L’ Impero britannico era un sistema di stati assoggettati in vario modo alla Gran Bretagna. Durante l’arco di tre secoli, attraverso un sistema di colonie, domini, protettorati e mandati, sempre più territori sono stati inglobati nel dominio britannico.
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I primi tentativi di espansione
I primi passi verso la formazione di colonie ed espansione in altri continenti risalgono al XVI secolo. Durante l’età delle scoperte anche l’Inghilterra, a quel tempo non esisteva ancora la Gran Bretagna come soggetto politico, partecipò alle esplorazioni e all’occupazione di territori americani. Già sul finire del Quattrocento Giovanni Caboto, per conto della Corona inglese, esplorò il passaggio verso Terranova. Ma è tra il Cinquecento e il Seicento che l’Inghilterra, assieme alla Francia sua concorrente, inviò una serie di esploratori nel Nord del Continente Americano per cercare il famoso passaggio a Nord-Ovest.
Gli inizi dell’Impero britannico
La presenza inglese sul territorio nordamericano iniziò a crescere sempre più dal XVII secolo. La prima colonia inglese in Nord America fu la Virginia, fondata nel 1607.
L’espansione inglese lungo la costa orientale americana continuò fino al 1733, fino a contare le tredici colonie che saranno poi le protagoniste della Rivoluzione Americana.
L’Inghilterra aveva possedimenti anche in America Centrale. Un’importante conquista fu quella della Giamaica. Conquistata nel 1655, ma ufficialmente riconosciuta come tale solo nel 1670 con la firma del trattato di Madrid. La conquista dell’isola faceva parte di un piano più ampio di espansione voluto da Cromwell, che mirava ad indebolire la potenza coloniale spagnola. Per questa ragione l’obiettivo non era “solo” conquistare la Giamaica. In realtà l’isola non era neanche il primo obiettivo della spedizione partita dall’Inghilterra, ma mirava a conquistare un’altra isola, quella di Hispaniola. Ciò nonostante, dal momento dell’occupazione, la Giamaica divenne un’importante risorsa per gli Inglesi, che si avvantaggiarono della sua posizione strategica. Fu un ulteriore, importante, passo nella formazione dell’Impero britannico.
Gli Stati europei adottarono diverse strategie di colonizzazione. Le colonie inglesi erano colonie di insediamento e popolamento, il che permise la nascita di aggregazioni sociali e politiche capaci di dar vita a solide comunità locali.
All’interno del sistema coloniale britannico era largamente usato il sistema schiavile, necessario all’economia delle piantagioni, sia nei territori caraibici che del Nord America.
Espansone in Asia dell’Impero britannico
Ma lo sguardo inglese non era rivolto solo all’Atlantico, la colonizzazione di territori riguardarono anche quelle che venivano chiamate le Indie Orientali. Essenziale in questo senso fu la British East India Company abbreviato in BEIC, ovvero la Compagnia delle Indie Orientali. Fondata nel 1600 a Londra, la compagnia si chiamava originariamente English East India Company, dopo la morte di Elisabetta I, l’unione delle corone e la creazione del Regno unito di Gran Bretagna, il nome fu cambiato. Era una compagnia che originariamente si occupava del commercio di spezie nell’India e il Sud-Est Asiatico, ma nel XVIII secolo divenne di fatto uno strumento del monopolio britannico sul commercio con il continente asiatico e del controllo coloniale in quell’area.
Fino al XVI secolo il commercio nell’area atlantica e indiana era dominato dal Portogallo. Con l’arrivo sulla scena delle compagnie mercantili olandese e inglese la potenza portoghese fu soppiantata. La Compagnia delle Indie Orientali stabilì sin dall’inizio del XVII secolo i primi empori commerciali lungo le coste indiane. La colonizzazione inglese in Asia aveva caratteristiche diversa da quella del continente americano. In questo caso, infatti, le colonie non nacquero come colonie di popolamento, ma come base per i traffici commerciali. L’estensione del dominio inglese in Asia avvenne quindi tramite l’attività della Compagnia.
L’espansione inglese in India iniziò sul finire del XVII secolo, dalla regione del Bengala, sulla costa orientale, per poi estendersi ad altri centri importanti come Bombay e Madras. La Compagnia delle Indie Orientali strinse una serie di accordi commerciali con l’Impero Moghul ottenendo privilegi commerciali e diritti amministrativi in India. Riuscì ad estendere il suo commercio nell’area del Pacifico e nell’Est dell’Asia. La Compagnia raggiunse uno stato di dominio de facto sul territorio, anche se ufficialmente era sotto l’autorità moghul.
Le conquiste e acquisizioni del XVIII secolo
Un evento importante per lo sviluppo dell’impero britannico fu la Guerra dei Sette Anni (1756–63). La guerra scoppiò per questioni territoriali europee, il tentativo degli Hannover di conquistare la regione della Slesia, ma i suoi effetti furono importanti per i territori colonizzati dagli Stati Europei. Con la firma del trattato di Parigi (1763), che poneva fine alla guerra, la Gran Bretagna guadagnava nuovi territori in Canada, a discapito della Francia. La partecipazione attiva degli abitanti delle colonie negli scontri militari è una tappa importante nella formazione di una coscienza americana e nella rivendicazione dell’indipendenza. Ma il trattato non cambiò gli equilibri solo nel continente americano, la Francia perse territori anche in Asia ed in Africa. Anche in India il conflitto fu combattuto con la partecipazione attiva delle truppe indiane.
Nel 1764 la Compagnia delle Indie Orientali ottenne un accordo per il controllo diretto e riconosciuto sul Bengala.
Nel 1770 l’esploratore James Cook approdò in Australia. Non fu il primo europeo a mettere piede sull’isola, ma portò l’attenzione su quel territorio, dando inizio alla colonizzazione dell’impero britannico dell’Australia.
Quali erano i territori Africani dell’Impero britannico?
Il primo insediamento permanente in Africa fu quello di James Island, lungo il fiume Gambia, nel 1661. Il controllo britannico sul continente africano iniziò ad intensificarsi dopo la Rivoluzione Americana e la perdita delle tredici colonie nel Nord America. L’Impero britannico iniziò una fase di espansione delle sue colonie africane durante il XVIII secolo. Nel 1787 il Sierra Leone divenne parte dell’Impero, già da tempo vi era presenza britannica sul territorio legata alla tratta degli schiavi. Nel 1806 fu acquisito Capo di Buona Speranza, partendo da qui i britannici proseguirono negli anni successivi l’insediamento nell’odierno Sudafrica.
Nella seconda metà dell’Ottocento le potenze europee si interessarono sempre più al continente africano. Per evitare lo scontro tra le potenze coloniali fu organizzata la conferenza di Berlino, tenutasi nel 1884-1885, durante la quale gli stati europei si spartirono i territori africani. Durante le negoziazioni furono definiti confini che si accordavano alle esigenze coloniali europee, ma non tenevano conto delle differenze preesistenti delle popolazioni che già vi abitavano. Dagli accordi presi durante la conferenza l’Impero britannico guadagnò numerosi territori, dal Sudafrica all’Egitto.
Anche in Africa il controllo dell’impero britannico sull’economia e sui territori si servì dell’attività di specifiche compagnie commerciali, come Royal Niger Company, la British East Africa, o la British South Africa Company, anche se non ebbero la stessa rilevanza o lo stesso ruolo della Compagnia delle Indie Orientali. Il controllo britannico continuò ad intensificarsi anche nel XX secolo, con la colonizzazione della Rodesia Meridionale, oggi Zimbabwe, e il controllo dei territori del Kenya sotto forma di protettorato.
Le acquisizioni dell’impero britannico nel XIX secolo
I trattati firmati alla fine delle guerre napoleoniche aumentarono il numero di territori assoggettati dalla corona britannica: Trinidad, l’attuale Sri Lanka, Tobago, l’isola Mauritius, Malta.
La Compagnia delle Indie acquistò di Singapore nel 1819 e nel 1824 anche la Malesia entrò nella sfera d’influenza britannica.
I Britannici furono anche i protagonisti di due guerre combattute contro la Cina: le Guerre dell’Oppio. La prima Guerra dell’Oppio fi combattuta tra il 1839 e il 1842, mentre la Seconda tra il 1856 e il 1860. La causa dello scontro era l’oppio indiano commerciato illegalmente dai britannici. Nella Seconda Guerra assieme alla Gran Bretagna combatté anche la Francia. La Gran Bretagna risultò vincitrice da entrambi gli scontri, guadagnando privilegi economici e concessioni territoriali dalla Cina.
Nel 1840 la Nuova Zelanda divenne parte dell’impero britannico come nuova colonia. Partendo da qui estesero la cultura e il controllo britannico anche ad altre isole del Pacifico. il controllo delle regioni di Alberta, Manitoba e della British Columbia rafforzarono il controllo britannico anche sull’altro versante dell’Oceano.
Nella seconda metà del XIX secolo procedeva sia la conquista del Sub-continente indiano, che il controllo di luoghi collegamento strategici con questo (oltre a Gibilterra e Malta che erano già parte dell’Impero britannico). In particolare, ricordiamo il protettorato di Somalia e Cipro occupata nel 1878.
Come funzionava l’economia dell’Impero britannico?
Le colonie dell’Impero britannico erano considerate principalmente fonti di materie prime necessarie all’economia.
Alle colonie era concesso il monopolio dei loro prodotti in cambio dell’esclusività del commercio. Cioè le colonie avevano il monopolio dei beni che producevano ma potevano commerciale solo per mezzo di navi inglesi e ci si aspettava anche che fossero il mercato principale di smercio dei prodotti lavorati nelle isole britanniche. In altre parole, tutto ciò che era prodotto si vendeva nel mercato inglese e tutto ciò che era importato proveniva dal mercato inglese. Questo meccanismo fu formalizzato si dall’inizio della creazione dell’Impero britannico, con il Navigation Act del 1651. Tale sistema durò fino alla seconda metà del XVIII secolo, con la Rivoluzione Americana e l’affermarsi dei nuovi principi economici di Adam Smith.
Cos’è il Commonwealth?
Il crescere dell’estensione territoriale dell’Impero britannico favorì una relativa autonomia riconosciuta ai territori colonizzati. Questo tipo di organizzazione garantì anche un certo grado di coesione all’Impero. Questo valeva per i territori considerati colonie con un’alta percentuale di popolazione britannica come ad esempio il Canada, la Nuova Zelanda o l’Australia, non per quelli sottoposti a diverse forme di controllo.
Nel 1907 i territori parte dell’impero britannico, ma con un proprio governo vennero definiti Dominions. Nacque così il concetto di Commonwealth britannico, cioè “comunità britannica”, ovvero le amministrazioni autonome dei territori che riconoscevano la sovranità britannica. Questa relazione fu formalizzata nel 1931 con lo statuto di Westminster. Il Commonwealth esiste ancora oggi ed è una libera associazione di ex stati dell’Impero britannico, comprende 54 nazioni. In 15 di questi 54 Stati il monarca inglese è ancora riconosciuto come Capo di Stato.
Quando finì l’Impero britannico?
I movimenti indipendentisti nei Paesi colonizzati iniziarono ad acquistare sempre più forza dopo la Prima, e soprattutto, la Seconda Guerra Mondiale. Il primo Sato ad essere riconosciuto indipendente fu l’India nel 1947, a cui seguirono gli attuali Sri Lanka e Myanmar (o Birmania) l’anno successivo. Alle sempre maggiori richieste di indipendenza si aggiunsero le pressioni sia internazionali che forze interne alla Gran Bretagna.
Tutte queste istanze promuovevano un nuovo spirito indipendentista a cui, quello che stava diventando l’ex impero britannico, dovette cedere. Lentamente tutti i territori dell’impero britannico chiesero e ottennero l’indipendenza, ma con la possibilità di rimanere all’interno del Commonwealth. L’ultimo territorio dichiarato indipendente dal dominio britannico è stato Hong Kong nel 1997.
Miriam Campopiano
Bibliografia e sitografia
- British Empire | History, Countries, Map, Size, & Facts | Britannica
- BRITANNICO, IMPERO in “Enciclopedia Italiana” (treccani.it)
- Duby G. (a cura di), Atlante storico mondiale, Rizzoli Larousse, Milano 2004.
- Porter A., The Nineteenth Century, The Oxford History of the British Empire Volume III, Oxford University Press, Oxford 1998.