I demoni giapponesi: Yokai – storia e descrizione

Gli Yōkai 妖怪 sono demoni giapponesi che abitano da secoli la mitologia del Sol Levante. Essi sono famosi per la loro eterogeneità: possono essere antropomorfi, più simili agli animali o possono prendere possesso degli oggetti, a patto che questi ultimi abbiano compiuto cento anni.

Breve definizione di demone

Quando parliamo di demoni, generalmente, pensiamo ad entità sovrannaturali malefiche. Il nome deriva dal greco antico  “δαίμων – dáimōn“, «essere divino» e si riferisce ad esseri posti tra il mondo degli divini e il mondo degli umani. Inizialmente, essi erano “protettori di uomini”, trasformati così da Zeus per proteggere il genere umano, ma possono avere atteggiamenti malevoli, per via dell’invidia che provano verso l’uomo.

La figura del demone è servita, nel corso dei secoli, per spiegare l’origine del bene e del male, quindi dividendo le categorie in spiriti buoni e cattivi, in eterna lotta tra loro. Dal tardo giudaismo, la figura demoniaca viene associata esclusivamente al male. Essi sono contrapposti agli angeli di Dio, dai quali derivano poiché si ribellarono ad Esso per poi essere cacciati dal Regno dei Cieli.

Il mondo dei demoni non appartiene unicamente al mondo occidentale ma anche a quello orientale, su cui è stata costruita una vasta letteratura.

Prendiamo, ad esempio, gli Oni – categoria di demoni giapponesi -, anch’essi originariamente di natura benevola, protettori di uomini e torturatori di dannati per poi essere associati ai disastri naturali e guardiani degli inferi.

Origine del nome

Il nome Yokai è composto da due kanji: 妖 (yo – malefico) e  (kai – manifestazione inquietante) e la la fama di questi demoni giapponesi era nota sin dall’antichità. Molte informazioni sugli Yokai ci arrivano dal periodo Heian, tra l’VIII e il XII secolo (794-1185). Solo con la stesura degli otogizōshi (御伽草子), storie in prosa dell’epoca Muromachi e degli emakimono (絵巻物), opere illustrate, gli yōkai cominciano ad essere raffigurati.

I demoni giapponesi nel Periodo Edo

Durante il periodo Edo ( 江戸時代; 1603 -1868) le storie di questi demoni giapponesi divennero popolari. La maggior parte dei racconti era un mix di storie folkloristiche e tradizioni con il riadattamento di romanzi cinesi. Molti pittori famosi cominciarono a raffigurare questi demoni; il più famoso tra tutti Katsushika Hokusaki, autore della celeberrima Grande onda di Kanagawa (神奈川沖浪裏 Kanagawa okinami ura), nonché uno dei maggiori esponenti del genere stilistico ukiyo-e.

I demoni giapponesi in epoca moderna e contemporanea

Con il passare degli anni fino ai giorni nostri, questi demoni giapponesi hanno assunto ben precisi tratti e peculiarità. Il loro essere spaventoso è diventato oggetto d’intrattenimento su scala globale.

Caratteristiche dei demoni giapponesi

Anche se generalmente sono considerati portatori si sventura, alcuni demoni giapponesi vengono descritti come benigni portatori di fortuna. Esistono vari tipi di yōkai che si differenziano in base al loro aspetto e luogo d’origine: possono avere sembianze umane, animali o di oggetti del quotidiano differenziandosi in vari tipi: montagna, mare o neve.

Nurarihyon (滑瓢) - Yōkai
Nurarihyon (滑瓢) – Yōkai (Fonte: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:10.Nurarihyon.jpg)

Bakemono e Obake: i demoni giapponesi mutaforma

Alcuni tipi di yōkai sono mutaforma e si dividono in due categorie: Bakemono (化け物) e Obake (お 化 け). Sono, nella maggior parte dei casi, di origine animale e possono cambiare il loro stato. La loro forma originale può essere quella di un cane procione (Tanuki 狸), di un tasso (Mujina 貉), di un gatto (Bakeneko (化け猫”) o di una volpe (Kitsune 狐). Gli Obake che prendono la forma di oggetti domestici prendono il nome di  Tsukumogami.

Solitamente, questi demoni giapponesi si travestono da umano assumendo una forma terrificante come un Hitotsume-kozō, Ōnyūdō o un Noppera-bō.

Kitsune (狐)

La volpe è uno degli animali più ricorrenti nella mitologia giapponese. Possiede, oltre che una grande intelligenza, la capacità di sviluppare poteri soprannaturali come cambiare il suo aspetto da animale ad umano. Possono essere sia di natura malevola, sia benevola. Più è vecchia, potente e saggia, più code possiede, per un massimo di nove.

A causa della loro influenza esercitata sulle persone, la venerazione di questo demone giapponese è simile a quella riservata ad un Dio. Il loro culto – se possiamo così definirlo – è da ricercare nella sua convivenza quotidiana con gli antichi giapponesi.

Kitsune
Kitsune (Fonte: https://www.rawpixel.com/search/kitsune?page=1&sort=curated&topic_group=_topics)

Tanuki (狸)

La loro origine risale a tempi antichissimi e, a differenza della volpe, hanno un’indole ingenua e distratta. Durante l’epoca Kamakura (鎌倉時代 1185-1333), questi demoni giapponesi vengono comicamente rappresentati con giganteschi testicoli poggiati su una spalla utilizzati a mo’ di tamburo. Nella versione per bambini, la pancia sostituisce i testicoli, anche essa insolitamente grande.

Le epoche Kamakura e Muromachi hanno dato i natali a Tanuki malefici; una di queste è la storia di  Kachi-kachi Yama; ovvero la storia di un Tanuki che percuote a morte una signora anziana servendola al marito col nome di “zuppa di vecchia“. Altri Tanuki, invece, si rappresentano attivamente nella società.

Mujina (貉)

I Mujina sono demoni giapponesi che, al pari dei Kitsune e Tanuki, mutano la loro forma per ingannare gli esseri umani.

Lo scrittore Lafcadio Hearn pubblica, nel 1903, nel suo libro chiamato Kwaidan: Stories and Studies of Strange Things un racconto intitolato  Il mujina della strada di Akasaka. Il racconto parla di un viaggiatore che, sulla strada per Edo, incontra una ragazza in lacrime ma, nel tentativo di consolarla, scopre con orrore che ella non ha il volto. Impaurito, scappa finché non trova un venditore di soba (pietanza giapponese) . Dopo avergli raccontato tutta la storia, il mercante si passa la mano sul volto rivelando la sua vera natura. In questo racconto, possiamo constatare che il Mujina non era altro che un Noppera-bō.

Bakeneko (化け猫)

Il Bakeneko è uno yōkai, demone della cultura giapponese, evoluto da un gatto con abilità metamorfiche molto simili al Tanuki e al Kitsune. Secondo la tradizione, un gatto diventa Bakeneko dopo aver raggiunto una certa età e un peso molto elevato. La mitologia narra di gatti che, dopo la loro uccisione, raggiungevamo il metro e mezzo di lunghezza. Molti gatti sarebbero diventati Bakeneko anche dopo aver vissuto una vita.

Essi hanno l’aspetto di un comune gatto ma molto più grande, possono creare palle di fuoco, camminano sulle zampe posteriori e assumono sembianze umane; in caso dovesse tramutarsi in donna, il suo nome sarà Nekomusume (猫娘 donna gatto). In alcuni casi, potrebbero divorare un essere umano solo per rubare la sua identità. Il Bakeneko è solito sottrarre l’olio dalle lampade casalinghe; questo perché gli Andon (lampade ad olio giapponesi) venivano alimentate con olio di sarde.

Il Noppera-bō ( 野箆坊 “fantasma senza volto”)

La peculiarità di questi demoni giapponesi risede nel mostrarsi con tratti fisici normali, anche familiari per poi rivelarsi senza volto, ovvero la loro vera forma. Sono innocui e amano spaventare gli esseri umani. Spesso è confuso col Mujina per un errore commesso da Lafcadio Hearn nel suo racconto “Il mujina della strada di Akasaka“.

Rokurokubi (轆轤首)

Sono yokai che nelle ore mattutine hanno un aspetto umano, precisamente di donna mentre di notte possono allungare straordinariamente il loro collo.
A causa di un errore di trascrizione dello scrittore Lafcadio Hearn vengono confusi con i Nukekubi. Si solito, non attaccano gli esseri umani.

Per quanto possano integrarsi nella società e legarsi sentimentalmente agli uomini, non riescono a desistere dal terrorizzare gli umani. Per preservare la loro vera natura, manifestano il loro potere solo davanti ubriachi o stolti, anche se alcuni appaiono a chiunque, senza distinzione. Alcuni Rokurokubi non sanno nemmeno di avere questo potere; affermano solo di aver sognato di notte di guardare la stanza da angoli del tutto irragingibili per un comune mortale.

Secondo il mito buddhista, essi sono puniti dal karma poiché in vita non rispettarono i precetti religiosi. Questa categoria di demoni succhia il sangue e uccide tutti coloro che hanno infranto i precetti della fede.

Rokurokubi
Rokurokubi (Fonte: https://garystockbridge617.getarchive.net/amp/media/hokusai-rokurokubi-c5404d)

Nukekubi

Questa categoria di yōkai, demoni giapponesi, si comporta da esseri umani durante il giorno ma, di notte, la loro testa si stacca dal collo con l’unico scopo di cercare prede; spaventano le loro vittime con urla disumane e attaccano le malcapitate con morsi sino alla morte.

Qualora la testa non dovesse ricongiungersi col corpo entro l’alba, il mostro morirà; in molte leggende, valorosi eroi nascosero il corpo dei mostri mentre la testa era in cerca di vittime.

L’unico modo per riconoscere un Nukekubi è far attenzione ai segni rossi attorno al collo, dove avviene il distacco. Non è sempre facile notarli poiché potrebbero essere nascosti dai vestiti.

Tsukumogami (付喪神 Kami degli oggetti)

Gli Tsukumogami sono demoni giapponesi divenuti popolari nel X° secolo. In età contemporanea ci si riferisce a qualsiasi oggetto che, superati i cento anni, diventa vivo.

Il nome deriva da un barattolo da thè che il daimyō Matsunaga Hisahide avrebbe utilizzato per stipulare una pace con il militare Oda Nobunaga.

Come spiega Noriko Reider:

«Gli Tsukumogami sono oggetti di uso domestico animati. Una otogizōshi (“storia in compagnia”) intitolata Tsukumogamiki (“Raccolta di Kami degli oggetti” del periodo Muromachi) spiega che dopo una vita di servizio durata quasi cento anni, gli utsuwamono o kibutsu (contenitori, attrezzi e strumenti vari) ricevono un’anima. Mentre si fa spesso riferimento a quest’opera come un’importante fonte per la definizione di tsukumogami, insufficiente attenzione è stata dedicata all’effettivo testo di Tsukumogamiki
(Reider, 2005, P.207)

Bibliografia sugli yokai

  • Noriko T. Reider, Animating Objects: Tsukumogami ki and the Medieval Illustration of Shingon Truth, in Asian Folklore Studies, vol. 64, 2005.
  • S. Addis (ed.), Japanese Ghosts and Demons: Art of the Supernatural, George Braziller, 2001.
  • N. Kieje, Japanise Grotesqueries, C. E. Tuttle Co., 1973.

Sitografia sugli yokai