Cirillo e Metodio e l’evangelizzazione in lingua slava

Nel corso del IX secolo i fratelli Costantino, più noto con il nome monastico di Cirillo, e Metodio sono stati evangelizzatori dei popoli slavi, specialmente nelle regioni della Moravia e della Pannonia, oggi rispettivamente in Repubblica Ceca e Ungheria. A loro si deve la traduzione della Bibbia, e molti altri testi liturgici, in slavo attraverso l’invenzione dell’alfabeto glagolitico ad opera di Cirillo, oggi soppiantato dall’alfabeto cirillico.

Nel 1980 il Papa Giovanni Paolo II li dichiara compatroni d’Europa, dedicando loro anche l’enciclica Slavorum apostoli nel 1985.

Cirillo e Metodio
Statua dei santi Cirillo e Metodio

Le biografie dei due fratelli sono ricostruite attraverso diversi fonti sia slave che latine o greche, fra le prime figurano specialmente le Vite, la Vita di Costantino e la Vita di Metodio, anche note con i nomi di “Leggende pannoniche”. Tra le fonti latine è degna di nota la “Leggenda italica” legata al vescovo di Velletri, Gauderico.

L’infanzia, gli studi e le missioni

Cirillo e Metodio nascono a Salonicco da un’agiata famiglia greca. È importante notare che nella città di Salonicco l’elemento slavo era molto diffuso quindi i due fratelli ne sono stati a contatto fin dall’infanzia.

Costantino, più noto con il nome monastico di Cirillo, studia a Bisanzio, a stretto contatto con personalità intellettuali in vista del tempo, quali Leone il Matematico e il futuro patriarca Fozio. Intraprende una brillante carriera amministrativa e riesce ad ottenere la protezione della corte anche attraverso il matrimonio. Dopo essere entrato a far parte del clero svolge la funzione di bibliotecario a Santa Sofia. Si ritira in seguito in un monastero sul Bosforo e successivamente viene incaricato come insegnante di filosofia, l’epiteto di “filosofo”, che spesso affianca il nome di Costantino nelle fonti, deriverebbe proprio da questa sua attività. Raggiunge una certa fama soprattutto dopo aver preso parte con successo alla polemica con il patriarca Giovanni VII sull’iconoclastia. Questo contribuisce a rafforzare la fiducia e la stima nei suoi confronti e ad essere inviato presso gli arabi in qualità di difensore dell’ortodossia cristiana, appena ventiquattrenne.

Tornato in patria rinuncia definitivamente alla cattedra di filosofia e si ritira in un monastero sul monte Olimpo in Asia Minore, raggiungendo il fratello, nel frattempo fattosi monaco sotto il nome di Metodio (si ritiene che il suo nome di battesimo fosse Michele). I due fratelli trascorrono sul monte Olimpo un periodo molto delicato della loro vita, segnato soprattutto dalla morte del loro maestro e protettore Teoctisto.

Lasciano presto la vita del convento e nell’861 accettano una missione ufficiale della Chiesa bizantina presso i Kazari, popolazione di origine turca, che rafforza il prestigio dell’impero cristiano, nonostante la mancata conversione dello stato kazaro, che si converte maggiormente al giudaismo. Durante la missione presso i Kazari i due fratelli prendono parte a numerose dispute e inoltre rinvengono a Cherso le reliquie attribuite a Papa Clemente I, che era stato martirizzato sotto Traiano.

La missione in Moravia di Cirillo e Metodio

Cirillo e Metodio
Mosaico raffigurante i santi Cirillo e Metodio

Con questi precedenti Costantino e Metodio vengono scelti dall’imperatore bizantino Michele III per una missione evangelizzatrice in Moravia. A contribuire alla scelta dell’imperatore fu certamente anche il fatto che i fratelli conoscessero bene la parlata slava dal momento che provenivano da Salonicco, nella Vita di Metodio si legge infatti: “Entrambi siete tessalonicesi e tutti i tessalonicesi parlano puro slavo”.

Costantino e Metodio giungono in Moravia nell’863, portando con sé le reliquie di San Clemente e, stando alle Leggende, anche testi sacri precedentemente tradotti in slavo. La missione in Moravia dura dai tre ai quattro anni, con il supporto di persone giunte da territori bizantini e allievi istruiti sul posto. Tuttavia dopo aver organizzato una vera e propria liturgia in lingua slava, i fratelli urtano l’opposizione del clero latino, da cui dipende la regione morava. Con l’intenzione di difendere la propria attività, Costantino e Metodio intraprendono un viaggio verso l’Italia, convocati dal Papa Niccolò I. Durante il tragitto effettuano una prima sosta in Pannonia, accolti dal principe slavo Kocel, il quale affida loro cinquanta allievi da istruire, e una seconda sosta a Venezia, dove prendono parte all’acceso dibattito sul “principio delle tre lingue”, secondo il quale le uniche lingue in cui era lecito officiare fossero latino, greco o ebraico, escludendo dunque lo slavo. Costantino prende parte al dibattito con un sentito intervento:

Non cade forse la pioggia da Dio su tutti in egual misura? O forse il sole nella stessa maniera non risplende su tutti? E dunque non vi vergognate di fissare soltanto tre lingue pretendendo che tutti gli altri popoli rimangano ciechi e sordi?

Costantino e Metodio giungono a Roma nell’867, poco dopo la morte del Papa che li aveva convocati Niccolò I e subito dopo l’incoronazione del nuovo Papa Adriano II. Vengono accolti con grandi onori soprattutto grazie al fatto che portassero con sé le reliquie di San Clemente e riescono ad ottenere dal Papa l’approvazione della liturgia in lingua slava.

Dopo aver raggiunto questo importante traguardo Costantino, malato da tempo e ormai in fin di vita, veste l’abito monacale e assume il nome monastico di Cirillo. Muore il 14 febbraio dell’869 a Roma all’età di quarantadue anni e viene sepolto nella chiesa di San Clemente, proprio accanto alle spoglie del Papa che egli stesso aveva portato.

L’attività di Metodio dopo la morte di Cirillo

In seguito alla morte di Cirillo, Adriano II invia Metodio in Pannonia, accogliendo una richiesta da parte del principe Kocel. Metodio parte portando con sé una lettera pontificia nella quale il Papa autorizzava ufficialmente la lingua slava come lingua liturgica. Impone a Metodio solo un accorgimento:

Conservate solo l’uso di leggere nella messa l’apostolo e il vangelo prima in latino e poi in slavo

La raccomandazione è dunque quella di mantenere una preminenza, almeno formale, della lingua latina. Metodio porta avanti la sua attività per i successivi dodici anni, sempre in contatto con la Santa Sede, preoccupata di non causare incidenti diplomatici con il clero tedesco. Proprio quest’ultimo ostacola Metodio che si vede costretto a rivolgersi al Papa il quale, per legittimare la sua posizione, lo nomina vescovo.

Nel frattempo un colpo di stato in Moravia ad opera di Svatopluk, nipote del precedente sovrano Rostislav, causa l’imprigionamento di Metodio, che sarà liberato solo grazie all’intervento di Papa Giovanni VIII, succeduto ad Adriano II. Metodio viene reintegrato delle proprie funzioni ma il suo operato è costantemente messo in discussione e nell’879 viene convocato a Roma dal Papa, chiamato a discolparsi da gravi accuse. Metodio ancora una volta intraprende il viaggio verso la capitale e, di nuovo, prova la propria innocenza. Tuttavia continua ad essere fortemente ostacolato dal vescovo germanico Vikingo e dallo stesso Svatopluk. Metodio difende la liturgia slava fino alla fine, compie ancora un ultimo viaggio verso Costantinopoli per incontrare l’imperatore Basilio e il patriarca Fozio, prima di morire nell’885 in Moravia.

Gli alfabeti slavi

Nel corso della loro vita e delle loro missioni i due fratelli si dedicano a numerose traduzioni di testi liturgici in slavo, servendosi del cosiddetto alfabeto glagolitico (ricollegabile al verbo glagolati = parlare), inventato da Cirillo. Spesso erroneamente, basandosi sul nome, si ritiene invece che a Cirillo spetti la paternità dell’alfabeto cirillico: in realtà è molto probabile che questo sia stato inventato da uno dei suoi allievi, Clemente di Ocrida, e sostituito nel corso degli anni all’alfabeto glagolitico.

La sostituzione dell’alfabeto glagolitico con quello cirillico è principalmente dovuta al fatto che la maggior parte delle lettere che compongono l’alfabeto cirillico deriva dall’alfabeto greco onciale e questa vicinanza all’alfabeto greco lo rendeva di più facile lettura.

Gli allievi della scuola di Cirillo e Metodio

Nel corso degli anni, a partire dalla prima missione dei due fratelli sino alla morte di Metodio, si sviluppa, specialmente in Moravia, una vera e propria scuola di sacerdoti che si occupano della liturgia in lingua slava. Poco prima della morte Metodio designa Gorazd, uno dei suoi allievi, nativo della Moravia, come suo successore. La nomina si rivela tuttavia inutile dal momento che il Papa Stefano V, succeduto al predecessore Giovanni VIII, annulla la precedente approvazione e proibisce l’uso della lingua slava nella liturgia. Gli allievi di Cirillo e Metodio si ritrovano dunque delegittimati e privi della protezione papale, inoltre il clero germanico e il principe Svatopluk avviano una vera e propria persecuzione nei loro confronti. Incarcerati e espulsi dalla Moravia, molti trovano rifugio e vengono accolti in Bulgaria dallo zar Boris, fra i quali tre degli allievi più anziani: Clemente, Naum e Angelario.

Il centro della liturgia slava si trasferisce dunque dalla Moravia alla Bulgaria soprattutto grazie all’interesse del sovrano bulgaro Boris che nell’870 aveva ottenuto da Bisanzio la costituzione di una Chiesa autonoma nel suo stato. Tuttavia, nonostante l’indipendenza, si era visto costretto ad affidare le cariche maggiori a sacerdoti greci, in assenza di un clero locale. L’arrivo degli allievi cirillo-metodiani gli fornisce dunque esattamente quello di cui necessitava.

Clemente viene nominato vescovo di Ocrida (nell’attuale Macedonia), che insieme alla Scuola di Preslav (nell’odierna Bulgaria), diventa uno dei due principali centri culturali dell’età aurea dell’Impero bulgaro sotto la guida dello zar Simeone.

Federica Donatiello

Bibliografia

L. Borriero Picchio, La letteratura bulgara con un profilo della letteratura paleoslava, Sansoni-Accademia, 1969.

Sitografia

Fozio: la Biblioteca immensa di un patriarca