Marcuse e Walzer: Riflessioni sulla tolleranza

Nell’epoca della globalizzazione, si può ancora intendere la tolleranza come virtù politica e morale? Nelle società pluralistiche e multiculturali, qual è la configurazione che essa ha assunto? Le riflessioni di Marcuse e Walzer possono far luce sulla questione.

Marcuse: Critica della tolleranza

H. Marcuse (1898-1979)

Marcuse adotta un atteggiamento critico verso le modalità di esercizio della tolleranza. Egli, infatti, ne analizza l’assetto a partire da una società industriale avanzata. Egli giunge alla conclusione che la realizzazione della tolleranza debba prevede, allo stesso tempo, l’esercizio dell’intolleranza. E nello specifico, un’intolleranza che sia diretta verso le politiche repressive. La tolleranza è una pratica sovversiva, finalizzata alla liberazione. Ciò che, nelle società odierne, si spaccia per tolleranza è, in realtà, una forma ed uno strumento di oppressione.

La vera tolleranza è, dunque, un fine da perseguire. È la condizione preliminare per la costituzione di una società, in cui si sia giunti, ormai, all’eliminazione e alla scomparsa degli soppressivi. Tuttavia, una simile società esiste solo in senso ideale, poiché la sua realizzazione è ostacolata dalla situazione di fatto. Sia i governi democratici che quelli autoritari sostengono l’uso della violenza, per cui, gli individui sono educati a concepirla come mezzo di pacificazione necessario per il mantenimento dello status quo.

In questo contesto, la tolleranza viene estesa anche a politiche dannose per la stessa vita dell’uomo. Essa, allora, viene ridotta alla non-pratica del lasseiz-faire nei confronti delle autorità governative. In una società fondata sulla disuguaglianza di classe, essa si declina come esercizio passivo e astratto. Si tollerano idee che producono effetti dannosi sull’uomo e la natura. Si tollerano ideologie e movimenti politici in maniera indiscriminata, senza che vi sia una presa di posizione netta e decisa. Marcuse scrive:

La tolleranza che ingrandì la portata e il contenuto della libertà fu sempre partigiana- intollerante verso i protagonisti dello status quo repressivo.

Autodeterminazione e verità

Secondo Marcuse, dunque, parlare di tolleranza significa parlare immediatamente di libertà. L’idea di tolleranza universale, nella società industriale, rappresenta un’utopia, un telos a cui aspirare. Bisogna, perciò, porre le basi di quel processo di liberazione che consente ad ogni individuo di autodeterminarsi. Tuttavia, l’autodeterminazione è garantita solo attraverso un pieno riconoscimento della libertà di parola e di pensiero.

Il punto di forza delle società democratiche è il controllo dei mezzi di informazione. Questi ultimi contribuiscono ad indottrinare gli individui e inficiano la nascita di un pensiero razionale ed indipendente. . La tolleranza è uno strumento, quindi, di tutela della verità oggettiva.

Occorre, a questo punto del progresso storico e culturale, realizzare un «rovesciamento di tendenza». Il rovesciamento di tendenza consiste in una sospensione della tolleranza indiscriminata e nella rivoluzione totale. La rivoluzione mette in campo, chiarisce Marcuse, una violenza finalizzata al cambiamento e all’annullamento dello status quo.

Walzer: Sulla tolleranza

marcuse
M. Walzer (1935)

Se il discorso di Marcuse affronta la pratica della tolleranza come virtù politica, Walzer si muove in un’altra direzione. L’affermazione del multiculturalismo, sostiene Walzer, è una realtà di fatto con cui confrontarsi. Infatti, il modello procedurale classico, in cui la tolleranza è imparzialità, è insufficiente. Bisogna, invece, contestualizzare il problema della tolleranza in un preciso quadro storico.

Innanzitutto, la tolleranza si specifica sia come atteggiamento che come pratica, che viene scelta perché funzionale al sostentamento della vita. In secondo luogo, essa non è motivata dalla volontà di tutelare la differenza, bensì da esigenze di tipo politico e sociale. Walzer, inoltre, identifica cinque gradi di tolleranza che vanno dall’accettazione rassegnata all’approvazione della diversità. A prescindere da quale delle suddette configurazioni assuma, una persona, che si comporti secondo una di esse, possiede la virtù della tolleranza.

Tolleranza post-moderna e multiculturalismo

Walzer segnala la necessità di progettare una strategia alternativa alle politiche di assimilazione. Il multiculturalismo, la globalizzazione e l’immigrazione producono la perdita dell‘identità monolitica e l’affievolirsi della differenze. Il legame tra l’individuo e il gruppo di appartenenza, quindi, diventa sempre più blando. Queste trasformazioni rendono il progetto della tolleranza contingente e instabile.

La conservazione dei gruppi è, secondo Walzer, fondamentale per garantire la varietà delle culture e garantire un’identità all’individuo. Solo all’interno del gruppo, infatti, gli io divisi dellapost-modernità possono costruire la propria identità, benché essa si presenti come pluralistica e frammentaria. La tolleranza, allora, deve configurarsi come personale e politica, affinché i gruppi vengano protetti dal rischio dell’estinzione. La tolleranza risulta, da questo punto di vista, la risposta vincente, a patto che si qualifichi come entusiastica accettazione della differenza culturale, di cui i gruppi sono i custodi. In conclusione, scrive Walzer:

Lo scopo della tolleranza non è, né è mai stato, di abolire «noi» e «loro» (e tanto meno me), ma di consentire a queste realtà di coesistere e di interagire pacificamente in modo continuativo.

 

Alessandra Bocchetti

Bibliografia:

Marcuse H., Critica della tolleranza, Mimesi, Milano 2011;

Walzer M., Sulla tolleranza, Laterza, edizione digitale: 2015;