Gengis Khan, vita e conquiste del sovrano mongolo

Gengis Khan (1162-1227) fu uno dei più grandi condottieri di tutti i tempi. Divenuto sovrano mongolo, diede vita all’impero più grande di sempre, l’ Impero mongolo.

La società mongola

Durante il Medioevo, nel nord della Cina vivevano i Mongoli, tribù dedite alla pastorizia e alla transumanza, ovvero si spostavano a seconda della stagione, per potersi dedicare all’allevamento. Nel XIII secolo, a cause delle condizioni climatiche, dovettero spostarsi. La società mongola era divisa in Ulus, ovvero coalizioni tribali che spesso entravano in contrasto fra di loro oppure stabilivano alleanze ed appoggiavano un clan principale. Vigeva una forte gerarchia all’interno della società mongola. In basso c’era la popolazione, salendo nella gerarchia i i nobili e, al di sopra di tutti, vi era il qa’an o khan, il sovrano assoluto.

La vita di Gengis Khan

Temüjin era il vero nome di Gengis Khan. Egli nasce tra il 1155 e il 1667, sulla riva del fiume Onon. Nasce da un capo tataro chiamato Yesügei. Un gruppo di tatari avvelenò Yesügei e Temüjin, suo figlio, non ebbe la possibilità di assumere il comando del clan. Nessuno riconobbe la sua autorità. Iniziò per Temüjin un periodo molto difficile siccome la tribù abbandonò la sua famiglia.

L’ascesa al potere di Gengis Khan

Dopo alcuni anni, uno dei clan più potenti dell’epoca, i Taichi’ut, cercò di catturare Temüjin, che nel frattempo si era rifugiato nella foresta. Quando decise di uscire dalla foresta, i Taichi’ut lo catturarono. Ma grazie al suo coraggio riuscì a fuggire e a salvarsi. Poi Temüjin pensò di rinnovare il patto di fratellanza con il qa’an dei Kerait, To’oril, che promise di aiutarlo a riunire il suo clan.

Quando i Merkit rapirono la moglie di Temüjin, Börte, egli chiese aiuto ai Kerait. Anche Jamuqa, un altro importante capo mongolo, rimase coinvolto. Temüjin riuscì a sconfiggere i Merkit e Börte fu ritrovata. Da questo momento in poi, molte tribù mongole iniziarono a riconoscere la sua autorità. In molti vedevano nel giovane condottiero, un capo carismatico, giusto, ma non tutti accettavano il suo successo come il capo mongolo, Jamuqa.

Conflitti con le altre tribù mongole e le prime conquiste di Gengis Khan

Nel frattempo scoppiò il conflitto con i Tatari, coloro che avevano avvelenato Yesügei. Costoro erano appoggiati dai Tungusi di stirpe Jurchen, ovvero i Jin che dal 1115 al 1234 controllavano una vasta area nella Cina del Nord. I Tatari avevano catturato, in passato, gli antenati di Temüjin e li avevano consegnati ai Jin. I Tatari avevano ricevuto titoli, vantaggi economici grazie ai Jin fin quando i Jin decisero di allearsi con i Kerait di To’oril. Temüjin aiutò i Kerait in battaglia e nel 1198 i Tatari vennero sconfitti. Il giovane condottiero, durante lo scontro, catturò e portò a sua madre un ragazzino di origine tatara. Portare membri dei clan sottomessi alla madre sarà un’azione abituale di Temüjin.

Ora bisognava risolvere il conflitto con i Jurkin, che non avevano accettato di combattere contro i Tatari e che avevano ucciso alcuni uomini del qa’an. I Jurkin furono sconfitti. Poi Temüjin, grazie all’appoggio del qa’an dei Kerait, decise di muoversi contro i Naiman che nel frattempo si erano alleati con i Taichi’ut, i Tatari e Jamuqa, i nemici di Temüjin. Nel campo di battaglia, il qa’an dei Kerait decise di abbandonare Temüjin  al suo destino. I nemici lo stavano circondando e lui si vide costretto a ritirare le truppe. In seguito, seppe che i nemici stavano attaccando il qa’an dei Kerait, e inviò dei soldati in suo aiuto. Alla fine il qa’an dei Kerait si pentì e rinnovò il patto di fratellanza con Temüjin. Dopo diverse battaglie, essi costrinsero alla ritirata i Naiman, sterminarono i Taichi’ut e sconfissero definitivamente i Tatari nel 1202.

Altri clan mongoli decisero di riconoscere la supremazia del giovane condottiero e ciò suscitò invidia da parte dei Kerait. Temüjin, per ristabilire la pace, propose di unire i clan attraverso dei matrimoni e chiese in moglie per Jöchi, suo figlio, una principessa Kerait.  I Kerait non accettarono la sua proposta ed il figlio di To’oril decise di allearsi con Jamuqa, siccome pensava che Temüjin volesse eliminare i Kerait.

Nel 1203 si arrivò alla vittoria definitiva da parte di Temüjin e delle tribù a lui alleate a danno dei Kerait. Il qa’an dei Kerait, To’oril e suo figlio riuscirono a salvarsi ma vennero uccisi poiché furono scambiati per ladri di bestiame. Il giovane condottiero decise poi di attaccare nuovamente i Naiman, a cui si erano uniti gli Oirati e i Giagirat di Jamuqa, tribù che erano state da lui già sconfitte in passato. Temüjin vinse e pare che Jamuqa stesso gli chiese di essere giustiziato.

Temüjin viene proclamato “Gengis Khan”

Nel 1206, durante un nuovo quriltai, Temüjin prese il nome di Chinggis qa’an o Gengis Khan: qa’an” stava per sovrano e “Chinggis” per oceanico, quindi sovrano universale o sovrano oceanico. Tutti i clan mongoli e turco-mongoli riconobbero la sua supremazia. Ormai egli era a capo di un territorio enorme, che andava dall’attuale Mongolia alla Manciuria.

Gengis Khan
La statua equestre di Gengis Khan è situata in Mongolia in località Tsonjin Boldog. La statua è alta 30 metri e poggia su di un edificio circolare L’edificio è caratterizzato da 36 colonne che rappresentano i 36 Khan mongoli che si sono succeduti a partire da Gengis Khan.

L’obiettivo del Khan non era quello di creare un impero, ma semplicemente voleva acquisire nuovi territori per trarne nuove risorse. Inoltre, il territorio veniva sottoposto al sistema degli appannaggi, ovvero ogni territorio che veniva occupato era assegnato ad ogni capo della famiglia imperiale e i Mongoli costringevano le popolazioni locali al pagamento di tributi, senza però attuare opere pubbliche, fondare istituzioni burocratiche o amministrative. All’interno dell’esercito, sia donne che uomini prestavano il proprio servizio e nacque una vera e propria società militare.

 

L’espansione dell’Impero mongolo e la conquista della Cina

Il Khan decise di sconfiggere dapprima gli Oirati, che vivevano nelle foreste della Siberia, poi si diresse verso i Xi Xia che erano stanziati nella Cina nord occidentale, area strategica dal punto di vista commerciale. Ciò era noto allo stesso Khan poiché passavano di qui le carovane. In seguito a diversi conflitti, il sovrano dei Xi Xia offrì dei doni ai mongoli, chiese loro di non esser destituito e promise di combattere al loro fianco durante le battaglie militari. I Mongoli accettarono.

Nel 1211 partì l’offensiva nei confronti dei Jīn. Lo scopo di queste spedizioni era sia l’acquisizione di bottini di guerra sia rafforzare l’unità all’interno della società mongola. Nel 1212  essi conquistarono la città di Liaoyang, in Manciuria. La furia dei Mongoli devastò il territorio della Cina settentrionale.

Gengis Khan propose all’imperatore dei Jin, Xuanzong, di fornirgli oro, argento e sete preziose in cambio della sua ritirata. Xuanzong accettò, per poi fuggire a Kaifeng. Nel 1215, il Khan occupò Pechino e i cittadini iniziarono a fuggire. Scoppiarono delle rivolte popolari e i Xi Xia riuscirono a riconquistare dei territori. Anche i Jin riconquistarono alcune zone dello Shanxi e dello Hebei.

Gli Shāh di Corasmia si dichiararono nuovi vassalli dei conquistatori, in seguito alla battaglia di Qatvan, nel 1141. Durante questa battaglia, gli Shāh di Corasmia compresero la ferocia e le tecniche dei Mongoli. Soltanto nel 1206, in seguito alla nascita del regno di ‘Alā’oddin Mohammad, gli Shāh di Corasmia riuscirono a porre fine allo stato di vassallaggio. La furia mongola travolse i Qara Khitay, che erano Qidan uniti ai Turchi e ai Mongoli. Nel 1208 il Khan sconfisse i Merkit e i Naiman.

Un capo Naiman, Güchulüg, prima si era alleato con gli Shāh di Corasmia e poi aveva conquistato dei territori dei Qara Khitay. E le sue conquiste però facevano preoccupare gli Shāh di Corasmia, che decisero di inviare un’ambasciata a Pechino. L’obiettivo dell’ambasciata era stringere un’alleanza con il Khan. Diverse ambasciate furono inviate ma si delineava sempre un rapporto di sudditanza tra gli Shāh di Corasmia e i Mongoli. Poi accadde che una carovana di mercanti fu saccheggiata e si disse che erano state delle spie mongole. Inoltre, il Khan inviò un’ambasciata che fu messa a morte da ‘Alā’oddin Mohammad.

A questo punto il Khan decise di sottomettere le terre dei Qara Khitay, la Transoxiana, il Khorasan. Nel 1218, il regno dei Qara Khitai fu conquistato dai Mongoli, che poterono trarre beneficio anche delle ricchezze delle città di Buhara e Samarcanda, collocate lungo la Via della Seta. Nel frattempo, un suo generale, Jebe, uccideva Güchulüg. Il primo scontro tra l’esercito dello Shāh e i Mongoli non portò a una vittoria decisiva per entrambe le parti. Poi quando lo Shāh, seppe dell’arrivo del più grande esercito del Khan, decise di fuggire. Nel 1220, arrivò a Nishapur per poi esser costretto a fuggire sino a raggiungere il  Mar Caspio. Il Khan lo raggiunse e lo uccise.

Il figlio di’Alā’oddin Mohammad, Jalāloddin, decise di costituire un esercito per scontrarsi con il Khan. L’esercito del Khan fu sconfitto. Numerose furono le rivolte nei territori occupati dai mongoli ma nel 1221 i Mongoli ebbero la meglio e Jalāloddin dovette fuggire. L’esercito mongolo, arrivato alle rive dell’Indo, decise di ritirarsi. Nel 1226, il Khan si scontrò con il regno dei Xi Xia, poiché non avevano aiutato i Mongoli nella battaglia contro lo Shāh di Corasmia.

La violenza dei Mongoli

I Mongoli avevano oramai raggiunto la Georgia e la Crimea. Avevano devastato città, massacrato intere popolazioni come successe a Marv, a Nishapur e molte altre. Ad Herat, su ordine del Khan, avevano sterminato la popolazione locale. A causa della loro ferocia, notizie dei Mongoli si diffusero anche in Occidente.

I papi Innocenzo IV e Luigi IX inviavano lettere al Khan dove lo invitavano ad abbandonare i suoi piani e a porre fine alla violenza. Matteo di Parigi, un monaco benedettino inglese, disse “Calpestarono la terra dei Saraceni, spianarono intere città, incendiarono foreste, abbatterono fortezze, distrussero vigne e giardini, massacrarono cittadini e contadini…”

Gengis Khan e lo sciamanesimo

Secondo quanto scritto nella Storia segreta dei mongoli, una cronaca delle origini e delle gesta dei Mongoli, scritta in mongolo nel 1240, Tenggeri, una divinità mongola, avrebbe affidato al Khan il compito di conquistare il mondo. Lo sciamanesimo era la religione professata dai Mongoli, costituita da un insieme di conoscenze, credenze, pratiche religiose e tecniche magico-rituali. Lo stesso Gengis Khan svolgeva rituali e rivolgeva preghiere alla divinità. Durante il corso della storia, i Mongoli in realtà tollerarono qualsiasi religione che non sarebbe entrata in contrasto con l’Impero.

Gengis Khan e il monaco taoista Chang Chun

Nel 1219 il Khan invitò a corte Chang Chun, un patriarca della scuola taoista per chiedergli una pozione per non morire ed allungare la sua vita. Nel 1220 Chang Chun partì da Shandong. Il monaco parlò con il Khan di filosofia taoista e di come il Khan seguendo dei suoi consigli potesse allungare la propria vita. Ma in realtà Chang Chun non aveva nessuna pozione magica per raggiungere l’immortalità. Il Khan dichiarò il monaco capo della chiesa taoista e buddista. Inoltre il sovrano mongolo emanò un editto in cui dichiarava l’esenzione dal pagamento delle tasse e dalle corvée per i monaci. Molti monaci si dichiaravano tali per sfuggire alla violenza dei mongoli e, per tale motivo, si disse che Chang Chun aveva salvato moltissime persone. Infine Chang Chun tornò a Pechino per poi morire lì nel 1227.

La morte di Gengis Khan

La morte del Khan nel 1227 non pose fine all’espansione dei Mongoli che proseguirono la loro avanzata. Le cause della sua morte furono sconosciute: per alcuni morì dopo esser caduto da cavallo, per altri sarebbe deceduto a causa della peste. Secondo le leggende fu il funerale più spettacolare che si fosse mai visto nelle steppe mongole. Il luogo dove fu sepolto rimase segreto, forse fu sepolto nella regione dell’Ordos.

Valeria D’Esposito

Bibliografia e sitografia