: moriscos.
L’Inquisizione spagnola mostrò lo stesso atteggiamento e le stesse preoccupazioni che riservava a tutti i nuovi convertiti. In particolare, focalizzò l’attenzione sulle pratiche islamiche, per cercare di capire se e chi continuava a coltivare la sua vecchia religione. Anche perché la fede islamica prevede la taquiyya, ovvero la dissimulazione in casi in cui si agisce sotto coercizione. Un musulmano può fingere di convertirsi e cambiare pratiche religiose, ma in cuor suo continuare a considerarsi musulmano, senza che questo sia considerato peccato perché giustificato dalla gravità della situazione.
Sapendo ciò gli inquisitori facevano molta attenzione ai costumi dei moriscos per cercare di capire se stessero dissimulando o meno. Di fatti essi cercarono di rispettare, almeno in parte, i costumi e le prescrizioni islamiche, soprattutto quelle alimentari evitando di mangiare carne di maiale o seguendo la macellazione rituale.
Sotto il regno di Filippo II s’inasprì ancora di più la persecuzione ai moriscos. Si ritiene che tra il XVI e l’inizio del XVII secolo circa 300.000 moriscos siano stati cacciati dalla Spagna.
I musulmani convertiti erano guardati con sospetto, accusati di aver finto la loro conversione e di essere in combutta con i nemici della nazione, come i turchi e i francesi. Non bisogna dimenticare, infatti, che era in corso un processo di costruzione identitaria, quindi bisognava ben delineare cosa significava essere spagnoli, con cosa identificarsi e da cosa invece discostarsi.
La difesa dell’ortodossia
Una volta estirpate le minacce ebree e musulmane dal territorio l’Inquisizione spagnola si concentrò sulla difesa dell’ortodossia in modo molto rigoroso e intransigente, cercando di estirpare ogni forma di protestantesimo o dottrina che deviasse da quella ufficiale.
Nel XVI secolo in Spagna si svilupparono due movimenti all’interno dell’area cattolica: gli Alumbrados, una setta mistica, e gli Erasmiani, coloro i quali seguivano le idee di Erasmo da Rotterdam. Entrambi furono perseguitati al pari dei protestanti. Infatti, anche se questi gruppi si consideravano parte della Chiesa di Cristo, non lo erano per i teologi cattolici e quindi erano tacciati di eresia e costretti a fuggire.
Tra di loro vi era anche Juan de Valdés, che scappando dalla Spagna si rifugiò nel Regno di Napoli dove diede vita ad un proprio circolo spirituale che raccolse consensi anche tra le alte gerarchie del clero da una parte e fu duramente contestato dall’altra.
C’era l’Inquisizione spagnola in Italia?
La corona di Spagna gestiva una buona parte delle regioni più importanti del territorio italiano. Erano sotto il suo controllo il Ducato di Milano, Il Regno di Napoli, la Sicilia e la Sardegna. Quando fu creata l’Inquisizione spagnola si cercò di introdurla in tutte le province e territori dominati dalla Spagna, compresi quelli italiani. Napoli e Milano si ribellarono all’imposizione spagnola riuscendo a rimanere sotto la giurisdizione dell’Inquisizione romana.
Alla Sicilia e la Sardegna invece ciò non fu concesso nonostante le proteste tanto del clero quanto della nobiltà. In Sicilia il tribunale spagnolo non era benaccetto, infatti dalla sua istituzione nell’isola, nel 1487, all’inizio effettivo delle sue attività, 1511, passarono più di vent’anni.
C’era anche un’altra differenza tra l’Inquisizione a Napoli e quella in Sicilia: a Napoli, essendo Inquisizione romana, il potere del tribunale non era quello civile. Cioè il potere inquisitoriale era solo ecclesiastico, non governativo, le decisioni dell’inquisitore dovevano sempre sottostare al potere regio.
In Sicilia la situazione era diversa, gli inquisitori erano scelti e inviati da Madrid, quindi oltre al potere ecclesiastico aveva anche potere temporale. In Sicilia quindi l’Inquisizione aveva un potere maggiore di quella che aveva a Napoli, a Milano, a Venezia e in altre parti della penisola.
Quando ebbe fin l’Inquisizione spagnola?
L’inquisizione spagnola rimase in attività a lungo sia in Spagna che nelle sue coloni, fu soppressa durante il periodo napoleonico, nel 1808, ristabilita nel 1814 da Ferdinando VIII e poi di nuovo soppressa definitivamente nel 1834. La struttura burocratica capillare dell‘Inquisizione spagnola permetteva un controllo pervasivo del territorio, per cui i territori spagnoli vennero risparmiati dalla cosiddetta “caccia alle streghe” che caratterizzò l’Europa moderna.
Miriam Campopiano
Bibliografia e sitografia
- Spanish Inquisition | Definition, History, & Facts | Britannica
- Inquisizione in “Dizionario di Storia” (treccani.it)
- F. Renda, L’inquisizione in Sicilia nel Cinquecento, in A. Cestaro (a cura di), Geronimo Seripando e la Chiesa del suo tempo, Edizioni di storia e Letteratura, Roma 1997.
- P. Stefani, Cristiani ed ebrei nella prima età moderna, in V. Lavenia (a cura di), Storia del Cristianesimo, vol. III L’età moderna (secoli XVI-XVIII), Crocci, Roma 2015, pp. 109-130.
- A.Vanoli, Cristrianesimo e Islam: guerre e incontri dal mediterraneo all’Asia, in V. Lavenia (a cura di), Storia del Cristianesimo, vol. III L’età moderna (secoli XVI-XVIII), Crocci, Roma 2015, pp. 131-148.