È il 1856 quando “Madame Bovary. Mœurs de province” fa la sua prima comparsa sulla rivista letteraria “La Revue de Paris”. Non molto tempo dopo Gustave Flaubert sarà costretto ad affrontare un processo per immoralità: aveva superato i limiti imposti alla letteratura dell’epoca.
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Il processo
Il trentacinquenne Flaubert, tralasciando la pubblicazione di alcuni racconti, è all’epoca un autore piuttosto ignoto e inedito. “Madame Bovary. Costumi di provincia”, su cui lavorò dal 1851 al 1856, è il primo romanzo che volle affidare a un editore. Pubblicato a puntate dal 1° ottobre al 15 dicembre del 1856, attirerà le attenzioni degli inquirenti del Secondo Impero. Verrà ben presto accusato, insieme al direttore e al tipografo della rivista, per “reati di disprezzo della morale pubblica e religiosa” dal regime di Napoleone III.
Il caso fu esaminato il 29 gennaio 1857 e si rivelò un evento favorevole: risoltosi il 7 febbraio dello stesso anno con un’assoluzione, contribuì ad accrescere la fama del romanzo, un’opera destinata a diventare un caposaldo della letteratura francese.
Trama di Madame Bovary
Emma Rouault diventerà la signora Bovary sposando Charles, un ufficiale sanitario di Tostes vedovo e ammaliato fin da subito del suo fascino:
«l’universo, per lui, non sorpassava l’orlo di seta della sua sottana»
Emma, d’altro canto, se prima di sposarsi aveva pensato di essere innamorata, nota ora quanto suo marito sia un uomo banale, inetto e mediocre.
Formatasi su letture sentimentali e non ritrovando nella realtà gli elementi romanzeschi di cui leggeva, inizia a dubitare della sua scelta. Flaubert sottolineerà spesso la cultura bassa e popolare di Emma: questo ci fa riflettere sull’importanza dell’educazione e sull’influenza che ha nella nostra vita. Nel caso della giovane signora Bovary, infatti, l’impatto della letteratura di cui ha fruito, rendendola succube, ha segnato irrimediabilmente le sue sorti.
Per Emma «la conversazione di Charles era piatta come un marciapiede, e vi sfilavano le idee più comuni, nel loro aspetto più dimesso, senz’alcun lievito di emozione, di umorismo o di fantasia». Comincia dunque a chiedersi se fosse quella la felicità bramata e se l’esistenza fosse racchiusa unicamente all’interno delle modeste mura di casa sua. La sua vita da moglie è fiacca, povera materialmente ed emozionalmente e ciò l’affligge, per cui fantastica su possibili futuri migliori. In particolar modo sogna di uomini diversi da suo marito: uomini brillanti, sapienti, in grado di alimentare in lei la curiosità e la passione.
Un evento significativo per la vita monocorde e provinciale di Emma sarà un ballo tenuto da un marchese a cui parteciperà con entusiasmo. Il contatto diretto con un mondo così lontano dal suo, con la sfarzosità e la ricchezza, segnerà profondamente la fanciulla, marcando maggiormente il suo bovarismo. Coniato a partire dal libro e teorizzato dal filosofo Jules de Gaultier, il termine indica la frustrazione data dalla distanza che esiste tra la vita che conduciamo e quella che invece idealizziamo o agogniamo.
Charles, notando l’angoscia di Emma, ma ignorandone le vere cause, decide di trasferirsi a Yonville-L’Abbaye (un luogo fittizio), sperando che un clima migliore possa giovare alla salute e allo stato d’animo dell’amata. Qui faranno la conoscenza di Léon Dupuis, uno studente di giurisprudenza con cui Emma sembra avere subito un’affinità. Nessuno dei due però avrà il coraggio di ammetterlo e Léon, in qualche modo insofferente come Emma, a differenza sua, potrà tirarsi fuori da quel mondo piccolo e grigio trasferendosi a Parigi per proseguire gli studi.
Nel mentre i coniugi Bovary sono diventati genitori, ma Emma non è particolarmente affezionata alla figlia Berthe, giacché sperava in un figlio maschio che potesse essere la sua rivalsa:
«un uomo, almeno, è libero; può esplorare le passioni e i paesi, superare gli ostacoli, assaporare le gioie più remote»
Berthe invece è destinata a una vita di sofferenze come la sua.
In “Madame Bovary” le donne, infatti, sono perlopiù personaggi infelici, piuttosto silenziosi e secondari, mentre gli uomini sono i principali rappresentanti della bêtise, l’idiozia umana, nonché arrivisti o ingannatori. È il caso, questo, di Rodolphe Boulanger, un ricco proprietario terriero con cui Emma avrà una relazione. Ella, rinata, vedrà in questo rapporto una via d’uscita dalla monotonia e dalla tristezza della sua vita. Invece, proprio alla vigilia di una fuga con lui concordata, questi la lascerà tramite una lettera che la getterà nella desolazione totale.
Trovando un po’ di conforto nella fede, un’ennesima recita, suggerisce Flaubert, mutuata dalle sue letture, Emma sarà di nuovo felice solo rincontrando Léon e tradendo ancora una volta l’inconsapevole Charles. Lo studente però non è il ragazzo di un tempo, Parigi sembra averlo cambiato: è più spigliato, più cinico, e si stanca presto di Emma.
La fanciulla, a sua volta disincantata da quell’amore, spende nel frattempo ingenti somme di denaro per uno stile di vita a cui ambisce ma che non le appartiene, accumula debiti su debiti e quando questi ultimi non sono più dilazionabili, non ricevendo aiuti né da Léon né da Rodolphe, farà una scelta drastica: ruberà dell’arsenico e si toglierà la vita, spirando con straziante agonia. Anche Charles morirà di dolore poco tempo dopo, lasciando orfana la piccola Berthe.
L’ispirazione: il caso Delamare
Il racconto è stato ispirato da un caso di cronaca del tempo, il caso Delamare, apparso sul Journal de Rouen nel 1848. Delphine Couturier, sposatasi con il medico vedovo Eugène Delamare, ebbe amanti e contrasse diversi debiti, che, non potendo ripagare, la portarono al suicidio.
Per quanto riguarda invece la caratterizzazione del personaggio principale, secondo Dacia Maraini Flaubert si sarebbe servito della sua relazione con l’amata Louise Colet. Non solo: in Emma ci sarebbe persino un po’ dello scrittore stesso, che nonostante rivendicherà la lontananza dal personaggio e il disprezzo nei suoi confronti, si tradirà in diverse occasioni affermando quanto si annoi della vita, di sé, degli altri, o ancora, per esempio, una frase che avrebbe potuto pronunciare anche la sua Emma:
«È penoso ma sono sempre stato così: desidero continuamente quello che non ho, e non ne so godere quando ce l’ho, e così mi affliggo e mi spavento dei mali che verranno.»
Flaubert e il realismo
Con la pubblicazione del suo primo romanzo, Gustave Flaubert verrà ben presto considerato un maestro del filone realista, un’etichetta di cui non sarà contento. Il realismo letterario si afferma a partire dal diciottesimo secolo in Occidente, in particolar modo in Francia. Il movimento ricercava e prediligeva la rappresentazione del reale in seguito a una rigorosa osservazione, spogliata da idealizzazioni.
Ebbene, l’intento di Flaubert non era questo, come si evince da una lettera a un’amica: «Mi si crede catturato dal reale, mentre lo esecro. È in odio del realismo che ho incominciato questo romanzo». Il suo intento era piuttosto quello di dare vita a «un libro su nulla, un libro senza correlato esteriore, che si tenesse da solo per la forza interiore del suo stile», come rivela a Louise Colet.
Nel diciannovesimo secolo, infatti, andava diffondendosi il concetto dell’arte per l’arte, l’art pour l’art, l’ideale e l’esigenza di una letteratura estranea ai fatti politici, che nascesse ed esistesse con una pura funzione estetica. È proprio per questo che per dare vita e terminare “Madame Bovary” Flaubert impiega circa quattro anni e mezzo. La sua scrittura, forbita, ricca e fluida, è frutto di un lavoro minuzioso alla continua ricerca della parola giusta, le mot juste, che rendesse giustizia alla frase e che le donasse la giusta musicalità.
Le innovazioni stilistiche in Madame Bovary
Ciononostante, non è errato definire “Madame Bovary” un romanzo realista, poiché riproduce magistralmente una realtà sociale. Ciò che contraddistingue l’opera di Flaubert, però, è il fatto che seppe andare oltre il realismo, principalmente grazie all’utilizzo di tre espedienti: il discorso indiretto libero, l’arte della modulazione dei punti di vista – tecnica così chiamata da Rousset – ossia il passaggio, mai brusco, dalla prospettiva di un personaggio a quella di un altro, e l’impersonalità narrativa.
Balzac, ritenuto il padre francese del realismo, è un narratore onniscente e critico del mondo che racconta, Flaubert invece è un autore imparziale: non enuncia giudizi morali e dà voce esclusivamente ai suoi personaggi. Questo, ovviamente, non significa che il pensiero dell’autore sia del tutto estraneo al lettore. Sui personaggi poco simpatici a quest’ultimo, Anna Maria Scaiola sottolinea che «per ridicolizzarli, il narratore li fa parlare». Inoltre, è evidente il suo disprezzo nei confronti della borghesia, soprattutto grazie al personaggio di Homais, l’egocentrico farmacista di Yonville.
Il lettore ha però il potere di decidere cosa pensare: non è soggiogato dallo scrittore, gli vengono semplicemente presentati i fatti, attraverso, peraltro, punti di vista differenti e quindi interpretazioni diverse del reale. Proprio questa innovazione e questo astenersi dal muovere critiche dirette alla protagonista costeranno a Flaubert le accuse di immoralità.
La ribellione di Emma
Malgrado l’autore cerchi di rendercela detestabile e la punisca con eventi sfavorevoli dal principio alla fine, dobbiamo voler bene a Madame Bovary. Flaubert, involontariamente, ha descritto un tentativo di liberazione femminile, una rivolta che, nel caso di Emma, inizia con l’emancipazione sessuale.
Imprigionata nel corpo di una donna del diciannovesimo secolo, ella cercherà con coraggio di perseguire i suoi desideri più reconditi, di liberarsi da dogmi prefissati e da un tipo di vita che la rendeva miserabile.
Istintiva e sentimentale, donna sola in mezzo a tanti uomini meschini e voltafaccia, in un mondo che la soffocava, che la voleva esclusivamente moglie ligia e madre amorevole, Emma comincia gradualmente una rivoluzione individuale. Non è certo la rivoluzione di un’eroina di stampo romantico che va contro i dettami della società in nome di un fine più grande, ideologico. Eppure, è il momento di perdonare la sognatrice Emma e la sua continua ricerca di emozioni, perché quello alla felicità è, per tutti, un diritto.
Giulia Gennarelli
Bibliografia su Madame Bovary
- Gustav Flaubert, Madame Bovary, Milano, Mondadori, 2011
- Gustav Flaubert, L’opera e il suo doppio. Dalle lettere, Roma, Fazi, 2006
- Jean Rousset, Forme et signification, Paris, Librairie José Corti, 1962
- Anna Maria Scaiola (a cura di), Il romanzo francese dell’Ottocento, Roma-Bari, Laterza, 2008
- Dacia Maraini, Cercando Emma, Milano, Rizzoli, 1996
- Mario Vargas Llosa, L’orgia perpetua, Milano, Rizzoli, 1986