Con il film del 2017 girato da Patty Jenkins, Wonder Woman ha finalmente fatto il suo debutto in singolo sul grande schermo. Principessa amazzone dalle straordinarie capacità e membro della Justice League fin dalle sue origini, è sicuramente uno dei nomi più importanti della DC Comics. Oltre ad essere un’apprezzata supereroina, Wonder Woman è una vera e propria icona femminista. Il merito del suo successo va al suo creatore, William Moulton Marston, e alle due donne della sua vita, Elizabeth Holloway Marston e Olive Byrne.
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La strana storia di William Marston (1893-1947)
Prima di dedicarsi ai fumetti, William Marston era stato un brillante psicologo. A lui sono dovuti la creazione della macchina della verità e numerosi studi sulle emozioni e i comportamenti umani. In particolare, egli era interessato all’analisi dei comportamenti sessuali degli individui e dei concetti di dominazione e sottomissione. In più, fin dagli anni della giovinezza si era interessato alle lotte e ai movimenti delle donne, diventando un importante teorico femminista.
Dal 1915, Marston era sposato con Elizabeth Holloway, anche lei studiosa di psicologia. L’amore tra i due era profondo e nulla sembrava poter cambiare la loro situazione. Questo almeno fino al 1925, anno in cui Marston conosce la studentessa Olive Byrne, una brillante ragazza che seguiva i suoi corsi alla Tufts University, nel Massachussets.
Olive Byrne fa assistere Marston a dei riti a sfondo sessuale che si tenevano nella confraternita femminile di cui faceva parte. Affascinato da quel che vede, l’uomo può approfondire le sue ricerche e sperimentare i piaceri del bondage e della sottomissione. Nel frattempo, si innamora della giovane studentessa e deve rivelare alla moglie la situazione, chiedendole se sia disposta ad accettare una relazione a tre. Elizabeth accetta e Olive può trasferirsi da loro, facendosi passare per una cugina della donna. Con il passare degli anni, Marston avrebbe avuto figli da entrambe.
La nascita di Wonder Woman
Per un po’, la relazione triangolare prosegue tranquillamente, mentre Marston e Olive continuano a dedicarsi alle loro ricerche su piacere, dominazione e sottomissione. Tuttavia, il diffondersi di voci su una sua relazione con una studentessa costringe l’uomo a mollare il lavoro all’università. Critiche mosse contro la sua macchina della verità finiscono per affossarne ulteriormente la credibilità. Nei tardi anni ’30, William Marston è in piena crisi esistenziale.
L’occasione per rialzarsi arriva dai fumetti di supereroi che, in quegli anni dominati dalla minaccia del nazismo in Europa e dalla paura della guerra, stanno avendo un enorme successo. Superman, Batman, Capitan America e altre future icone del fumetto mondiale hanno già fatto il loro ingresso nelle case di milioni di lettori. Interessato dal fenomeno, Marston inizia a studiarlo con sempre maggiore attenzione.
Alla fine, entrato in contatto con la casa editrice che sarebbe diventata la DC Comics, Marston comincia a collaborare come consulente. Con l’aiuto di Elizabeth e Olive, raccoglie le prime idee per la realizzazione di una supereroina e le propone all’editore Max Gaines. Nel dicembre del 1941 fa così la sua prima comparsa Wonder Woman.
Wonder Woman: simbolo di femminismo e indipendenza
Fin dai primi numeri, Wonder Woman è uno straordinario successo. Dotata di grazia, bellezza e buon cuore, ma anche potente e intrepida come Superman, la supereroina fa presto breccia nei cuori dei lettori. William, Elizabeth e Olive la caratterizzano in modo da renderla una fonte di ispirazione per tutte le donne. La loro Diana è fortissima, ma ripudia la violenza e tenta di risolvere le situazioni più difficili con il dialogo. È una donna intelligente, pacata e rispettosa della vita umana.
Ma le idee femministe di Marston e delle sue due compagne di vita non vengono espresse solo come valori e ideali. Le pagine di Wonder Woman abbondano di ammiccamenti al lesbismo, la stessa Diana nasce da una regina delle amazzoni vergine su concessione di una dea. Ma soprattutto trova spazio nel fumetto l’interesse di Marston per il BDSM e la sottomissione.
Non solo Wonder Woman blocca i suoi avversari con il lazo della verità, chiaro rimando alla macchina inventata da Marston, ma è lei stessa a essere frequentemente legata e imbavagliata nel corso delle storie. La supereroina diventa protagonista delle fantasie e delle esperienze del suo autore. Vi sono persino rimandi ai sistemi usati dalla confraternita femminile di cui aveva fatto parte in precedenza Olive. E quel che più colpisce è che in nessuna di queste occasioni Wonder Woman appare preoccupata, ma anzi è spesso divertita. Il bondage è visto come pura forma di piacere.
Le critiche e il declino
Le particolarità di Wonder Woman vengono presto notate e prese di mira. Il timore che certe rappresentazioni possano avere una cattiva influenza sui lettori più giovani spinge i critici a fare pressione affinché tutto questo cambi. Il personaggio è però molto popolare e l’editore Max Gaines decide di farla comparire anche su altre testate, affidandola ad altri scrittori. Nessuno di loro ha però la visione di Marston e Wonder Woman diventa presto la segretaria della Justice Society.
Nel frattempo, Marston è alle prese con la sua ultima battaglia: nel maggio del 1947, perde la vita a soli 53 anni per un cancro alla pelle. Inizia una grave crisi per Wonder Woman, dovuta anche al nuovo periodo storico che gli USA stanno vivendo. Con la fine della guerra, i soldati sono rientrati nelle loro case e le loro donne devono tornare a occuparsi dei figli e delle faccende domestiche. Wonder Woman, che doveva mostrare come le donne potessero fare tutto, mal si presta a rappresentare il nuovo modello di donna ideale.
Da quel momento, il personaggio si trasforma diverse volte per stare al passo con i tempi. Inizialmente, le sue storie diventano delle commedie romantiche che ruotano intorno alla sua relazione con il fidanzato Steve Trevor. A partire dal 1968, Wonder Woman perde addirittura costume e poteri e viene totalmente rivisitata. La nuova Diana Prince è una specie di spia che usa una boutique d’abbigliamento come copertura e non ha nulla del suo originario spirito rivoluzionario.
Questo periodo di decadenza sarebbe terminato solo a partire dagli anni ’70, con l’affermarsi dei nuovi movimenti femministi che vedono nell’originale Wonder Woman un esempio. Infine, nel 1975 inizia la messa in onda della serie tv con Lynda Carter, che riporta definitivamente in auge il personaggio.
Davide Proroga