La Fisica di Aristotele è un insieme di scritti in cui il filosofo greco espone l’ipotesi delle quattro cause e del primo motore immobile come ciò che muove il mondo. Nell’articolo analizziamo questo trattato e ne evidenziamo i punti salienti.
Indice dell'articolo
la Fisica di Aristotele e la fisica prima e dopo Aristotele
Innanzitutto, partiamo dal titolo di questo trattato, Fisica appunto. Infatti, questa parola ha oggi un significato molto diverso da quello dell’Antica Grecia. In effetti, è lo stesso Aristotele a fornirci una delucidazione al riguardo in un altro suo trattato, la Metafisica, oltre che in questo. Cioè, la fisica tratta, per Aristotele, di tutti quegli aspetti comuni al campo del naturale o che costituiscono quest’ultimo. Perciò, secondo il filosofo qualsiasi altra scienza che tratta del mondo naturale fa ad essa riferimento. Dunque, la fisica è lo studio dei principi del cambiamento e del mutamento, del tempo e dello spazio, e delle cause del movimento.
In effetti, a seguito della rivoluzione scientifica, nell’epoca moderna, lo studio della natura avviene tramite misurazione. Cioè, la scienza fisica è intesa come conoscenza delle quantità. Invece, nell’Antica Grecia questo orizzonte è del tutto assente. Infatti, i problemi della fisica hanno un aspetto più di tipo qualitativo piuttosto che quantitativo, come la distinzione delle quattro cause. In effetti, è più esatto in questo caso la traduzione di “fisica” con “corso di lezioni sulla natura”.
Ma se ciò è vero, vero è anche che Aristotele sottolinea la differenza che intercorre tra lui e tutti i filosofi che lo hanno preceduto. Cioè tutti loro, in modi diversi, sbagliano qualcosa e compiono un’analisi della natura errata. Quindi, Aristotele pone la propria indagine della natura come un nuovo momento che svecchia la filosofia da assunti privi di logicità.
I libri della Fisica di Aristotele
La Fisica di Aristotele conta otto libri. Anche se vi è un filo rosso dall’inizio alla fine dell’opera, cioè il movimento, possiamo individuare tre sottoinsiemi. Infatti, i primi due libri focalizzano il problema sulla decostruzione delle teorie dei filosofi che non concordano con lo Stagirita, e poi trattano della sua idea in merito. Così, troviamo qui l’enumerazione e la spiegazione delle quattro cause.
Poi, i libri dal terzo al sesto trattano argomenti correlati al movimento quali il tempo, il luogo, l’infinito e il continuo. Infine, nel settimo e nell’ottavo troviamo il concetto di motore e la prima descrizione del Primo motore immobile ed eterno. In effetti, le critiche agli altri filosofi proseguono in tutti i libri, dato che Aristotele utilizza le loro opinioni come contraltare di quelle che presenta come le corrette spiegazioni sul mondo fisico. Insomma, se da una parte questi libri illustrano le riflessioni di vari filosofi che lo precedono, e ciò rivela come abbiamo a che fare con le spiegazioni che lo Stagirita tiene nella sua scuola, dall’altra parte diventano tutte uno strumento che giustifica la correttezza delle proprie idee, che in questa veste presenta ai membri del liceo.
La Fisica di Aristotele è un trattato che, per la compilazione di Andronico di Rodi, segue quello di logica e precede quello di metafisica. In effetti, l’operazione di “smontaggio” delle affermazioni degli altri filosofi avviene con l’uso di regole logiche. Quindi, è sui presupposti del primo trattato che lo Stagirita mostra la sua ragione su tutti i filosofi. Ma la Fisica è anche un testo che parla del primo motore, argomento che, come descriviamo più avanti, è il cuore della metafisica.
I principi
Dunque, in cosa consiste con esattezza l’attacco di Aristotele nei confronti dei suoi predecessori? Innanzitutto, come abbiamo detto, per lo Stagirita la fisica è lo studio dell’origine del movimento della natura. Quindi, la domanda è se questa origine è una o molteplice, e se è molteplice, se essa è finita oppure infinita. Infatti, secondo il principio di non contraddizione, una cosa non può essere e non essere al tempo stesso. In effetti, ogni filosofo fornisce a tal riguardo una risposta diversa.
Quindi, chi afferma che l’essere è uno lo fa tramite un escamotage linguistico. Cioè, ad esempio dice “l’uomo biancheggia” anziché “è bianco“, evita l’aggiunta del verbo essere e così crea l’immagine di una sostanza superiore a quella che in realtà possiede tale caratteristica. Tuttavia, questi pensatori cadono in contraddizione, perché ammettono comunque più sostanze come la bianchezza e l’essere colto, che possono convivere oppure no nella stessa entità. Inoltre, se il principio unico non contempla altro al di fuori di sé, allora qualsiasi possibilità di movimento a partire da lui cade. Perciò, Aristotele afferma l’infondatezza dell’eleatismo e del monismo.
Invece, chi come Anassagora pone una molteplicità infinita, pone anche un principio di inconoscibilità. Infatti, secondo questa idea ogni sostanza è un composto di più principi, e se definiamo qualcosa come “uomo” o “terra” è perché in essi prevalgono più alcuni che altri elementi. Ma questo, per Aristotele, significa che ci sono alcuni principi delle sostanze, quelle presenti in ognuna di esse in numero minore, che noi non conosciamo. Ma questo rende impossibile la conoscenza fisica, perché come detto dall’inizio essa è conoscenza delle cause. Perciò, la teoria dei principi di Anassagora va rifiutata.
Materia, forma e natura
Quindi, tra le alternative che Aristotele propone, quale è davvero valida? Il filosofo afferma la mutevolezza della natura, che chiunque può osservare. Ma questa mutevolezza è basata sulle sostanze, e ciò su un piano linguistico significa che i predicati cambiano ma il soggetto è sempre lo stesso. Dunque, sul piano fisico il processo di mutazione è speculare a quello linguistico. Cioè, una sostanza, vale a dire un composto di forma e materia, acquisisce proprietà di cui all’inizio è priva. Così, muta la sua materia. Ma tutto il processo di mutazione è deciso dalla sua forma, che è sempre la stessa, proprio come il soggetto che cambia predicato ma resta quello.
Invece, cos’è la natura? Dice Aristotele: tutto ciò che non è tecnica. Infatti, ciò che è esito di una tecnica, come un mantello, non ha nessun impulso connaturato al cambiamento. Invece, ciò che è natura, come un seme, ha sempre questo impulso.
«Inoltre: da un uomo viene ad essere un uomo, ma non un letto da un letto. Perciò appunto dicono che la natura del letto non è la conformazione, ma il legno.»
Quindi, natura è un principio interno che fa sì che una cosa muta in qualcosa d’altro. In effetti, è interessante notare che Aristotele pone un parallelo tra la parola greca che indica la natura, physis, e quella che indica il cambiamento, cioè phyesthai.
Le quattro cause
Dunque, il filosofo prosegue la sua spiegazione del mutamento naturale e introduce quelle che definisce le cause che determinano l’esistenza di sostanze differenti. Va sottolineato che queste cause possono essere esterne alla sostanza soggetta a mutazione, ma non alla natura, in quanto queste equivalgono al movimento intrinseco alla natura. Innanzitutto, esse sono quattro: materiale, formale, efficiente, e finale. Così, il filosofo ricorre per spiegarle all’esempio della casa e della statua. Entrambe vengono realizzate con precisi materiali, e questa è la causa materiale. Poi, esse assumono una determinata forma che le fa essere quello che il nome indica, e questa è la causa formale. Poi, l’architetto o lo scultore rappresentano la causa efficiente. Infine, la casa è realizzata per riparare e abitarci e la statua per gli usi che il compratore ha in mente. Cioè, queste sono cause finali.
L’argomentazione di Aristotele ha una linearità che, a suo parere, giustifica il movimento intrinseco nella natura. Tuttavia, come notano vari suoi commentatori, gli esempi che riporta fanno parte del mondo della tecnica. Cioè, proprio di quel mondo inanimato che solo poche pagine prima egli contrappone alla natura. Insomma, Aristotele attua qui una “tecnicizzazione” della natura. In effetti, per il filosofo le quattro cause sono ben distinte nel mondo della tecnica. Invece, nel mondo naturale esse risultano miscelate e non discernibili.
Inoltre, il filosofo argomenta contro chi sostiene l’assenza della causa finale e chi afferma che ogni movimento naturale deriva da un movimento cieco. Infatti, lo Stagirita sostiene che sia impossibile spiegare senza una causa finale come la natura faccia persistere sempre le stesse forme. Cioè, ad esempio, che da uomini nascono sempre uomini e da bovini sempre vitelli.
Il Primo motore nella Metafisica e nella Fisica di Aristotele
Infine, Aristotele tratta di quello che battezza “primo motore immobile ed eterno“. In effetti, come anticipato, questo tema è presente anche nella metafisica e mostra come fisica e metafisica sono per lo Stagirita campi di ricerca allacciati. Infatti, secondo alcune interpretazioni “metafisica” per Aristotele non si identifica con “mondo al di là del mondo fisico”, quanto con la ricerca al di là della semplice indagine sulla fisica.
Dunque, l’ottavo libro della Fisica, in cui troviamo la trattazione del motore immobile, inizia con la questione se il movimento è eterno oppure no. Innanzitutto, la domanda è se ogni motore trova movimento in se stesso o mosso da altro. Aristotele afferma l’esistenza di ambo le possibilità nel mondo fisico. Tuttavia, afferma anche che bisogna sempre poter risalire alla causa prima del movimento, come illustra nella critica ad Anassagora.
Dunque, se un motore è a sua volta mosso da qualcosa di esterno, è possibile la conoscenza di quel motore, anche nell’eventualità di una lunga catena di motori. Cioè, Aristotele non contempla un regresso all’infinito. Perciò, alla base del movimento c’è un primo motore che non è mosso da altro ma da se stesso. Del resto, se il primo motore è mosso dall’esterno in modo accidentale, allora il suo movimento non è eterno, e se è mosso in modo non accidentale, allora il primo motore è quello che lo muove. Così, secondo il filosofo, il movimento del primo motore è circolare e in quanto tale è infinito.
Le argomentazioni di Aristotele sono ovviamente più ricche di quanto delineato in questo articolo. Non è un caso se diversi pensatori hanno analizzato con attenzione le sue riflessioni, primo tra tutti Tommaso d’Aquino. E ancora oggi il dibattito su questo e gli altri suoi trattati è ancora aperto.
Luigi D’Anto’
Bibliografia
Aristotele, La Fisica, a cura di R. Radice, Bompiani 2011.
Sitografia
Lezione di Marcello Zanatta sulla Fisica di Aristotele nella pagina Youtube del Festival Filosofia: https://www.youtube.com/watch?v=c99PqI9WTV8
Lezione di Enrico Berti: https://www.youtube.com/watch?v=2EahUfK474U
Nota: l’immagine di copertina è da Pickpik.com