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Cos’è l’età vittoriana
Per età vittoriana si intende il periodo che vede il longevo regno della regina Vittoria dal 1837 quando a soli 18 anni diventa la sovrana di quella che allora era la prima potenza mondiale, fino al 1901 anno della sua morte. Durante il suo regno si assiste a un grande progresso economico, industriale, scientifico, l’approvazione di diverse riforme sociali ed un enorme espansione coloniale.
Nella prima metà dell’800 si assiste in Inghilterra al fenomeno della Rivoluzione Industriale, che porta alla nascita delle industrie e quindi a una nuova forma di produzione e di sviluppo economico e sociale, basato sull’impiego della macchina e della parcellizzazione del lavoro manuale. Con questa modifica radicale delle condizioni di lavoro nasce un nuovo ceto, il proletariato o working class. C’è anche l’ascesa della borghesia mercantile e imprenditoriale, che erode sempre più il potere della nobiltà terriera.
La seconda metà dell’800 la si fa coincidere proprio con la Great Exhibition, ad Hyde Park nel 1851. Viene promossa dal consorte della regina, il principe Albert, come celebrazione del potere e del progresso della nazione inglese. L’esibizione si tenne nel Crystal Palace, fatto sia di ferro, che rappresenta la forza massiccia dell’industria e sia di cristallo, per dare l’idea della visibilità e avere così libero accesso alla bellezza e forza dell’Impero.
L’età vittoriana è un’epoca complessa e contraddittoria. Se da un lato c’è il progresso portato dalla Rivoluzione Industriale, l’aumento della ricchezza della classe alta e media e l’espansione del potere della Gran Bretagna e del suo Impero; d’altra parte c’è la povertà, malattie, privazioni e ingiustizie che le classi lavoratrici devono fronteggiare. Il termine che meglio descrive questo periodo e il leit motiv della letteratura vittoriana è “doppio”
Letteratura vittoriana: Charles Dickens e il romanzo sociale
Charles Dickens è considerato il più grande romanziere della letteratura vittoriana e il rappresentante più significativo del romanzo sociale. Attraverso la scrittura egli denuncia tutte le contraddizioni della nuova società industriale inglese, per far prendere coscienza di una nuova realtà sociale e porre le basi di uno sviluppo che non è soltanto industriale e tecnologico, ma anche civile, morale e sociale.
I suoi romanzi più celebri, “David Copperfield”, “Oliver Twist”, “Tempi Difficili”, “Grandi speranze”, “Le due città”, sono romanzi sociali, tratti dalla realtà, dalla dura esperienza di vita nella capitale inglese e dalle esperienze di povertà, umiliazione e sofferenze sociali varie, che lo stesso autore ha vissuto. Egli nasce a Portsmouth in Inghilterra nel 1812 dove trascorre l’infanzia in ristrettezze economiche: il padre, modesto impiegato, viene arrestato per debiti. Così il giovane Dickens deve interrompere gli studi e guadagnarsi da vivere in una fabbrica di lucidi scarpe. Lavora poi come commesso in uno studio legale, quindi come cronista parlamentare e collaboratore di vari giornali umoristici.
Nei suoi racconti ritroviamo una molteplicità di personaggi, un’umanità variegata che si dispiega su tutti i gradini della scala sociale. Con vena umoristica rappresenta i mali della società, non mancando di raffigurare gli ambienti più degradati e torbidi della periferia della grande metropoli moderna.
La doppia personalità dell’uomo vittoriano
A metà del XIX secolo l’Inghilterra è il paese più ricco della Terra e Londra è la capitale più grande del mondo occidentale. Tutte le speranze e aspettative sono puntate sulla borghesia, che grazie alla fiducia nel duro lavoro, riesce a raggiungere posizioni di tutto rispetto. Mentre coloro che sono sempre abbandonati a loro stessi e per i quali non ci sono aspettative di vita migliori sono i poveri, che vivono nella miseria e nel degrado.Nei quartieri medio-alti, quei valori, quelle colonne della rispettabilità borghese vittoriana,
esercitano pressioni tanto forti che molti ricchi rispettabili vivono una doppia vita. Di giorno si bada all’ordine e alle apparenze, mentre di notte si esce e ci si dedica ad attività illecite come le scommesse, la prostituzione, la rissa, il bere e il prendere oppiacei. Il mondo borghese, così fintamente legato alla monotona tranquillità della sua finta esistenza, vuole provare il brivido di qualcosa di pericoloso, proibito e torbido. Liberarsi dalle strette catene della società, andare contro quella ferma morale che lo governa. Verso la fine dell’età vittoriana, grandi autori della letteratura vittoriana come Robert Louis Stevenson e Oscar Wilde, denunciano l’ipocrisia e la doppiezza della società vittoriana attraverso i loro romanzi più celebri: “Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde” e “Il ritratto di Dorian Gray”.
Robert Louis Stevenson e “Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde”
Robert Louis Stevenson nasce a Edimburgo nel 1850 da una ricca famiglia borghese. Viene avviato agli studi tecnici e frequenta la facoltà d’ingegneria all’università d’Edimburgo. Di delicate condizioni di salute, di indole irrequieta e ribelle e amante e curioso dell’avventura, manifesta la sua vocazione letteraria con racconti e articoli pubblicati su varie riviste. Viaggia a lungo in Europa e America, fino a stabilirsi a Upolu, dove muore nel 1894.
Nel suo romanzo, “Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde”, Stevenson critica l’eccessivo rigore delle regole della società che fa compiere azioni terribili. Il protagonista è il dottor Jekyll, la perfetta incarnazione dell’ideale dell’uomo dell’elevata classe sociale. Uomo di scienza, stimato da tutti ma con quell’unico difetto di avere “un’impaziente vivacità”, che non riesce a conciliare con il voler mantenere un’apparenza decorosa, tanto da abbandonarsi ai piaceri più vergognosi di nascosto. Lui è convinto che l’uomo non è uno ma doppio, che abbia in sé sia il bene che il male. Immagina l’anima come il campo di battaglia dove bene e male si affrontano, lottano per vedere chi è il più forte.
Così per poter vivere due vite completamente diverse, inventa una pozione per isolare la parte malvagia da sé. Di giorno è l’illustre scienziato, di notte si dedica ai piaceri più indecorosi. Ma Jekyll perde il controllo sulla parte malvagia di sé, la distanza tra l’originale e il doppio si riduce finché non svanisce. Con l’uccisione del proprio doppio, Jekyll tenta di proteggersi dalla persecuzione del suo io, ma in realtà ci si trova di fronte a un suicidio.
Oscar Wilde e “Il ritratto di Dorian Gray”
Oscar Wilde nasce a Dublino nel 1854 in una famiglia benestante. E’ il dandy per eccellenza, basa la propria vita sul superfluo e su una semplice e sobria eleganza, è ironico, colto e spregiudicato. Sempre alle prese con manie e maniere, caratterizzato da una volontà di sovversione alla mentalità borghese e mutamento. Viene accusato di omosessualità, e condannato a due anni di lavori forzati. Si trasferisce a Parigi e muore di meningite, in povertà e abbandonato da tutti nel 1900.
Nel suo romanzo “Il ritratto di Dorian Gray”, Wilde offre un vivido quadro dell’età vittoriana. Egli va contro il moralismo vittoriano e lo critica attraverso i suoi personaggi, i quali si comportano in modo deprorevole,
sebbene siano visti come morali solo per il bel aspetto che hanno. Dorian Gray, giovane bellissimo rampollo della Londra dell’epoca, mentre si fa fare un ritratto dal pittore e amico Basil Hallward, conosce Lord Henry. Egli trascina Dorian nel suo mondo frivolo e spietato, dicendogli che il massimo raggiungimento del piacere lo si ottiene solo abbandonandosi al desiderio e la giovinezza non va sciupata, perchè è l’unica cosa che vale la pena possedere.
La paura di invecchiare rende il giovane e innocente Dorian vulnerabile alle teorie di Lord Henry e alla sua cinica filosofia di vita. Sarà così ossessionato dall’edonismo e dal culto di sé che non si fermerà davanti a niente e non riconoscerà il male che fa agli altri. Il ritratto diventa lo specchio dell’anima di Dorian, registrerà l’immoralità e la corruttibilità del giovane, che diventerà sempre più spietato, cinico e avido. Il suo volto invece sarà solo una superficie senza profondità, una bella faccia rispettabile, tanto apprezzata dalla società vittoriana, la quale crede tutto ciò che è bello sia buono e morale.
SITOGRAFIA:
BIBLIOGRAFIA:
- Bertinetti P., Storia della letteratura inglese II, Milano, Einaudi, 2000
Carmen Imperatore