L’Evgenij Onegin è un romanzo in versi scritto da Alexandr Puškin. Si tratta del primo romanzo in Russia ad uscire a puntate, il primo capitolo esce infatti nel 1825 e l’ottavo quasi un decennio più tardi, nel 1832. Un’edizione completa esce nel 1833. È un’opera rivoluzionaria anche dal punto di vista linguistico, è infatti la prima volta che diversi registri, da quello standard a quello più gergale, si mescolano tra un verso e l’altro.
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L’autore
Alexandr Puškin nasce a Mosca nel 1799 da una famiglia aristocratica ma impoverita. Questo contrasto fra le discrete condizioni economiche e l’elevata posizione sociale influirà sulla sua personalità e spesso porterà l’autore a ironizzarci su. Fin dall’infanzia è in contatto con intellettuali di spicco dell’epoca, amici del padre, come Karamzin e inizialmente si ispirerà proprio allo stile linguistico omogeneo karamziano. In seguito elaborerà un pastiche linguistico piò eterogeneo, che metterà in pratica prima con Ruslan e Ljudmila, dove tuttavia il tono più solenne nella narrazione e il tono più popolare nelle divagazioni non si mescolano, e dopo con l’Evgenij Onegin.
La novità principale di quest’opera sta proprio nel fatto che i diversi stili non coesistono più l’uno accanto all’altro ma si fondono, e si passa dalla lingua standard alla lingua popolare da un verso all’altro.
Puškin esplora nel corso degli anni numerosissimi generi, scrive poemetti, romanzi storici, fiabe, reportage di viaggio, diventando uno degli autori più di spicco nella letteratura russa. Morirà nel 1837 a San Pietroburgo vittima in un duello.
L’opera
L’Evgenij Onegin è un romanzo in versi, diviso in otto capitoli. Si tratta del primo romanzo ad uscire a puntate in Russia, il primo capitolo esce infatti nel 1825 e l’ultimo nel 1832. Nel corso degli anni di gestazione dell’opera Puškin cambierà spesso idea sulla trama e sulle caratterizzazioni dei personaggi, influenzato anche dagli eventi storici del periodo. L’Onegin del primo capitolo è un tipico dandy, disimpegnato e frivolo, verso la fine diventerà l’alter ego dell’autore e raggiungerà una maturità sentimentale, ma troppo tardi.
Capitolo I
L’opera si apre con il giovane Evgenij Onegin in viaggio da Pietroburgo verso la campagna per recarsi in visita dello zio malato. La sua personalità superficiale ed egoista si manifesta sin da subito, quando invece di stare in pensiero, riflette su quanto debba essere noioso assistere il malato giorno e notte, sperando solo che muoia al più presto. Puškin subito presenta il suo protagonista al lettore:
“…il mio Onegin; spettinato all’ultima moda, vestito come un dandy londinese… sapeva scrivere e parlare in un francese perfetto, ballare leggero la mazurka e inchinarsi con scioltezza; che altro desiderare? Il gran mondo lo trovò intelligente e tanto caro.”
Puškin critica e mette in ridicolo quella mania della società russa di conformarsi all’Occidente, sia nella lingua, nei salotti russi si parlava in francese, che nei costumi, che risulta in un’imitazione solo in apparenza e ne adotta l’esteriorità ma non la sostanza.
Onegin per la società russa del tempo è un giovane lodevole, sa conversare senza troppe pretese, sa ammaliare le signore, trascorre le giornate fra passeggiate, teatro e balli, passa ore allo specchio a curare l’abbigliamento, torna a casa all’alba, non si sveglia prima di mezzogiorno per poi riprendere il ciclo della sua vita monotona, che arriva ben presto a stancarlo:
“I sentimenti si rappresero presto in lui; gli venne a noia il chiacchiericcio mondano; le belle non restarono a lungo l’oggetto dei suoi pensieri abituali; i tradimenti fecero presto a stancarlo; amici e amicizia lo tediarono…”
Viene colto da una sorta di tedium vitae e una costante insoddisfazione mista a noia si impossessa di lui, continua a frequentare salotti ma nulla lo tocca più, è ormai dedito solo all’ozio.
Dopo il viaggio quando Evgenij raggiunge la tenuta dello zio lo trova già morto e ne acquisisce l’eredità diventando proprietario della tenuta. L’ambiente nuovo della campagna lo incuriosisce ma bastano un paio di giorni perché anche questo gli venga a noia.
Capitolo II
Il secondo capitolo è quello che introduce gli altri personaggi del romanzo: Vladimir Lenskij, giovane poeta, molto diverso da Onegin ma del quale diventerà intimo amico, Ol’ga, la giovane fidanzata di Lenskij e sua musa ispiratrice, bella e socievole, e Tat’jana, la sorella maggiore di lei, più timida e riservata.
Capitolo III
Onegin e Lenskij si recano in visita dalla famiglia di Ol’ga. Qui sua sorella Tat’jana, schiva e taciturna, vede per la prima volta Onegin e finisce per innamorarsene all’istante, proiettando su di lui tutte le sue fantasie giovanili, alimentate dalla lettura dei romanzi sentimentali settecenteschi.
“Tat’jana, cara Tat’jana!… hai già consegnato il tuo destino nelle mani di un tiranno alla moda.”
Tat’jana, da ragazza innamorata, diventa irrequieta, si rifugia spesso in giardino, immagina d’incontrare Onegin dappertutto, arrossisce, non riesce a dormire e proprio durante la notte si confida con la sua tata, e nella foga del momento scrive precipitosamente una lettera ad Onegin:
“Poggiata a un gomito, lei scrive, ha sempre Evgenij in mente, e nella sua lettera sconsiderata spira l’amore di una fanciulla innocente.”
Tat’jana si abbandona ai sentimenti e all’immaginazione, la sua lettera è piena di “tenerezza e toccanti sciocchezze”, è un “conversare dissennato del cuore”. Eppure lei stessa sembra avere un momento di indecisione quando scrive “Chi sei, il mio angelo custode o un perfido tentatore?”.
Sa che Onegin potrà o rafforzare le sue speranze di ragazza innamorata, o interromperle, respingendola e rimproverandola per la sua avventatezza.
Capitolo IV
Onegin è abituato a sedurre le donne e corteggiarle senza impegno, in modo molto libertino, magari stancandosene facilmente, senza darsi premure per eventuali rifiuti o tradimenti:
“Le cercava senza inebriarsene, e le abbandonava senza rammarico”
Ma ricevuta la lettera di Tat’jana ne resta colpito, le speranze di una giovane ragazza innocente gli smuovono qualcosa dentro, riaffiorano alcuni sentimenti, dopo aver vissuto nell’apatia e nell’indifferenza per anni. Sa tuttavia di non poterla illudere e al loro successivo incontro le confessa che il matrimonio o una famiglia non fanno per lui, la loro unione sarebbe fallimentare, lui si stancherebbe dopo poco e lei sarebbe infelice.
“Non voleva tradire la fiducia di un’anima innocente.”
Le fa inoltre notare che un’azione così avventata potrebbe metterla in difficoltà in futuro e la invita a usare più cautela.
Tat’jana, ancora innamorata, si chiude ancora più in sé stessa dopo il suo rifiuto mentre Onegin prosegue i suoi giorni in campagna fra passeggiate, letture, ozio e la compagnia di Lenskij, ed è proprio l’amico ad invitarlo alla festa in occasione dell’onomastico di Tat’jana.
Capitolo V
Alla festa per l’onomastico di Tat’jana Onegin si rende conto che la giovane è turbata dalla sua presenza dopo i loro trascorsi, nonostante lui si comporti in maniera gentile. Onegin è disturbato dal fatto che Lenskij lo abbia invitato assicurandogli che non avrebbe causato imbarazzo, e decide di mettere a sua volta in difficoltà l’amico corteggiando Ol’ga, di cui Lenskij è innamorato.
Balla con lei per la maggior parte della serata riuscendo a sedurla con facilità. Da parte di Onegin non c’è tuttavia alcun secondo fine, è solo il suo modo per intrattenersi nella provincialità della festa, come un passatempo. Certo non immagina che un gioco così innocuo per lui possa avere conseguenze tragiche.
Capitolo VI
Eppure Lenskij è deciso a sfidare Onegin a duello per riscattare il suo onore dopo che l’amico ha offeso la sua fiducia facendo la corte alla sua fidanzata.
Onegin sa di aver sbagliato nel comportarsi incautamente con Ol’ga e che avrebbe dovuto assumere un atteggiamento più maturo invece di fomentare l’amico, ma ormai non può tirarsi indietro. Tenta di spiegargli come da parte sua non ci fosse alcuna malizia ma Lenskij è irremovibile. Nel duello Onegin ha la meglio sull’amico e lo uccide, restando sopraffatto dai rimorsi e dai sensi di colpa.
“Ma comunque sia, lettore, ahimè, un giovane innamorato, un poeta, un sognatore pensieroso, è stato ucciso per mano dell’amico!”
Capitolo VII
Dopo il duello e la morte di Lenskij, Onegin lascia la campagna. Ol’ga supera presto il suo lutto e sposa un militare. Tat’jana, rimasta sola dopo il matrimonio della sorella, si trova a vagabondare e raggiunge la vecchia dimora di Onegin, una volta entrata esplora le stanze, gli spazi dove Evgenij riposava, pranzava, ma soprattutto entra nel suo studio e ha modo di curiosare fra i suoi libri, leggere le sue annotazioni e capire magari meglio le sue idee e la sua personalità.
Tat’jana è tuttavia costretta a lasciare presto la campagna e trasferirsi a Mosca con la madre: è arrivato anche per lei il momento di sposarsi e sistemarsi.
Capitolo VIII
All’inizio dell’ultimo capitolo ritroviamo Onegin che Puškin ci descrive così:
“Onegin, ucciso in duello l’amico, aveva vissuto fino a ventisei anni senza uno scopo e un’occupazione, il vuoto dell’inerzia lo opprimeva, e senza un impiego, una moglie, o altre faccende, non riusciva a interessarsi di nulla.”
Lo ritroviamo qualche anno dopo ad un ballo, nel quale si distingue tra la folla e agli occhi di Onegin una donna, cordiale ma austera, e indifferente allo sfarzo e alla leziosità che la circondano. Onegin la segue con lo sguardo mentre percorre la sala, si intrattiene con gli ospiti, scopre che si tratta della moglie del padrone di casa, e stenta a riconoscere in lei Tat’jana. Eppure è proprio lei, molto diversa dalla giovane ragazza di provincia che ricordava. Lei lo riconosce, lo tratta con garbo ma resta imperturbabile e ad Onegin appare indifferente e audace. Puškin la definisce una “legislatrice dei salotti tanto indolente e maestosa”. Onegin se ne innamora perdutamente, passa sotto la sua finestra ogni giorno, eppure quando si trova faccia a faccia con lei è impacciato, in soggezione. Tat’jana al contrario è calma e disinvolta, e pur trattandolo con riverenza, è impassibile ai sentimenti di Evgenij per lei.
Trascorso l’intero inverno malato a causa delle sue sofferenze d’amore, Onegin scrive una lettera a Tat’jana, proprio come lei stessa anni prima aveva fatto con lui: Evgenij è vittima della stessa avventatezza che aveva rimproverato a Tat’jana anni addietro.
Nella lettera le confessa apertamente i suoi sentimenti: “perché la mia vita continui, al mattino io devo essere sicuro che durante il giorno vi vedrò”. Eppure non riceve alcuna risposta, scrive altre lettere, ma Tat’jana continuerà ad ignorarlo.
Trascorso l’inverno in solitudine, chiuso fra i suoi libri, in primavera Onegin finalmente uscirà di casa con una destinazione ben precisa: la casa di Tat’jana. Si presenta alla sua porta inatteso, coglie di sorpresa Tat’jana in lacrime, mentre legge una lettera, Puškin non ci rivela se si tratta proprio della lettera di Onegin, ma lui le si getta ai piedi, rivede in lei la giovane ragazza della campagna, così come l’aveva conosciuta. Il discorso di Tat’jana a Onegin è un discorso autentico, di una persona che è stata colta alla sprovvista e se inizialmente lo umilia con i suoi rimproveri, credendo che lui ora voglia conquistarla solo per soddisfare un suo capriccio, in seguito si confessa con Evgenij confidandogli di essere infelice della sua vita sfarzosa. Parla affannosamente, il suo è quasi un flusso di coscienza.
Tat’jana lo rimprovera duramente per la sua insistenza e soprattutto gli confessa di odiare la mondanità e il lusso che la circondano, e che se potesse li scambierebbe subito per la sua campagna, circondata da libri e boschi, dove è cresciuta e dove ha incontrato lui per la prima volta. Confessa di essere innamorata a sua volta di Onegin, ma ormai è tardi: è una donna sposata e resterà fedele a suo marito: “Perché fingere? Io vi amo, ma mi hanno data a un altro; gli sarò fedele per tutta la vita”.
In fin dei conti Onegin conferma il carattere superficiale dei primi capitoli, parodia di mode prese in prestito dall’Occidente, e di conseguenza incapace di un qualsiasi sviluppo.
D’altra parte Tat’jana affronta un percorso di maturazione nel romanzo, e nel finale non tradisce le sue scelte, sa di non poter costruire la sua felicità su un tradimento, e antepone la fedeltà al marito alla felicità, in un importante esempio di integrità etica e morale.
Federica Donatiello
Bibliografia
A. Puškin, Evgenij Onegin, Marsilio Editori, a cura di Pia Pera, 1996
G. Carpi, Storia della letteratura russa, I. Da Pietro il Grande alla rivoluzione d’Ottobre, Carocci editore, 2020
Sitografia
Roberto Bolle in “Onegin”, Teatro alla Scala, musica di Čajkovskij