Murano è una piccola isola che si trova a nord-est della città di Venezia ed è nota al mondo intero per l’altissima qualità dei manufatti in vetro che vi si producono. La bellezza dei suoi luoghi e l’atmosfera che vi si respira sono mozzafiato. Lo splendore delle creazioni vitree tipiche di Murano ha una tradizione molto antica che ripercorreremo in questo articolo, scoprendone procedimenti e curiosità.
Indice dell'articolo
Murano tra la storia e l’arte
Il nome del’isola deriva da Amurianum, termine che fa riferimento all’antica località di Altino. Essa è l’isola della laguna più popolata e molto spesso fungeva da rifugio per i viaggiatori che erano soliti transitare nella Repubblica di Venezia.
Un po’ come lo è oggi, Murano era un luogo indicato per tutti coloro che cercano tranquillità dal caos cittadino e desiderano accostarsi alla bellezza e ad un tipo di turismo più settoriale, insomma meno “di massa”. L’arte vetraria che oggi la rende nota in tutto il mondo ha testimonianze che risalgono ad una data precisa, il 1291.
A Venezia l’arte della lavorazione del vetro si era diffusa già a partire dall’anno 1000 ed era diventata un fiore all’occhiello della Serenissima e della stessa popolazione di Murano.
Era un motivo di vanto con la produzione di vasellame, vetri decorati e fiole (che è un’antica bottiglia veneziana a collo lungo e pancia larga). Tuttavia, le fornaci si trasformarono presto in un motivo di grande preoccupazione a causa dei numerosi focolai e incendi che si innescavano frequentemente.
Infatti le strutture principali e i palazzi veneziani erano per lo più costruiti in legno, rendendo la diffusione degli incendi molto facile. Così un decreto del doge della città lagunare, Pietro Gradenigo, predispose che tutte le vetrerie, con la loro strumentazione, venissero trasferite sull’isola di Murano.
La lavorazione del vetro era già arrivata precedentemente a Murano, ma in seguito alla decisione del doge, i maestri vetrai si stabilirono solo a Murano. A loro non era nemmeno permesso potevano neanche lasciare l’isola senza un permesso speciale, per evitare la diffusione dei segreti del mestiere. Tuttavia erano considerati allo stesso livello dei nobili e godevano di molti privilegi, come contrarre matrimonio con le figlie dei patrizi.
Cosa c’è da visitare a Murano?
Sicuramente, trattandosi dell’isola del vetro per antonomasia, Murano presenta un’ampia offerta di turismo industriale, per cui le varie officine dei maestri vetrai aprono le loro porte ai visitatori per esperienze uniche e indimenticabili. Chiaramente ogni attività ha le proprie tradizioni e segreti a cui i turisti possono accostarsi, verificando in loco la disponibilità alle visite guidate.
Calle e case colorate di Murano
In primis andiamo a capire il signficato di un termine di larghissima diffusione nella città di Venezia e anche a Murano: la calle. Di seguito la citazione dell’Enciclopedia Treccani:
1. s. m., ant. a. Strada per lo più stretta, sentiero campestre, e in genere via poco 2. s. f. Nome comune delle vie nel Veneto e spec. a Venezia. ◆ Dim. callétta (nel sign. 2), calle stretta, a Venezia e nelle città venete.
Si tratta quindi di stradine dalle caratteristiche dimensioni quasi proibitive in cui perdersi nell’ammirare case e piccoli scorci dell’isola. Le abitazioni che vi si affacciano sono in genere di piccole dimensioni, con graziose porte e finestre di legno, dipinte di svariati colori.
Infatti, così come a Burano, anche le case colorate di Murano sono un’attrazione unica per tutti i turisti che vi si recano. Sono varie le ipotesi per cui questi edifici siano così caratteristici e del perché si trovino proprio qui. Una delle teorie più diffuse prevede che i colori accesi possano servire a orientare i barcaioli e i pescatori, dando loro modo di muoversi con tranquillità e agilità in laguna, anche in caso di nebbia fitta. Invece, un’altra spiegazione è che ogni casa colorata sarebbe simbolo di una precisa famiglia, dato che a Murano non ci sono molti cognomi.
Monumenti e luoghi di culto a Murano
Il Palazzo da Mula è ad oggila sede del Municipio di Murano. La facciata è in stile gotico misto all’influsso bizantino. Poco distante si trova piazza Campo Santo Stefano, dove è presente la “cometa di vetro” del maestro vetraio Cenedese: emblema della celebre arte della lavorazione del vetro di Murano, col tempo diventata uno dei simboli dell’isola e che più avanti vedremo.
La Chiesa di Santa Chiara era inizialmente intitolata a San Nicolò e in origine doveva essere un convento agostiniano, dove fu sepolto il doge Nicolò Dona che però, alla fine del XX secolo, subì un crollo e venne abbandonato. Oggi, però, non è più un edificio religioso, ma un luogo di cultura in cui assistere a spettacoli teatrali e musicali e anche alla lavorazione del vetro.
In ultimo, il Faro di Murano, il quale era inizialmente una torre in legno alla cui sommità si accendevano dei fuochi che producevano luce con l’ausilio di un gioco di specchi. Ora, invece, è in una posizione diversa, è costruito in marmo d’Istria e funziona con l’energia elettrica, chiuso infine da una cupola di vetro.
Il vetro di Murano: tradizione e tecniche di lavorazione
Perché è famoso il vetro di Murano?
La lavorazione del vetro di Murano ha il suo pregio e la sua fama nella ricercatezza e nella rarità che sono caratteristiche del procedimento stesso. Per questo motivo non può essere realizzata da semplici artigiani, ma da veri e propri maestri del settore, con una lunga tradizione alle spalle.
Fino al XIX secolo le materie prime utilizzate sono state:
- Sabbia o Silice estratta da cave o da cogoli (ciottoli di fiume)
- Soda o carbonato sodico ottenuto dalla cenere di piante
- Piombo o monossido di piombo
- “Grepola” o tartrato potassico
- Manganese
- Arsenico
La tecnologia disponibile permetteva di raggiungere nei forni una temperatura non superiore ai 1200 °C, per cui il processo avveniva in modo diverso rispetto
a quello attuale. Prevedeva una fase di preparazione in cui si produceva una massa solida (la fritta) e una di fusione vera a propria, che si otteneva con l’aggiunta di manganese. Si potevano ottenere cristallo, vetro comune e anche vetro al piombo.
Il cristallo e il vetro comune, a base di silice e ossido di sodio, erano usati nella produzione di oggettistica. Per ottenere il cristallo c’era bisogno di purificare le ceneri sodiche fino a ottenere il “sale di cristallo”. Il vetro al piombo, a base di silice e ossido di piombo, più tenero, era utilizzato nella realizzazione di prodotti ricercati come gli smalti.
La lavorazione del vetro di Murano tra ieri e oggi
In passato erano impiegati, per la fusione, forni “a tre piani“: al piano inferiore o focolare veniva bruciata la legna; al secondo piano erano disposti i crogioli con il vetro; al terzo piano superiore erano messi a raffreddare lentamente gli oggetti prodotti. Questa struttura rimase praticamente invariata fino all’Ottocento. Verso la metà del XIX secolo a Murano si iniziò a utilizzare la griglia, strumento utile per migliorare la combustione.
Le modifiche più importanti avvennero nel Novecento, con il distacco del forno di fusione dal forno di ricottura, con l’uso dell’olio combustibile prima e del metano poi, e infine con la larga diffusione dei forni “a un crogiolo”, dotati di recupero del calore e della necessaria strumentazione. La capacità massima è di 20-25 quintali e possono essere impiegate anche le “fornaci”, a più crogioli di piccole dimensioni, da 10 chilogrammi a 2 quintali. I crogioli piccoli sono tutt’oggi usati per i vetri colorati o gli opali. I forni di Murano attuali sono dotati di recuperatore di calore e di strumenti di controllo della temperatura e della combustione.
Come si soffia il vetro?
Una palla di vetro liquido viene posta all’estremità di un bastone da vetraio, una specie di cannuccia gigante. L’aria viene poi soffiata nel tubo, permettendo il rigonfiamento della sfera di vetro. La bolla di vetro viene poi lavorata con vari strumenti per dare la forma desiderata. Non sono state inventate tecniche più avanzate della canna da soffio: il risultato dipende soprattutto dalla maestria e dal gusto artistico dell’ artigiano vetraio.
Se si va a visitare un’officina dove si creano oggetti in vetro di Murano e si assiste a tutte le fasi della lavorazione si avrà l’impressione di essere tornati indietro di molti secoli. Poiché quasi tutte le fasi della lavorazione dei manufatti sono dovute all’ improvvisazione dell’artigiano e alla temperatura della pasta vitrea, non potrà mai nascere un oggetto perfettamente identico ad un altro. Anche questo è il fascino di Murano.
Il Museo del vetro di Murano
La storia del museo: il palazzo
Il palazzo nacque come residenza patrizia in stile gotico fiorito. Nel 1689 il vescovo di Torcello, Marco Giustinian, trasferì qui la sua sede e poi acquistò il palazzo per donarlo alla diocesi. Parte allora la ristrutturazione, su progetto dell’architetto Antonio Gaspari. Il palazzo rimase la sede della diocesi di Torcello fino a quando questa cessò, nel 1805.
Passò allora al Patriarcato di Venezia, che lo vendette nel 1840 al Comune di Murano, di cui divenne la sede. Nel 1861 il primo nucleo del museo-archivio dell’isola trovò spazio qui, nel salone centrale, estendendosi poi, poco alla volta, a tutto l’edificio. Poi nel 1923 Murano entrò a far parte del Comune di Venezia, che acquisì quindi anche il palazzo e il museo.
Il museo in breve
Il Museo del Vetro nacque nel 1861 su iniziativa di Antonio Colleoni, allora sindaco di Murano e dell’abate Vincenzo Zanetti, cultore di arte vetraria, con l’idea di istituire un archivio di testimonianze sulla storia e la vita dell’isola, che, dalla caduta della Repubblica di Venezia del 1797, ha vissuto un lungo periodo di crisi. Ben presto sulla funzione di archivio prese il sopravvento il museo, grazie a donazioni di vetri antichi e contemporanei da parte dalle fornaci muranesi, che nella seconda metà dell’Ottocento hanno ricominciato a lavorare di gran lena.
Nel 1862 fu annessa al museo anche una scuola dove i vetrai studiavano disegno e i vetri del passato là conservati. Dopo l’annessione di Murano al Comune di Venezia nel 1923, il museo entrò a far parte del patrimonio della città, le collezioni vennero riordinate nel 1932 e arricchite con i vetri di altre raccolte civiche veneziane. Acquisti e donazioni continuano nel tempo a incrementare le collezioni, anche di opere contemporanee.
Il percorso di visita del Museo del Vetro di Murano è cronologico: a partire dai reperti
d’epoca romana (I/IV secolo d.C.), si snoda lungo settecento anni di storia del vetro
di Murano, attraverso pezzi prodotti dal Trecento ai giorni nostri, con manufatti unici e di altissimo valore culturale, economico e artistico.
Come arrivare al museo
Per raggiungere il Museo del vetro di Murano, così come riportato sul sito ufficiale, ci sono i seguenti modi:
- Vaporetti: Da Piazzale Roma: Linea 4.1 o Linea 4.2, fermata Museo Murano
- Dalla Stazione Ferroviaria di Venezia Santa Lucia: Linea 4.1 o Linea 4.2, fermata Museo Murano
- Da Lido di Venezia: Linea 5.1 fino a fermata Fondamenta Nuove, quindi cambio con Linea 4.1, fermata Museo Murano
Giuseppe Barone
Bibliografia
Alberto Toso Fei, San Nicolò, festa di fede e fuoco, in “Vetro”,
9, 2000
Sitografia
- https://www.google.com/search?q=murano+museo&rlz=1C1GCEU_itIT1027IT1027&oq=murano+museo&aqs=chrome..69i57j46i175i199i512j0i512j46i175i199i512j0i22i30l3j0i10i22i30j0i22i30.3884j0j15&sourceid=chrome&ie=UTF-8
- https://design.repubblica.it/2008/07/23/la-storia-del-vetro-di-murano/
- https://www.treccani.it/vocabolario/calle/#:~:text=s.%20m.%2C%20ant.,fuggenti%20s’affaccian%20sul%20c.