La Metafisica di Aristotele è il primo testo in cui troviamo una trattazione dedicata a tale sezione della filosofia. In questo articolo illustriamo i vari libri che lo compongono e le argomentazioni in esso presenti.
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Metafisica di Aristotele: il significato del titolo
“Metafisica di Aristotele” richiama un corpus di scritti composti dal filosofo di Stagira che, come il nome evince, è un trattato su questa sezione della filosofia. Tuttavia, è necessaria fin da subito qualche precisazione. Infatti, gli studiosi interpretano il nome “Metafisica” in due modi opposti. Così, per la prima interpretazione esso significa “dopo la fisica“. In effetti, la Metafisica di Aristotele è posta nell’elenco di Andronico di Rodi dopo il trattato sulla Fisica. Quindi, il nome indica la sua posizione nell’elenco. Ma ciò assume anche un valore qualitativo della materia trattata. Cioè, la metafisica è dopo la fisica perché il suo campo di indagine è più elevato.
Invece, la seconda interpretazione traduce “metafisica” come “insieme alla fisica“. Dunque, secondo questa idea non c’è un ordine gerarchico tra i due trattati. Al contrario, essi sono vicini nell’elenco di Andronico perché i loro argomenti necessitano di un legame per la loro corretta esposizione. Inoltre, la metafisica è materia non superiore alla fisica. Tuttavia, è qualcosa che va “oltre”, cioè allarga gli orizzonti del sapere fisico.
Comunque, è molto probabile che non è Aristotele colui che conferisce il nome di Metafisica a questo trattato. In effetti, come altri suoi testi, in origine è un insieme di scritti separati che solo in un secondo momento trovano accorpamento e ordine. La “metafisica” stessa, secondo alcuni studiosi, è un concetto che Aristotele non conosce, perlomeno non come lo intendiamo noi oggi.
La Metafisica di Aristotele: l’argomento
Dunque, come altri testi aristotelici, anche in questo caso troviamo vari libri che compongono l’intero trattato. Infatti, sono quattordici e Andronico da Rodi, che decide l’ordine dopo la morte di Aristotele, dà ad ognuno il nome delle lettere dell’alfabeto greco. Così, i libri vanno da “Alpha” a “Ny“, con l’eccezione del secondo, chiamato “Alpha élatton” in quanto appendice del libro che lo precede.
Comunque, l’argomento in esame supera la semplice trattazione metafisica. In effetti, il libro Alpha recupera argomenti già presenti nella Fisica, in particolare la presenza delle quattro cause come ciò che permette l’esistenza del mondo. Inoltre, in questo stesso libro troviamo quella che gli studiosi considerano la prima storia della filosofia mai scritta. Infatti, Aristotele illustra tutte le teorie dei predecessori. Ma, precisiamo, è un’analisi non oggettiva e il filosofo mostra i punti di debolezza del pensiero di ogni predecessore a cui contrappone la propria visione.
Tuttavia, vero è che questo trattato fonda la ricerca sulla metafisica. In effetti, uno dei libri che gli studiosi reputano tra i più importanti sotto questo punto di vista è il quarto o libro Gamma. Infatti, in esso troviamo la definizione di metafisica. Cioè, “scienza dell’essere in quanto essere e delle proprietà che gli competono in quanto tale”. Inoltre, Aristotele avvicina i concetti di essere e di sostanza. Inoltre, qui troviamo anche la spiegazione al principio di non contraddizione. Così, anche il libro nove riflette su un problema logico-metafisico. Cioè, se l’atto precede la potenza o viceversa.
I libri della Metafisica di Aristotele
I primi tre libri sono introduttivi al problema della metafisica. Innanzitutto, il Libro Alpha afferma che la filosofia, in quanto metafisica, è conoscenza delle cause e dei principi. Cioè, vi è una differenza tra conoscenza empirica e scienza, in quanto solo quest’ultima interroga il “perché” e indaga l’origine delle cose. Ma l’origine è plurale, come già chiaro nella Fisica, in cui troviamo le cause materiale, formale, efficiente e finale. Dunque, la metafisica è scienza della verità, cioè conoscenza delle cause. Perciò, la ricerca metafisica è diversa dalle altre scienze, in quanto ognuna ha un metodo diverso a seconda dell’oggetto della sua ricerca determinato dalla causa in esame.
Poi, il quarto libro chiarisce che “l’essere in quanto essere è l’intero della realtà“. Ma se l’insieme delle cause e dei principi, l’essere in tutta la sua interezza appunto, è ciò che chiamiamo “sostanza”, allora metafisica è studio della sostanza. Dunque, questo studio richiede l’esame degli assiomi su cui fondiamo le altre scienze, che li usano senza alcun interrogativo su di loro. Quindi, dato che il primo principio è quello di “non contraddizione“, il filosofo deve giustificarlo (di questo parliamo più avanti). Dipoi, i libri quinto e sesto chiariscono altri concetti filosofici e l’ordine dei campi del sapere.
Invece, i libri dal settimo all’undicesimo trattano del concetto di sostanza e della differenza tra potenza e atto. Poi, il dodicesimo, in particolare, della sostanza sovrasensibile. Così, Aristotele mostra in che modo le quattro cause hanno a che fare con la sostanza. In sintesi, l’importanza del libro Lambda è la conclusione che tutte le realtà fanno capo ad un unico principio, il motore immobile. Infine, i libri tredicesimo e quattordicesimo costituiscono una critica contro l’idea della scuola platonica secondo la quale i numeri sono principi ideali fondamento del mondo.
Il principio di non contraddizione
Abbiamo anticipato che Aristotele affronta in questo trattato il principio di non contraddizione. Ma è legittima una domanda, cioè per quale motivo il filosofo ne parla qui anziché nel trattato sulla logica. In effetti Aristotele congiunge questa ricerca, propria del campo della logica, al problema metafisico. Perciò, gli studiosi considerano il libro Gamma della Metafisica, nel quale troviamo questo argomento, essenziale per la storia dell’ontologia occidentale.
Dunque, Aristotele afferma che è impossibile parlare di qualsiasi cosa senza il principio di non contraddizione, perché altrimenti potremmo affermare che una cosa è e non è al tempo stesso. Perciò, sbaglia chi lo nega e cerca di mostrarne l’infondatezza. Infatti, chi compie questa operazione si esprime facendone uso e cade in contraddizione. D’altra parte, chi sceglie di non parlare e pensare così da farne a meno, trapassa nello stadio di un vegetale.
Ma perché tanti pensatori remano contro questo principio? Il filosofo spiega in cosa consiste il loro errore. Cioè, essi applicano i caratteri propri della sfera del mondo sensibile alla sfera sovrasensibile, ontologica e metafisica. Quindi, essi assolutizzano il sensibile e lo ripropongono nella sfera dell’immutabile, che è l’esatto contrario del mondo sensibile. Perciò, la “missione” di Aristotele diviene la dimostrazione che il mondo sovrasensibile ha una dimensione diversa rispetto a quella fisica. Ma ciò che risulta ancor più interessante in questa trattazione è l’assimilazione di piano ontologico e piano gnoseologico. Cioè, la distinzione tra mondo fisico e metafisico riguarda tanto la sfera dell’essere tanto le modalità con cui apprendiamo ed esprimiamo questo concetto. Dunque, ciò spiana la strada verso la descrizione del Dio come primo motore immobile, come analizziamo più avanti.
Scienze pratiche, poietiche e teoretiche
Nel libro sesto, il libro Epsilon, troviamo l’enumerazione delle scienze da parte di Aristotele. In effetti, l’ordine è semplice, in quanto le divide in tre gruppi, cioè pratiche, poietiche e teoretiche. Tuttavia, fraintendiamo se interpretiamo i nomi “pratiche” e “teoretiche” coi significati odierni. Dunque, soffermiamoci su questo punto.
Innanzitutto, le scienze “pratiche” e “poietiche” trattano entrambe di azioni che iniziano con un soggetto che agisce. Però, per le scienze pratiche sono azioni che hanno anche conclusione sul medesimo soggetto. Quindi, queste scienze corrispondono alle azioni morali, in quanto perfezionano il soggetto che agisce. Invece, le scienze poietiche trattano di azioni che trovano conclusione al di fuori del soggetto che agisce. Quindi, di esse fanno parte tutte le arti, anche quelle musicali, così come molti altri campi, come le scienze mediche.
Infine, abbiamo le scienze teoriche che sono tre: la matematica, la fisica e la metafisica. Infatti, esse sono diverse dalle altre perché non trattano delle azioni ma dell’atto di conoscenza. La fisica è la conoscenza delle essenze e delle forme, mentre la matematica riguarda la conoscenza dei numeri. Ma per Aristotele questi ultimi non sono, come sostengono i platonici, enti ultrasensibili che fondano il mondo sensibile, bensì particolari proprietà e qualità degli enti del mondo sensibile. Così, abbiamo per ultima la metafisica, che Aristotele chiama “scienza teologica“.
Materia, forma e sostanza
Abbiamo detto che per Aristotele principio primo è il principio di non contraddizione. Eppure, il mondo sembra composto da oggetti in perpetuo divenire che contraddicono così tale principio. Ma questo perché il divenire appartiene alla sfera sensibile, cioè all’essere accidentale, e ha la sua causa nella materia. Invece, l’essere inteso al di fuori di questa sfera coincide con la prima delle categorie dell’essere, cioè la sostanza.
Così, Aristotele pone come questione se la sostanza coincide con la potenza o con l’atto, e con la materia o con la forma. Cioè, le domande sono: cosa è la sostanza e se esistono una o più tipi di sostanza. Lo stagirita conclude che la sostanza è ciò che non si predica di altro, in quanto ogni categoria dell’essere dipende da lei ma essa non dipende da nulla al di fuori di sé. Dunque, la sostanza è atto e non potenza e nemmeno un ente astratto, in quanto è qualcosa di determinato.
Tuttavia, essa è sia materia, sia forma, sia unione delle due. In effetti, dal punto di vista empirico la forma “più alta” sembra l’unione. Infatti, è proprio questa che compone gli individui. Ma dal punto di vista metafisico la forma è causa e principio, cioè fondamento dell’essere. Invece, la materia è causa del mutamento che caratterizza il mondo sensibile. Perciò, la materia esiste in potenza mentre la forma corrisponde all’atto. Così il composto, in quanto sia atto sia potenza, è sia materia sia forma. Cioè, quello che Aristotele definisce “sinolo“.
Dio cristiano e Dio aristotelico
Infine, cosa distingue il Dio aristotelico o motore immobile dal Dio cristiano? In effetti, possiamo rintracciare un’affinità. Infatti, Aristotele descrive uno schema nel quale il motore immobile muove tutto senza essere mosso dall’esterno. Così, egli riporta tutti i movimenti, sia quelli del mondo terreno sia quelli del mondo ultraterreno, a un’unica causa. In effetti, altri motori esistono e sono quelli che muovono le sfere celesti. Ma il motore immobile spiega perché ogni corpo celeste ha un movimento diverso senza ricorrere a motori che agiscono in modo indipendente.
Insomma, di questa descrizione sentiamo un’eco nel Dio cristiano. Tuttavia, il motore aristotelico non “vuole” e non “ama”. Infatti, volontà e amore per il filosofo sono attributi del mondo sensibile e non possono riguardare il primo motore. In effetti, nell’orizzonte greco l’amore rivela una mancanza in quanto è desiderio di perfezione. Invece, proprio questi sono attributi che di solito riscontriamo nell’immagine del Dio cristiano. Insomma, in questo cogliamo una grande distinzione tra l’antichità a cui Aristotele appartiene e il pensiero del periodo successivo.
Luigi D’Anto’
Bibliografia
Metafisica di Aristotele, G. Reale, Bompiani, 2004.
Sitografia
Intervista a vari filosofi, tra cui Gabriele Giannantoni, sul legame tra Logica e Metafisica di Aristotele, in un video su Youtube al seguente link: https://www.youtube.com/watch?v=sROWgSw-dKs
Massimo Cacciari riflette intorno il concetto di metafisica partendo dal pensiero aristotelico durante alcune lezioni presso l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici: https://www.youtube.com/watch?v=zGMQKKAyxDU
Nota: l’immagine di copertina è tratta da Wikimedia Commons.